28 Ottobre 2014

La “parziale” inerenza e l’IRAP

di Enrico Ferra
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Nell’ambito dei
principi generali di determinazione del reddito d’impresa e del valore della produzione netta, il
principio di inerenza occupa un posto di assoluta centralità, poiché genera notevoli implicazioni in termini di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria e di onere della prova.
La ricerca del fondamento positivo dell’inerenza ha fatto emergere nel tempo
diversi orientamenti ed interpretazioni, che possono essere schematizzati come segue:
  • per taluni, il principio di inerenza è codificato nel TUIR, all’art. 109, comma 5, senza il bisogno di indagare in altre disposizioni, di rango costituzionale e non;
  • per altri, l’art. 109, comma 5, è il “sintomo” di un principio immanente che deriva direttamente dall’art. 53 della Costituzione: l’inerenza, in questo senso, rappresenta una regola preliminare che precede ed orienta la specifica normativa tributaria;
  • per altri ancora, il fondamento dell’inerenza rispetto all’attività imprenditoriale è da ricercare nella disciplina civilistico – contabile, mentre le disposizioni tributarie rappresentano il connesso e consequenziale presupposto normativo ai fini della deducibilità fiscale dei componenti negativi.
Senza entrare nel merito di quella che potrebbe essere la versione più o meno corretta e più o meno condivisibile della fonte dell’inerenza, ciò che appare evidente ed interessa in questa sede è che l’
art.109,
comma 5, fissa dei criteri utili per stabilire la
misura della deducibilità (non dell’inerenza) delle spese e degli altri componenti negativi, stabilendo un preciso rapporto di “simmetria” tra oneri deducibili e ricavi imponibili.
La
ratio dell’inerenza, da un punto di vista strettamente tributario, è semplicemente quella di tenere conto delle spese che concorrono a determinare il reddito d’impresa ed escludere tutte le altre. È quindi da ritenere inerente ogni onere
sostenuto nell’interesse dell’impresa, nella prospettiva di fornirle
qualche utilità – anche se soltanto in via mediata ed indiretta – ovvero ogni altro onere sostenuto in dipendenza dell’attività dell’impresa (si veda in tal senso Cass., sez. trib., 19/11/2007, n. 23863).
Pertanto, un determinato costo sostenuto per l’acquisto di un bene o servizio da destinare esclusivamente all’attività d’impresa rappresenta di per sé un componente deducibile, perché è la riferibilità all’attività di impresa a condizionare la deducibilità. Le stesse forfetizzazioni che si rinvengono nell’ambito delle norme che regolano la determinazione delle imposte sui redditi rappresentano una “scorciatoia” ipotizzata dal legislatore fiscale proprio allo scopo di
evitare ulteriori indagini sulla inerenza delle spese rispetto all’attività imprenditoriale e fissare a monte (lo si ribadisce) soglie di deducibilità, non di inerenza.
In questo senso, a parere di chi scrive, andrebbero rilette buona parte delle norme del TUIR che prevedono regole di parziale deducibilità. Si prenda, ad esempio, il caso degli autoveicoli. L’art. 164 consente, in via generale, la deduzione integrale di tutti gli oneri sostenuti in relazione ai veicoli “
destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa”, ma – in alternativa – se il contribuente non è in grado di dimostrare l’esclusivo utilizzo aziendale dei veicoli in questione ha la “possibilità” di dedurre parzialmente i relativi costi in funzione del suo
status e del tipo di veicolo. La parziale deducibilità ai fini IRES rappresenta in tal caso una scelta, una soluzione in un certo senso “di comodo”, ma la quota-parte di spese eccedenti la soglia di deducibilità non può dirsi “non inerente”
ab origine.
Parlare di
parziale deducibilità, in luogo di parziale inerenza, può in taluni casi risultare irrilevante nel campo delle imposte sui redditi, ma è di
assoluta importanza nell’IRAP.
Se, infatti, il fondamento positivo dell’inerenza, in ambito IRAP, è da ricercare nelle disposizioni civilistico – contabili, in virtù del
principio di “derivazione piena” dell’IRAP dalle risultanze del bilancio civilistico, tutti gli oneri che l’imprenditore ha esposto in bilancio e ritenuto inerenti all’attività d’impresa rappresentano delle componenti deducibili ai fini del tributo regionale (fatte salve, ovviamente, le previsioni di indeducibilità assoluta).
Si sta, invece, assistendo al
consolidarsi di un orientamento dell’Amministrazione Finanziaria, basato su due documenti di prassi (precisamente, la
Circolare n. 36/E e la
Circolare n. 39/E, entrambe del luglio 2009), che
mira a disconoscere dall’ambito IRAP quella parte di oneri non dedotti ai fini dell’IRES (costi auto, spese di telefonia fissa e mobile, etc.) perché ritenuti non inerenti.
In altre parole, l’Agenzia, pur riconoscendo la centralità del principio di “derivazione piena” dell’IRAP dal bilancio di esercizio,
non si preoccupa di confutare il nesso tra il bene o servizio acquistato e l’attività di impresa, quale presupposto necessario per disconoscere l’inerenza civilistica di taluni componenti negativi e renderli, di conseguenza, indeducibili ai fini dell’IRAP, ma recupera a tassazione la parte non dedotta ai fini IRES perché non inerente (in quanto non dedotta).
Quanto detto vale, per l’Agenzia delle Entrate, non solo per i costi auto, ma per tutte quelle spese per le quali il legislatore “
ha introdotto presunzioni legali di parziale inerenza” (
rectius, parziale deducibilità) con la conseguenza che
tali soglie rappresentano l’intervallo di sicurezza all’interno del quale il contribuente può “
liberamente posizionarsi”.
Questo è un approccio in alcun modo condivisibile perché non è accettabile che come prova dell’assenza di inerenza civilistica, per mere esigenze di semplificazione e di gettito,
venga portata una forfetizzazione valida ai soli fini IRES, la cui efficacia ai fini IRAP il legislatore ha inteso espressamente abolire con la Finanziaria per il 2008 (L. 244/2007).