18 Novembre 2015

La Cassazione interviene sugli atti firmati da dirigenti decaduti

di Luigi Ferrajoli
Scarica in PDF

La Corte di Cassazione con tre sentenze depositate in data 09.11.2015 (la n. 22800, 22803 e 22810) è intervenuta sulla questione della sorte degli atti tributari sottoscritti da funzionari la cui qualifica dirigenziale sia risultata conseguita illegittimamente in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 37/15, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale di una serie di norme che hanno consentito all’Agenzia delle entrate di ricoprire le vacanze di posizioni dirigenziali mediante l’attribuzione a propri funzionari della qualifica dirigenziale senza l’espletamento delle procedure concorsuali richieste dalla legge, ponendo un netto limite alla possibilità di eccepire, in sede di ricorso contro gli atti impositivi, la nullità degli stessi per vizio di sottoscrizione.

Con la sentenza n. 22810/15 la Corte di Cassazione, pur ritenendo la questione sollevata per la prima volta in sede di legittimità inammissibile in quanto non fatta valere con il ricorso di primo grado, ha ritenuto di dovere procedere comunque all’esame della questione ai sensi dell’art.363, co.3, c.p.c. enunciando il principio di diritto.

In particolare, secondo la Cassazione, la questione dei dirigenti decaduti e la validità degli atti da essi sottoscritti operano su due piani distinti, posto che la nullità cui si riferisce l’art.42 d.p.r. n.600/73 andrebbe rigidamente intesa. Infatti, l’art.42 prevede che gli atti impositivi “sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato” e che “l’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione”, ma non dispone che, ai fini della valida sottoscrizione dell’atto impositivo, sia necessario in chi ha sottoscritto l’atto o conferito la delega il possesso di una qualifica dirigenziale.

Secondo la Corte di Cassazione la norma individua nel capo dell’ufficio, per il solo fatto di essere nominato tale, l’agente capace di manifestare la volontà dell’amministrazione finanziaria negli atti a rilevanza esterna, in tale modo identificando quale debba essere in definitiva la professionalità per legge idonea a emettere atti suscettibili di produrre i previsti effetti nella sfera giuridica del destinatario.

Pertanto, “la nullità […] è soltanto quella rigidamente circoscritta dai limiti dell’art. 42 citato, rispetto alla quale non assume rilievo l’eventuale illegittimità del conferimento d’incarico (finanche temporaneo) al capo dell’ufficio siccome avvenuto in dipendenza di una norma … dichiarata incostituzionale”. Infatti, secondo la Corte “poiché il comma 3 dell’art. 42 postula l’esistenza del vizio invalidante in relazione al non essere l’atto fiscale proveniente da chi abbia titolo per agire in nome e per conto dell’amministrazione, e poiché colui che vanta, in base al 1° comma della norma, questo titolo è il funzionario di carriera direttiva che sia stato messo a capo dell’ufficio ovvero che sia stato da questi appositamente delegato, non anche il funzionario avente qualifica dirigenziale, la conseguenza è che rimane irrilevante, ai fini specifici, la sopravvenuta decisione n. 37 del 2015 della Corte Costituzionale”.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015, secondo i Giudici di legittimità, riguardando unicamente la legittimità della normativa regolamentare che consente il protrarsi nel tempo dell’assegnazione a ruoli dirigenziali di funzionari dell’Agenzia delle entrate senza la copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica, non inciderebbe sulla validità degli atti fiscali in quanto i due aspetti – quello della dirigenza e quello della validità degli atti anteriormente sottoscritti da impiegati della carriera direttiva, proposti agli uffici finanziari o delegati – non sarebbero in alcun modo confondibili, non essendo previsto che gli avvisi di accertamento promanino, per essere imputabili all’Amministrazione finanziaria, da soggetti aventi qualifiche dirigenziali. La sentenza della Consulta riguarda il profilo dell’attribuzione degli incarichi dirigenziali senza concorso, “dunque … non attinge la sorte degli atti, rispetto ai quali rileva in modo autosufficiente (solo) l’art. 42 del d.p.r. n. 600/73, in rapporto alla disciplina del quale devesi stabilire se la volontà dell’ente sia stata validamente manifestata dal soggetto che, indipendentemente dalla qualifica dirigenziale, legittimamente rivestiva la funzione da esso articolo considerata”.

In sostanza la sentenza n. 37/2015 della Corte Costituzionale non avrebbe quindi alcun effetto sulla validità degli atti impositivi, che è disciplinata dal solo art.42 d.pr. n.600/73, il quale individua l’agente capace di manifestare la volontà dell’Amministrazione finanziaria negli atti a rilevanza esterna, indicando che siano sottoscritti da soggetti rivestenti le funzioni di capo dell’ufficio ovvero da funzionari della carriera direttiva appositamente delegati per i quali (delegati o deleganti) non è richiesto il possesso della qualifica dirigenziale, con la conseguenza che l’idoneità di soggetti indicati dall’art. 42 d.p.r. n. 600/73 alla sottoscrizione degli atti fiscali non è condizionata dalla validità o meno della qualifica dirigenziale attribuita per effetto della disposizione di cui all’art.8, co.24 del d.l. n.16/12 dichiarata incostituzionale.