3 Gennaio 2014

La natura della cessione del diritto di superficie dipende dall’acquisto originario?

di Luigi Scappini
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L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 36/E/2013, incentrata sostanzialmente sulla individuazione dei parametri per poter qualificare un impianto fotovoltaico quale bene mobile o immobile, ha analizzato anche la disciplina fiscale da applicare alle cessioni dei diritti di superficie, fattispecie in ampio uso nel settore, effettuata da parte di soggetti persone fisiche.

Le soluzioni cui giunge l’Amministrazione non convincono e, vanno in controtendenza rispetto quanto affermato dall’Aidc di Milano nella recente norma di comportamento n.183 e dalla stessa prassi dell’Agenzia.

In merito all’inquadramento del corrispettivo percepito per la cessione del diritto di superficie da parte di una persona fisica sussistono due correnti di pensiero.

La prima tesi, avvalorata come anticipato dalla norma di comportamento Aidc n. 183, ritiene che, per effetto di quanto disposto dall’articolo 9, comma 5 TUIR, l’eventuale plusvalenza sia tassabile al verificarsi di quanto previsto dall’articolo 67, comma 1, lett.b) TUIR in materia di terreni, sia agricoli che edificabili, che fabbricati.

Altra tesi è quella che, al contrario, sebbene riconduca la fattispecie tra i redditi diversi, la colloca nella lettera l) e quindi derivanti “dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere”.

La circolare n.36/E/2013 sposa entrambe le teorie, infatti, testualmente afferma come “con specifico riguardo ai compensi percepiti dal titolare del fondo a seguito della costituzione del diritto di superficie acquisito a titolo originario (senza, vale a dire, aver sostenuto un costo oggettivamente determinabile e direttamente riferibile al diritto ceduto), gli stessi debbano essere inclusi nella fattispecie recata dall’articolo 67, comma 1, lettera l), del TUIR, vale a dire fra i redditi diversi derivanti dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.”.

Fin qui nulla questio, ma quel che maggiormente sorprende sono le motivazioni addotte.

Infatti, il ragionamento dell’Agenzia delle Entrate prende le mosse dall’affermazione per cui l’equiparazione di cui all’articolo 9, comma 5 TUIR opera solo in caso di contrapposizione di due valori omogenei con la conseguenza che per poter estendere l’equiparazione al diritto di superficie, lo stesso deve essere stato, in precedenza, acquistato a titolo oneroso ed essere oggettivamente determinabile. Infatti, prosegue l’Agenzia nel suo ragionamento, non sarebbe corretto scomputare dai compensi percepiti il costo sostenuto per l’acquisto della piena proprietà dell’immobile, in quanto, così facendo, si confronterebbero due valori non omogenei .

Come a dire che l’articolo 9, comma 5 è azionabile solamente nel rispetto di date condizioni oggettive, circostanza che dall’analisi letterale della norma non è possibile evincere.

Ma è nella chiusura del proprio ragionamento che l’Agenzia delle Entrate scopre le carte ricordando come la lettera b) preveda una presunzione assoluta per cui non sono mai imponibili, eccezion fatta per le ipotesi di terreni edificabili, le cessioni effettuate decorso un quinquennio dall’acquisto o costruzione, circostanza inattuabile nell’ipotesi del diritto di superficie. Infatti, una volta riacquisita la piena proprietà del bene, si avrebbe, ad esempio, la facoltà di costituire nuovamente diritti reali sullo stesso, seguitando così a sfruttarne la potenzialità reddituale, ovvero a cederne l’intera proprietà, incassando corrispettivi che sarebbero sempre ed in ogni caso esenti da tassazione, in quanto il bene è detenuto da oltre un quinquennio.

A parere di chi scrive, la posizione assunta da parte dell’Agenzia delle Entrate non è sostenibile in quanto l’articolo 9, comma 5 TUIR rappresenta una norma di carattere generale, con la conseguenza che essa si renderà applicabile a priori e sia nell’ipotesi di soggetto che agisce in regime di impresa che di soggetto privato. E tale del resto è sempre stata l’impostazione dell’Amministrazione se è vero che con la non troppo datata risoluzione n.112/E/2009 ha avuto modo di affermare come “Per quanto riguarda il trattamento tributario ai fini delle imposte sui redditi, l’art. 9, comma 5, del TUIR, … stabilisce che le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso si applicano anche nei confronti degli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento. Pertanto, la costituzione del diritto di superficie è equiparata alla cessione a titolo oneroso, …”. In senso conforme anche la risoluzione n. 379/E/2008 riferita nello specifico alla cessione di servitù prediali.

Ma oltre a queste considerazioni, la stessa analisi del significato attribuibile alle operazioni di “fare, non fare o permettere” depone a favore della riconducibilità della fattispecie alla lettera b). Infatti, l’assunzione di un’obbligazione di fare, come evidenziato nella risoluzione n.150/E/1996 determina l’obbligo di effettuare una prestazione positiva, non riscontrabile nella fattispecie del diritto di superficie. Ad analoghe conclusioni si perviene anche per quanto riguarda l’assunzione dell’obbligo di non fare e per il permettere. In quest’ultimo caso si è in presenza non di un comportamento attivo da parte del cedente, bensì di una mera tolleranza nei confronti del soggetto terzo che ha acquistato il diritto di superficie.

Sarebbe stata preferibile una conferma delle precedenti posizioni assunte nelle risoluzioni n.157/E/2007 e nella già citata n.112/E/2009 ove veniva negata la sussistenza di un valore attribuibile al diritto di superficie, di modo che la plusvalenza era data dall’intero corrispettivo percepito, sebbene, come sostenuto dall’Aidc di Milano potesse ritenersi estendibile il criterio affermato nella risoluzione 379/E/2008 ove si affermava come “mentre non si pongono problemi in ordine alla determinazione del corrispettivo della servitù, contrattualmente determinato, per individuare il prezzo di acquisto originario della stessa può essere utilizzato un criterio di tipo proporzionale fondato sul rapporto tra il valore complessivo attuale del terreno agricolo e il corrispettivo percepito per la costituzione della servitù.”.

Invece, dall’analisi della circolare sembra che la disciplina fiscale del diritto di superficie ceduto sia direttamente connessa alle modalità di acquisto del terreno. La circolare in tal modo, sempre a parere di chi scrive, si contraddice, poiché il diritto di superficie è o non è insito nel terreno ab origine.

A ben vedere la circolare n. 36/E/2013 sembra un tentativo maldestro da parte dell’Amministrazione di recuperare a tassazione tutte quelle plusvalenze derivanti dalla cessione di diritti di superficie costituiti su terreni detenuti da oltre un quinquennio.