4 Maggio 2015

La residenza delle controparti per le cessioni di beni in deposito IVA

di Marco Peirolo
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I depositi IVA, oltre che luoghi fisici, sono un regime normativo che consente, per determinate operazioni, che l’imposta, ove dovuta, sia assolta dall’acquirente finale al momento dell’estrazione dei beni dal deposito, con il meccanismo del reverse charge.

Il quarto comma dell’art. 50-bis del D.L. n. 331/1993 elenca le operazioni che possono beneficiare del differimento del pagamento dell’imposta all’atto dell’estrazione.

Le operazioni in esame possono essere distinte in due gruppi:

  • operazioni che presuppongono una contestuale introduzione fisica dei beni nel deposito, vale a dire:
    • gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito Iva (art. 50-bis, comma 4, lett. a), del D.L. n. 331/1993);
    • le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito Iva (art. 50-bis, comma 4, lett. b), del D.L. n. 331/1993);
    • le cessioni di beni, nei confronti di soggetti identificati in altro Stato membro dell’Unione europea, eseguite mediante introduzione in un deposito Iva (art. 50-bis, comma 4, lett. c), del D.L. n. 331/1993);
    • le cessioni dei beni elencati nella tabella A-bis allegata al D.L. n. 331/1993, eseguite mediante introduzione in un deposito Iva, effettuate nei confronti di soggetti diversi da quelli identificati in altri Paesi membri (art. 50-bis, comma 4, lett. d), del D.L. n. 331/1993);
  • operazioni eseguite su beni che si trovano già nel deposito, vale a dire:
    • le cessioni di beni custoditi in un deposito Iva (art. 50-bis, comma 4, lett. e), del D.L. n. 331/1993);
    • le cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito Iva con spedizione in un altro Stato membro, salvo che si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio dello Stato (art. 50-bis, comma 4, lett. f), del D.L. n. 331/1993);
    • le cessioni di beni estratti da un deposito Iva con trasporto o spedizione fuori del territorio dell’Unione europea (art. 50-bis, comma 4, lett. g), del D.L. n. 331/1993);
    • le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali, relative a beni custoditi in un deposito Iva, anche se materialmente eseguite non nel deposito stesso ma nei locali limitrofi sempreché, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non superiore a 60 giorni (art. 50-bis, comma 4, lett. h), del D.L. n. 331/1993);
    • il trasferimento dei beni in altro deposito Iva (art. 50-bis, comma 4, lett. i), del D.L. n. 331/1993).

Riguardo alle operazioni relative ai beni già custoditi nel deposito, assumono particolare rilevanza le indicazioni fornite dalla circolare dell’Agenzia delle entrate n. 12 del 24 marzo 2015 in merito alle cessioni aventi ad oggetto beni in giacenza nel deposito, considerate senza pagamento dell’imposta alla condizione – comune a tutte le operazioni riguardanti i beni in deposito – che i beni ceduti siano stati precedentemente introdotti in base ad una delle operazioni agevolate di cui alle lettere da a) a d) del quarto comma dell’art. 50-bis del D.L. n. 331/1993.

Innanzi tutto, è opportuno osservare che le operazioni in questione:

  • non possono essere qualificate come “non imponibili”, per cui i relativi corrispettivi devono essere esclusi dalla formazione del plafond e dalla costituzione dello status di esportatore abituale;
  • danno diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti e/o importazioni di beni e servizi, ai sensi degli artt. 19 e ss. del D.P.R. n. 633/1972, a partire dal momento in cui il bene è stato acquistato e, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello dell’acquisto.

Nella citata circolare n. 12/E/2015 (§ 5.2.1) viene precisato che le cessioni di beni in giacenza nel deposito sono effettuate in sospensione d’imposta a prescindere dal luogo di residenza delle controparti, purché si tratti di operatori economici. Tuttavia, la circostanza che l’operazione intervenga tra soggetti residenti o meno assume rilievo ai fini dell’individuazione del soggetto tenuto ad assolvere gli obblighi di fatturazione; in particolare:

  • se il cedente è un soggetto Iva nazionale, quest’ultimo è tenuto in ogni caso ad emettere fattura senza applicazione dell’imposta;
  • se il cedente è un soggetto Iva non residente, gli adempimenti contabili relativi all’operazione devono essere assolti dal cessionario nazionale, ai sensi dell’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, senza applicazione dell’imposta;
  • se il cedente e il cessionario sono entrambi soggetti Iva non residenti, non identificati ai fini Iva nel territorio dello Stato o con stabile organizzazione in Italia che non interviene materialmente nell’operazione, non è previsto alcun obbligo di fatturazione, ma solo di consegnare o inviare al depositario un documento commerciale che attesti l’avvenuta esecuzione dell’operazione; nell’ipotesi considerata, pertanto, non opera la regola generale di cui all’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, che imporrebbe al cedente, in qualità di soggetto passivo dell’operazione, ad identificarsi ai fini Iva in Italia per emettere fattura senza applicazione dell’imposta.

Il gestore del deposito deve, comunque, essere sempre informato delle transazioni avvenute all’interno dello stesso a motivo della propria responsabilità civile e fiscale. Il depositario, infatti, oltre a rispondere in proprio per gravi e ripetute violazioni nella gestione della contabilità o nei casi di condanna per reati finanziari, risponde in solido con il soggetto d’imposta per il mancato o irregolare assolvimento dell’Iva, se dovuta, all’atto dell’estrazione dei beni, salvo che possa dimostrare la legittimità del proprio operato (art. 50-bis, comma 8, del D.L. n. 331/1993).