6 Luglio 2016

La confisca deve essere proporzionata al profitto

di Luigi Ferrajoli
Scarica in PDF

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12653/16 torna nuovamente a pronunciarsi sul quantum di profitto confiscabile in capo all’ente che sia ritenuto responsabile penalmente, ai sensi dell’art.5 del D.Lgs. n.231/01, per i reati commessi nel suo interesse o vantaggio dai soggetti apicali o da coloro sottoposti all’altrui direzione o vigilanza.

L’art. 19 del citato decreto prevede, infatti, che “nei confronti dell’ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede”.

Nel secondo comma il Legislatore ha inoltre previsto che “quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1 la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato”.

Nel caso di specie, la Corte si è pronunciata sulla sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catania del 28/11/14 con la quale l’amministratore unico di due società è stato riconosciuto colpevole ai sensi dell’art.316 bis c.p. per non aver destinato i finanziamenti concessi alle società dalla Regione Sicilia alle finalità per le quali erano stati inizialmente concessi.

Contestualmente, dichiarava responsabili penalmente anche le società per l’illecito amministrativo di cui agli artt.5 e 24 co.1 e 2 del D.Lgs. n.231/01, condannandole al pagamento delle rispettive sanzioni pecuniarie, applicando le sanzioni interdittive del divieto di contrarre con la P.A., dell’esclusione di agevolazioni, finanziamenti e sussidi, nonché del divieto di pubblicizzare beni o servizi per la durata di un anno. Veniva altresì ordinata la confisca di quanto già preventivamente sottoposto a sequestro.

La Cassazione, nel delimitare il perimetro del profitto confiscabile, richiama il prevalente orientamento espresso in merito dalla giurisprudenza che identifica il profitto con il vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale del reato presupposto (in senso conforme Cass. SS.UU. sent. n. 31617/15).

Eppure, nella prassi, vengono alla luce numerose problematiche legate all’effettiva determinazione del valore dei beni confiscabile soprattutto nelle ipotesi in cui sia necessario disporre la confisca per equivalente.

I giudici di merito, in tale occasione, sembrano essersi dimenticati che le due società rispondono autonomamente del reato contestato e che pertanto si deve distinguere il profitto imputabile all’una rispetto a quanto conseguito dall’altra.

A nulla rileva un diverso indirizzo enunciato dalla giurisprudenza secondo cui, nel caso di illecito plurisoggettivo, l’imputazione dell’intera azione e degli effetti ricade in capo a ciascun soggetto implicato. In tal caso, la confisca del profitto del reato potrebbe essere indirizzata indistintamente nei confronti di ciascuno per l’intero importo illecitamente conseguito.

Tuttavia, ai fini del computo del valore cui commisurare la confisca per equivalente, la Corte ci tiene a precisare che la medesima “non potrà oltrepassare per ciascun ente l’entità dell’importo a ciascun di essi riferibile”.

Inavvedutamente la Corte d’appello ha tralasciato di determinare il valore dei beni confiscabili, sostenendo che tale valutazione potesse avvenire anche in sede esecutiva.

La Cassazione evidenzia l’erroneità delle conclusioni espresse dalla Corte d’appello, dovendosi ritenere invece che anche ai fini del sequestro, ma tanto più ai fini della confisca, il valore dei beni da sottoporre a vincolo deve essere adeguato e proporzionato al prezzo o al profitto del reato e il giudice, nel compiere tale verifica, deve fare riferimento alle valutazioni di mercato degli stessi (sul tema già Cass. Pen. Sez. VI sent. n. 15807/14).

È possibile, perciò, disporre la confisca degli immobili fino alla concorrenza del valore del profitto solo quando sia stato stimato un valore attendibile dei beni che si vogliono sottoporre a sequestro e, conseguentemente, a confisca.

Sulla base delle considerazioni esposte, si giustifica la decisione della Cassazione di annullare con rinvio la sentenza della Corte d’Appello per consentire un nuovo giudizio sul punto. I giudici di merito sono chiamati alla determinazione del valore dei beni confiscabili, valutando l’opportunità di disporre una perizia laddove si ritenga di non avere tutti gli elementi idonei e sufficienti allo scopo.

La Cassazione ribadisce che la confisca, disposta nei confronti della persona giuridica ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. 231/2001, si configura come una vera e propria sanzione principale avente la funzione di ripristinare l’equilibrio economico turbato dal reato.

Ciò nonostante, è necessario ricordare come la stessa non possa in alcun modo travalicare le finalità per le quali viene applicata, trasformandosi in uno strumento diretto a colpire il patrimonio dell’ente, oltre a quanto abbia effettivamente ricavato dalla commissione del reato.