31 Maggio 2016

La nuova legge delega sul terzo settore. Seconda parte

di Guido Martinelli
Scarica in PDF

Le modifiche indicate nella prima parte di questo contributo possono lasciare alcune perplessità sotto il profilo della tecnica legislativa utilizzata (decreto delegato che, con ogni probabilità, andrà a modificare la disciplina del codice civile sulle associazioni), ma rimangono, se e ove attuate con logica conseguenzialità, un presupposto ormai non ulteriormente rinviabile di modifica della legislazione sul terzo settore.

Esaminiamo, ora, le novità che si presentano sotto il profilo amministrativo:

  • individuare criteri che consentano di distinguere, nella tenuta della contabilità e dei rendiconti, la diversa natura delle poste contabili in relazione al perseguimento dell’oggetto sociale e definire criteri e vincoli in base ai quali l’attività di impresa svolta dall’ente in forma non prevalente e non stabile risulta finalizzata alla realizzazione degli scopi istituzionali;
  • disciplinare gli obblighi di controllo interno anche ai fini della applicazione di quanto previsto dal decreto legislativo 231/2001 nonché prevedere il relativo regime sanzionatorio;
  • armonizzazione e coordinamento delle diverse discipline vigenti in materia di volontariato e di promozione sociale valorizzando i principi di gratuità, democraticità e riconoscendo la specificità e le tutele dello status di volontario;
  • introduzione di criteri e limiti relativi al rimborso spese per le attività dei volontari, preservandone il carattere di gratuità e di estraneità alla prestazione lavorativa.

Il primo principio potrebbe sottendere, come del resto già avviene ora per le imprese sociali di cui al D.Lgs. 155/2006, la possibile introduzione dell’obbligo del bilancio sociale. Ciò per dimostrare la ricaduta, in termini di crescita per la collettività, dell’attività svolta dall’ente in esame. Viene confermata la tendenza, già introdotta dalla disciplina sulle Onlus, di richiedere agli enti del terzo settore una sempre maggiore attenzione agli aspetti contabili. L’obiettivo possibile appare essere quello di voler defiscalizzare gli utili prodotti da tali soggetti, per il loro obbligo di reinvestimento delle attività prodotte, garantendo però che tutti i terzi che cedano beni o servizi a detto ente provvedano a dichiarare i proventi così conseguiti. Viene giustamente evidenziata la responsabilità dell’ente ai sensi di quanto previsto dal D.Lgs. 231/2001.

Viene, infine, prepotentemente in ballo il problema del concetto di volontariato. Ossia se detta prestazione debba essere sempre a carattere gratuito (come accade oggi per gli associati delle organizzazioni di volontariato) o possa anche, come accade ad esempio nello sport, legittimare compensi apparentemente senza limite (si ricorda che i compensi sportivi hanno, per i soci, il solo limite del lucro indiretto).

L’articolo 9 articolo fornisce le direttive in materia di misure fiscali e di sostegno economico prevedendo:

  1. una revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali e l’introduzione di un regime tributario di vantaggio che tenga conto delle finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale dell’ente;
  2. una razionalizzazione e semplificazione del regime di deducibilità dal reddito e detraibilità dall’imposta delle erogazioni liberali ai soggetti del terzo settore;
  3. una riforma strutturale della destinazione del cinque per mille alla razionalizzazione dei regimi fiscali e contabili semplificati;
  4. indicatori di trasparenza e pubblicità delle risorse ad esso destinate.

Il contenuto della lettera a) introduce un possibile rischio per molte attività sportive. Ossia i sodalizi che svolgono esclusivamente una attività “mutualistica” a servizio e a vantaggio dei soli associati (come accade in molti circoli di sport individuali quali tennis, vela, golf, ecc.), per i quali, quindi, diventa difficile recepire vantaggi solidaristici o di utilità sociale; pertanto, essi potrebbero vedersi esclusi dalla riscrittura di queste agevolazioni. Sicuramente opportuna appare la revisione del meccanismo di deducibilità e detraibilità delle erogazioni liberali (che, fino ad ora, almeno nel mondo sportivo hanno suscitato un interesse molto parziale) mentre andrà incentivata quella relativa a servizi, quali ad esempio i corsi sportivi, che invece, ha rispettato pienamente le attese e gli obiettivi per i quali era stata introdotta.

Altra area a rischio per il mondo dello sport potrà essere legata alla riforma strutturale del cinque per mille che, anche in questo caso, potrebbe non essere più alla portata di sodalizi sportivi preposti solo alla mutualità in favore dei propri associati. Verrà poi richiesto di dare adeguato risalto all’utilizzo che, dei fondi del cinque per mille, viene fatto dagli enti beneficiari.

L’introduzione del servizio sociale potrà essere di interesse solo una volta valutati i compensi che saranno riconosciuti a coloro i quali sceglieranno questa strada e che tipo di agevolazione sarà loro prevista per il successivo ingresso nel mondo del lavoro.

La fondazione Italia sociale appare l’unico istituto previsto dalla nuova legge di cui non si sentiva la mancanza. Speriamo di essere smentiti.