12 Giugno 2017

La registrazione di un brevetto all’estero rimane esclusa dal quadro RW

di Marco Bargagli
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Come noto, il quadro RW deve essere compilato, ai fini del monitoraggio fiscale, dalle persone fisiche residenti in Italia che detengono investimenti all’estero ed attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione e, in ogni caso, ai fini dell’imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE) e dell’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero (IVAFE).

In merito, il contribuente deve indicare la consistenza degli investimenti e delle attività detenute all’estero nel periodo d’imposta, considerando che tale obbligo sussiste anche se il contribuente nel corso del medesimo periodo ha totalmente disinvestito le attività estere.

Sulla specifica materia, come espressamente previsto dalle istruzioni di compilazione della dichiarazione dei redditi “PF 2017” per il periodo d’imposta 2016, l’obbligo di monitoraggio non sussiste, nei seguenti casi:

  • per i depositi ed i conti correnti bancari costituiti all’estero il cui valore massimo complessivo, raggiunto nel corso del periodo d’imposta, non sia superiore a 15.000 euro (ex articolo 2 della L. 186/2014), restando comunque a carico del contribuente l’obbligo di compilazione del quadro qualora sia dovuta l’IVAFE;
  • per le persone fisiche che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale e per le persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia la cui residenza fiscale nello Stato sia determinata, in deroga agli ordinari criteri previsti dall’ordinamento domestico (ex articolo 2 del Tuir), in base ad accordi internazionali ratificati;
  • per i contribuenti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera ed in altri paesi limitrofi, con riferimento agli investimenti ed alle attività estere di natura finanziaria detenute nel paese in cui svolgono la propria attività lavorativa.

Inoltre, il quadro RW non va compilato per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, qualora i flussi finanziari ed i redditi derivanti da tali attività e contratti siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi.

Con riferimento alla rilevanza, ai fini dichiarativi, di un brevetto registrato all’estero, è recentemente intervenuta la sentenza n. 1779/17 del 20 aprile 2017, emessa dalla Commissione Tributaria Regionale Lombardia (sezione 17 di Milano).

Nello specifico, a parere del giudice di secondo grado, la registrazione di un brevetto effettuata in uno Stato estero non rappresenta un’attività finanziaria e, come tale, non deve essere indicata nella dichiarazione Redditi 2017 (in corrispondenza del quadro RW).

L’Agenzia delle Entrate aveva contestato, al soggetto passivo d’imposta, la violazione dell’articolo 4 del D.L. 167/1990, per non aver comunicato nel prescritto quadro RW – sezione III – della dichiarazione dei redditi, uno specifico atto con il quale era stato risolto un contratto avente ad oggetto la cessione di brevetti validi all’estero, precedentemente stipulato in favore di una società estera.

Il giudice di merito ha accolto il ricorso del contribuente rilevando, in via preliminare, che: “l’articolo 4 del D.L. 167/1990 prevede che i soggetti residenti in Italia che al termine del periodo d’imposta detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria devono indicarli nella relativa dichiarazione dei redditi”.

La normativa di riferimento sancisce che: “nella dichiarazione dei redditi deve essere altresì indicato l’ammontare dei trasferimenti da, verso e sull’estero che nel corso dell’anno hanno interessato gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria e che tale obbligo sussiste nel caso in cui al termine del periodo di imposta i soggetti detengano investimenti e attività finanziarie della specie. Presupposto degli obblighi dichiarativi indicati dalla normativa richiamata è la natura estera degli investimenti e delle attività di natura finanziaria, categorie che nella loro estensione lessicale possono certamente ricomprendere la titolarità di brevetti … omissis …”.

Nel caso esaminato, sulla base della documentazione prodotta dal contribuente, i brevetti in rassegna risultavano:

  • tutti di proprietà del ricorrente, cittadino italiano residente in Italia;
  • essere stati registrati in Italia tramite società italiane e, successivamente, oggetto di estensione in vari paesi del mondo sia europei che extra-europei;
  • concessi in uso esclusivo ad una società terza italiana, che ne aveva curato l’utilizzo e lo sfruttamento economico nell’ambito della propria attività industriale, versando un corrispettivo al ricorrente sottoposto a regolare prelievo fiscale.

La Commissione Tributaria Regionale ha rilevato, nel merito, che la circostanza che tali brevetti, depositati in Italia ed oggetto di sfruttamento a seguito di un contratto stipulato con una società italiana, siano stati sottoposti a meccanismi di estensione e validità all’estero non qualifica tali beni immateriali come investimenti od attività finanziarie estere.

Di contro, l’obbligo dichiarativo previsto dall’articolo 4, comma 2, del D.L. 167/1990 presuppone la qualificazione dell’oggetto del contratto quale bene immateriale costituente investimento all’estero la quale, sulla base delle considerazioni sopra indicate, risulta esclusa.

Infatti, la normativa di riferimento in tema di monitoraggio delle attività finanziarie estere pone l’obbligo dichiarativo solo per la detenzione di investimenti all’estero ovvero per la detenzione di attività estere di natura finanziaria, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia, “caratteristiche non ravvisabili nei brevetti intestati al ricorrente”.

In buona sostanza, sulla base del tenore letterale della norma, risulta chiaro che il contribuente ha l’obbligo di denunciare solo la detenzione di attività finanziarie all’estero e se lo stesso non adempie all’obbligo di Legge, opera la sanzione per omessa dichiarazione, sulla base della “presunzione di redditività” dell’investimento.

In conclusione, confermando la decisione di prime cure, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ha sancito che l’estensione di un brevetto all’estero non consente di qualificare detto bene in termini di attività finanziaria detenuta all’estero, ma solo di ampliare la protezione brevettuale oltre i confini nazionali, dal momento che la Legge sui brevetti offre una tutela territorialmente limitata.

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