10 Ottobre 2014

La fornitura dell’impianto installato in altro Paese UE utilizzando beni acquistati in loco

di Marco Peirolo
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L’impresa che stipula
contratti di fornitura di impianti con installazione o montaggio all’estero si trova ad affrontare problematiche diverse, almeno in parte, da quelle dell’impresa che, in base ad un contratto d’appalto,
realizza l’impianto direttamente all’estero utilizzando sia beni inviati dall’Italia, sia beni acquistati da altri fornitori non residenti.
Si consideri il caso di un’impresa francese che realizza, su ordine dell’impresa italiana, un bene che diventa
parte integrante dell’impianto ceduto al cliente, anch’esso francese, dell’impresa italiana. L’esempio può essere quello dell’impresa francese che costruisce la vasca in cemento di un impianto di smaltimento rifiuti, mentre le restanti parti staccate vengono realizzate dall’impresa italiana.
In base agli accordi intervenuti, l’impresa francese si assume anche l’impegno:
  • di assemblare i componenti inviati in Francia dall’impresa italiana con il bene dalla medesima realizzato e
  • di consegnare ed installare l’impianto (finito) nel luogo convenuto con il cliente dell’impresa italiana.
Nella fattispecie considerata, l’operatore italiano è parte di un duplice rapporto, che deve essere distintamente esaminato dal punto di vista dell’IVA.
Nel rapporto con il fornitore francese, è dato osservare che quest’ultimo, effettuando un’
operazione territorialmente rilevante in Francia, emetterà fattura con l’
addebito dell’IVA locale che il cliente italiano potrà recuperare attraverso la
procedura di rimborso di cui all’art. 38-
bis1 del D.P.R. n. 633/1972. A tal fine, è indispensabile che il richiedente, nel periodo di riferimento del rimborso (non inferiore a tre mesi e non superiore all’anno solare), non abbia effettuato operazioni in Francia
diverse da quelle espressamente consentite, richiamate dal successivo art. 38-
bis2, vale a dire:
  • le operazioni con reverse charge da parte del cessionario/committente (debitore d’imposta) e
  • le operazioni non imponibili di trasporto e relative prestazioni accessorie.
A questo punto, l’esame si sposta sul rapporto intrattenuto dall’impresa italiana con il proprio cliente francese.
Valorizzando distintamente i componenti forniti dall’impresa italiana rispetto al bene realizzato dall’impresa francese,
occorre scindere il corrispettivo totale, pattuito con il destinatario dell’impianto, in modo da rispettare la previsione contenuta nell’art. 41, comma 1, lett. c), del D.L. n. 331/1993.
Sul punto, occorre osservare che, in base all’art. 36 della Direttiva n. 2006/112/CE, quando il bene spedito o trasportato dal fornitore o dall’acquirente oppure da un terzo deve essere installato o montato, con o senza collaudo, da parte del fornitore o per suo conto, si considera come
luogo della cessione quello
dove avviene l’installazione o il montaggio. La norma prosegue stabilendo che, qualora l’installazione o il montaggio siano eseguiti in uno Stato membro dell’Unione europea diverso da quello del fornitore, lo Stato membro in cui avviene l’installazione o il montaggio adotta le misure necessarie per evitare una doppia imposizione al suo interno.
Nella legislazione italiana, se la fornitura avviene in altro Paese UE, come nella fattispecie, l’impresa italiana applica l’art. 41, comma 1, lett. c), del D.L. n. 331/1993. La norma qualifica come
operazioni non imponibili IVA “
le cessioni, con spedizione o trasporto dal territorio dello Stato, nel territorio di altro Stato membro di beni destinati ad essere ivi installati, montati o assiemati da parte del fornitore o per suo conto”.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, lo
stesso trattamento è previsto per le forniture di beni, in dipendenza di
contratti d’appalto, d’opera e simili, inviati in altri Paesi UE per essere ivi installati o montati dal fornitore italiano o da terzi per suo conto (C.M. 23 febbraio 1994, n. 13-VII-15-464, § B.1.3).
È evidente che il citato art. 41, comma 1, lett. c), del D.L. n. 331/1993 non è in linea con l’art. 36 della Direttiva n. 2006/112/CE, dato che quest’ultimo qualifica l’operazione, nella sua interezza, come territorialmente rilevante nel Paese UE in cui avviene l’installazione o il montaggio,
escludendo pertanto che il fornitore possa applicare alla cessione il regime di non imponibilità previsto per le cessioni intracomunitarie, il cui luogo di effettuazione – come recentemente ribadito dalla Corte di Giustizia nella causa C-446/13 del 2 ottobre 2014 – coincide con il Paese del fornitore.
Coordinando la norma interna con quella comunitaria, l’impresa italiana
distinguerà in fattura:
  • il corrispettivo delle parti staccate inviate dall’Italia, comprensivo di installazione del prodotto finito, al quale si applica il regime di non imponibilità di cui all’art. 41, comma 1, lett. c), del D.L. n. 331/1993;
  • dal corrispettivo del bene realizzato dall’impresa francese, comprensivo di assemblaggio con le parti staccate prodotte dall’impresa italiana, che si considera soggetto a IVA in Francia.
L’IVA, in definitiva, sarà assolta,
sull’intero corrispettivo, dal cliente francese attraverso il
reverse charge.
Così operando, si evita di fatturare in regime di non imponibilità (anche) la parte del corrispettivo riferita al bene già presente in Francia, che diversamente
incrementerebbe illegittimamente il plafond a disposizione del fornitore italiano per effettuare acquisti/importazioni di beni/servizi senza applicazione dell’IVA.