26 Settembre 2015

La disciplina fiscale del recesso da s.s.

di Alessandro Bonuzzi
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Sotto il profilo tributario, la società semplice rappresenta una forma per così dire “atipica” rispetto alle altre fattispecie societarie che trovano la loro disciplina nel codice civile.

Infatti, l’attività svolta attraverso una società semplice non ha limiti nel senso che essa può conseguire tutte le categorie di reddito individuate dall’art.6 del Tuir; invero, si ritiene che la società semplice non possa conseguire un reddito d’impresa, salvo alcune specifiche deroghe (ad esempio, quando la società semplice svolge un’attività agricola eccedendo i parametri di cui all’art.32 Tuir). In tal senso, ad essa non si applica l’assorbimento dei redditi nel reddito d’impresa, come invece avviene per le altre società di persone, in ossequio al principio di attrazione.

Ciò si riflette anche sulle modalità di tassazione in capo ai soci delle somme da questi ricevute a seguito di recesso.

A riguardo la norma di riferimento è l’art. 20-bis del Tuir secondo cui “ai fini della determinazione dei redditi di partecipazione compresi nelle somme attribuite o nei beni assegnati ai soci o agli eredi, di cui all’art. 17, comma 1, lett. l), si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 47, comma 7, indipendentemente dall’applicabilità della tassazione separata”.

Tale disposizione regola esclusivamente le modalità di determinazione della somma da assoggettare a tassazione a seguito di una delle fattispecie di cui all’art. 17, comma 1, lett. l), tra le quali – appunto – vi rientra a pieno titolo il recesso da società di persone. A tal fine si rimanda a quanto disposto dall’art. 47, comma 7, del Tuir il quale prevede che “le somme … ricevute in caso di recesso, … costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione … delle quote annullate”.

In particolare, nel caso di società semplice, la somma da assoggettare a tassazione è pari alla differenza tra quanto ricevuto dal socio a seguito del recesso e il costo fiscale della partecipazione.

Posto che l’art. 47, comma 7, ne regola esclusivamente la determinazione, non è prevista una norma specifica che disciplini l’imposizione della somma da recesso; pertanto, al fine di giungere ad una soluzione in tal senso, occorre svolgere una serie di considerazioni in merito a quale categoria di reddito prevista dall’art. 6 del Tuir sia riconducibile la fattispecie in oggetto.

In primo luogo, è necessario precisare che la somma liquidata al socio dalla società semplice non può avere natura di reddito d’impresa, dato che alla stessa è inibito svolgere un’attività commerciale. Perciò è da escludere l’applicazione di una delle norme del Testo Unico afferenti tale tipologia di reddito. Pare opportuno altresì ritenere non corretto l’inquadramento della somma da recesso nelle categorie dei redditi fondiari, di capitale, di lavoro dipendente e autonomo.

Con riferimento alla categoria dei redditi diversi, l’art. 67 del Tuir prevede che “sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e i accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: …”. Ne deriva che la categoria dei redditi diversi è residuale solo rispetto alle altre categorie di reddito e non in senso assoluto, in quanto prevede un numero chiuso di sottocategorie. Risulta, quindi, infondata l’accezione secondo la quale se una fattispecie non rientra in nessuna categoria di reddito allora è in ogni caso da ricomprendere nel novero dei redditi diversi. In altre parole, una fattispecie è classificabile in tale categoria allorquando rientri in una delle tipologie espressamente previste dall’art. 67.

A parere di chi scrive, la somma da recesso da una società semplice, per la quota parte imponibile, deve essere tassata come capital gain ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera c) – partecipazioni qualificate – o c-bis) – partecipazioni non qualificate -, ma solo in ipotesi di recesso atipico. Il recesso atipico si verifica allorquando è esercitato attraverso la cessione della partecipazione ad altri soci o a terzi e non mediante l’annullamento della partecipazione del socio (recesso tipico). In tale circostanza la società diviene completamente estranea al recesso, nel senso che questo viene assimilato, a tutti gli effetti, alla cessione della partecipazione e, quindi, ad un atto “privato” tra cedente e cessionario. Il recesso atipico è espressamente previsto solo per le srl e per le spa; tuttavia, si ritiene che sia applicabile anche alle società di persone.

Diversamente, nell’ipotesi in cui il recesso venga esercitato mediante l’annullamento della partecipazione, la somma conseguita dal socio uscente non risulta inquadrabile in nessuna delle categorie di reddito di cui all’art. 6 del Tuir, nemmeno nei redditi diversi; pertanto, la stessa non può che “sfuggire” dall’imposizione.