29 Ottobre 2015

La disciplina dei premi agli sportivi dilettanti. Un invito all’evasione

di Guido Martinelli
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Fino al 2000 il trattamento fiscale del monte premi messo in palio durante competizioni sportive dilettantistiche appariva semplice nella determinazione e nelle modalità di versamento. Trovava applicazione l’art. 30 del d.p.r. 600/73 che prevedeva (e in parte tutt’ora prevede) una ritenuta a titolo di imposta del 20% sul valore messo in palio, in denaro o in natura che esso fosse. La ritenuta era a rivalsa facoltativa. Pertanto l’organizzatore che non intendesse “pubblicizzare” l’ammontare del montepremi messo in palio si accollava detto controvalore che andava versato integralmente, senza, pertanto, neanche avere la necessità di richiedere i dati dei vincitori.

Il sistema, che funzionava perfettamente, fu modificato con la novella del 2000 (art. 37 l. 342/00) che ha assimilato la disciplina dei premi a quella prevista per le indennità di trasferta, i rimborsi forfettari di spesa e i compensi dall’art. 67 primo comma lett. m) del Tuir.

Questa previsione porta a ritenere che, per i premi erogati agli sportivi dilettanti, non trovi più applicazione l’art. 30 del D.P.R. 600/73, ossia la ritenuta a titolo d’imposta del 20% con facoltà di rivalsa, intendendosi come abrogazione implicita della precedente disciplina con norma nuova successiva che tratta la medesima fattispecie.

Pertanto, oggi, anche all’atto della corresponsione dei premi corrisposti in occasione di manifestazioni sportive, occorrerà applicare la normativa prevista per i compensi.

Si segnala che molte competizioni sportive si concludono con l’assegnazione di premi di maggiore o minore valore a seconda dei casi, basti vedere certe gare di pesca sportiva, di bocce, di bridge, di tennis, eccetera.

Premesso questo occorre evidenziare che, nei casi in cui il premio sia in denaro, l’applicazione della normativa non presenta ostacoli di sorta pur nella giungla di adempimenti da seguire rispetto al precedente iter. Sarà trattato come un qualsiasi compenso corrisposto nell’esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica, pur con tutti gli adempimenti formali che ne conseguono.

Il problema si pone quando l’aggiudicatario abbia superato il famoso tetto dei 7.500, possedendo altri redditi o addirittura dei ventottomila, in tal caso anche in assenza di altri redditi. Mentre fino al 2000 comunque su detti premi il vincitore non aveva alcun obbligo di dichiarazione di detti premi e, di conseguenza, non subiva alcuna tassazione di detti importi, oggi nel primo caso avrà delle conseguenze sull’aliquota applicabile sugli altri redditi posseduti, nel secondo addirittura detti premi faranno cumulo con gli altri suoi redditi.

Di difficile soluzione si pone il problema per l’erogazione dei ben più diffusi premi in natura.

Ricordiamo che, in tal caso, si dovranno ricomprendere anche i singoli premi di valore bagattellare. La prima difficoltà diventa quella di richiedere i dati anagrafici di ogni aggiudicatario di premio e l’autocertificazione che, il controvalore del premio, gli consenta di rimanere sotto la soglia esente dei 7.500 euro o, nel caso la superasse, di quanto. Ciò comporterà anche la necessità, sicuramente non di buon gusto, di comunicare ai vincitori anche il controvalore del montepremi messo in palio. Con l’ulteriore aggravante, nel caso in cui l’organizzatore avesse ricevuto in omaggio questi beni, di ricercare il valore normale degli stessi al fine di comunicarne il totale.  

Ove si rimanesse sotto la citata soglia, rimarrà solo il problema per l’organizzatore, di indicare i dati del percettore nel proprio modello 770 e di trasmettere in via telematica la certificazione del controvalore. La situazione si complica nel caso in cui il vincitore abbia già superato anche solo la soglia dei 7.500 euro di compensi sportivi nel periodo di imposta.  Infatti la norma prevede l’obbligo di rivalsa, operazione semplice nei premi in denaro ma “impossibile” in quelli in natura. Ne consegue che, ove si volesse rispettare la norma, dovremmo chiedere al vincitore, all’atto della consegna del premio, di ridarci “in contanti” il valore della ritenuta che dovremmo andare a versare. Pertanto, in tal caso, il vincitore di una coppa, magari bella ma perfettamente inutile, si potrebbe trovare nella situazione di dover pagare alla consegna circa il 25% (tra aliquota Irpef e addizionali) del valore e, poi, vedersi anche tassare il 100% dello stesso. Successivamente dovrà provvedere, anche in questo caso, alla dichiarazione dei sostituti di imposta e alla trasmissione della certificazione.

E’ chiaro che se a qualcuno venisse la voglia di rifiutare il premio gli si potrebbe dare anche ragione.

Credo che, visto lo scenario che ho descritto, in questo caso per l’organizzatore che non rispettasse detti passaggi non si potrà parlare di evasione ma di condivisibile disobbedienza civile.