17 Maggio 2016

La procedura di assegnazione anche per le imprese “immobiliari”

di Leonardo Pietrobon
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Come noto i commi da 115 a 120 dell’articolo 1 della L. n. 208/2015 hanno “riproposto” la procedura di assegnazione agevolata dei beni immobili e mobili registrati detenuti dalle società. La norma, con il chiaro intento “agevolativo” di uscita degli immobili – e dei beni mobili – dalle società “contenitori”, mira a risolvere uno dei maggiori problemi riscontrati negli ultimi anni: la normativa relativa alle società di comodo e le sue sgradevoli conseguenze.

Le suddette norme propongono una disciplina agevolativa simile a quella prevista dall’articolo 29 della Legge 27 dicembre 1997, n. 449: in attesa dei relativi chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, è possibile fare riferimento ai passati orientamenti dell’Amministrazione Finanziaria, ove compatibili, contenuti soprattutto nelle circolari ministeriali 21 maggio 1999, n. 112/E, e 13 maggio 2002, n. 40/E.

I presupposti applicativi dell’assegnazione (o della cessione) agevolata dei beni ai soci riguardano diversi aspetti, espressamente disciplinati dall’articolo 1, commi 115-120, della Legge n. 208/2015:

  • le società interessate;
  • i soci destinatari del trasferimento dei beni;
  • i beni agevolabili;
  • le imposte sostitutive;
  • gli effetti fiscali per i soci;
  • le imposte indirette.

L’articolo 1, comma 115, della Legge n. 208/2015 individua i soggetti, titolari di reddito d’impresa, che possono applicare la disciplina agevolativa:

  • le società in nome collettivo;
  • le società in accomandita semplice;
  • le società a responsabilità limitata;
  • le società per azioni;
  • le società in accomandita per azioni.

In altri termini, si tratta dei contribuenti soggetti alla disciplina delle società non operative, prevista dall’articolo 30, comma 1, della Legge 23 dicembre 1994, n. 724: tale elenco tassativo – per effetto del quale dovrebbero ritenersi esclusi i consorzi, le società cooperative e gli enti non commerciali – dovrebbe, tuttavia, ammettere una deroga, coerentemente con il passato orientamento dell’Amministrazione Finanziaria (C.M. n. 112/E/1999), con riferimento alle società di armamento e quelle di fatto che hanno per oggetto l’esercizio di attività commerciali, in quanto equiparate alle società in nome collettivo e a quelle in accomandita semplice.

L’elencazione tassativa, e priva di esplicite esclusioni, induce altresì a formulare alcune ulteriori considerazioni. In primo luogo, appare evidente che la disciplina agevolativa – particolarmente attesa per le società non operative – è accessibile da parte di tutte le società costituite nelle predette forme giuridiche, in presenza dei relativi presupposti, comprese quelle che svolgono un’attività ordinaria d’impresa.

Queste ultime possono, quindi, approfittare della disciplina agevolativa per assegnare o cedere alcuni beni, e proseguire l’attività aziendale: la Legge di Stabilità 2016 non ha, infatti, subordinato allo scioglimento l’assegnazione (o la cessione) agevolata dei beni, pur essendo possibile che la società – per effetto dell’assegnazione (o della cessione) agevolata – si avvii verso la propria liquidazione, come nel caso delle piccole società immobiliari di gestione, che detengono beni a mero scopo di godimento.

La qualificazione di società non operativa, se sussistente per almeno due dei tre periodi d’imposta precedenti l’assegnazione (o la cessione) ai soci, rileva, invece, per l’individuazione dell’imposta sostitutiva applicabile sugli eventuali plusvalori, pari al 10,50% in luogo di quella dell’8%.

Con specifico riferimento alle società immobiliari, la disposizione normativa nulla stabilisce, né in positivo né in senso negativo. Al riguardo, pare utile richiamare quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate con la C.M. n. 112/E/1999, la quale, per stabilire l’applicazione della norma agevolativa di assegnazione – vigente all’epoca ma quasi del tutto assimilabile a quella attuale –, richiama i concetti espressi dalla Corte di Cassazione con la sentenza a Sezioni Unite n. 1367 del 13 ottobre 1983, secondo cui possono definirsi strumentali quegli immobili che hanno come unica destinazione quella di essere direttamente impiegati nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali, sì da non essere idonei a produrre un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale nel quale sono inseriti.

Pertanto, la Suprema Corte ha escluso il carattere di strumentalità di quegli immobili che “pur potendo essere in certo senso strumentali rispetto alle finalità che il soggetto d’imposta persegue attraverso l’esercizio dell’impresa, costituiscono, nel contempo l’oggetto della predetta attività imprenditoriale” quali, appunto, gli immobili locati a terzi.

Sulla base di tali considerazioni, a detta dell’Agenzia delle entrate, quindi, le società che hanno per oggetto la gestione di immobili potranno assegnare ai soci in via agevolata gli immobili medesimi.