22 Febbraio 2016

Interpello anche per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Dogane

di Marco Peirolo
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Il DLgs. n. 156/2015 ha dettato le disposizioni di revisione della disciplina
dell’interpello tributario, entrate in vigore il 1° gennaio 2016.
In linea con quanto indicato nella
circolare dell’Agenzia delle Dogane n. 21 del 23 dicembre 2015, la successiva
circolare n. 2 del 29 gennaio 2016 ha ribadito che l’esercizio del diritto d’interpello, così come regolato dall’art. 11 della L. n. 212/2000 (Statuto del contribuente),
non è applicabile per le risorse proprie dell’Unione europea, oggetto di specifica disciplina comunitaria, per le quali si applicano le speciali procedure previste dal Codice doganale comunitario e dal relativo Regolamento di attuazione.
La nuova disciplina,
applicabile anche ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Dogane che non costituiscono risorse proprie, contempla quattro diverse tipologie di interpello, ossia l’interpello ordinario, l’interpello probatorio, l’interpello antiabuso e l’interpello disapplicativo, per i quali l’Ufficio competente risponde
entro 90 giorni (in caso di interpello ordinario), ovvero
entro 120 giorni (nei casi di interpello probatorio, antiabuso e disapplicativo) decorrenti dalla data di ricezione dell’istanza.
La risposta all’istanza di interpello, scritta e motivata,
vincola ogni organo dell’Amministrazione, quindi non solo gli uffici dell’Agenzia delle Dogane, ma anche quelli dell’Agenzia delle Entrate, con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente ed è prevista la
nullità di qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio,
emesso in difformità dalla risposta.
Il
silenzio equivale a condivisione, con l’effetto che limitatamente alla questione oggetto di interpello sono nulli eventuali atti amministrativi – anche a contenuto impositivo o sanzionatorio – emanati in difformità dalla
soluzione prospettata dal contribuente, consolidatasi per effetto del
silenzio assenso.
In ordine ai
soggetti legittimati a presentare le istanze di interpello ed ai presupposti, l’art. 2 del DLgs. n. 156/2015 dispone che possono presentare istanza di interpello i contribuenti, i soggetti anche non residenti nonché coloro che in base alla legge sono obbligati a porre in essere gli adempimenti tributari per conto dei contribuenti o sono tenuti insieme con questi o in loro luogo all’adempimento di obbligazioni tributarie. Per tutti i suddetti soggetti resta, comunque, fermo il requisito della riferibilità dell’istanza a
casi concreti e personali (non a mere ipotesi),
riconducibili direttamente alla sfera di interesse del soggetto istante. Non possono, invece, presentare istanza di interpello le associazioni di categoria, gli ordini professionali e i soggetti portatori di interessi diffusi allorché l’istanza è riferibile ai propri associati, iscritti o rappresentati.
L’istanza deve essere
presentata prima della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione o per l’assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o, comunque, connessi alla fattispecie cui si riferisce l’istanza medesima. Il requisito della
preventività è richiesto senza eccezioni per tutti i tipi di interpello e la sua mancanza costituisce causa di inammissibilità dell’istanza stessa. Resta inteso che il contribuente può produrre l’istanza di interpello soltanto
prima di porre in essere il comportamento rilevante ai fini tributari, non essendo consentito l’interpello a posteriori in chiave di verifica dell’atto giuridico già compiuto e/o del comportamento tenuto.
L’art. 3 del DLgs. n. 156/2015 definisce il
contenuto delle istanze ed, in proposito, è previsto che il contribuente deve allegare
copia della documentazione non in possesso dell’Amministrazione, rilevante ai fini della risposta, oltre agli eventuali accertamenti di natura tecnica non di competenza dell’Amministrazione. Qualora l’istanza faccia riferimento a documenti rilevanti per la risposta non allegati in copia perché già in possesso dell’Amministrazione, il contribuente deve indicare gli
estremi degli atti affinché l’Ufficio competente possa ottenerne la disponibilità ai fini dell’esame istruttorio.
In merito al
coordinamento con l’attività di accertamento e contenzioso, l’art. 6 del DLgs. n. 156/2015 stabilisce che le risposte alle istanze di interpello
non sono impugnabili, salvo quelle relative all’interpello disapplicativo, avverso le quali può essere proposto ricorso unitamente all’atto impositivo. A tale riguardo, la circolare n. 2/D/2016 ha ritenuto utile richiamare quanto contenuto nella Relazione illustrativa al provvedimento in esame, ove viene precisato che “
l’impugnazione differita, essendo configurata dal legislatore come facoltà e non obbligo del contribuente, non comporta alcuna preclusione in ordine alla contestazione in giudizio delle argomentazioni contenute nella risposta all’interpello (tendenzialmente confluite nell’atto impositivo) anche in assenza di una espressa impugnazione del parere in sede di ricorso avverso l’atto”.
In caso di
interpello disapplicativo, riferibile a norme tributarie che hanno l’effetto di contrastare comportamenti elusivi, sono previste modalità particolari per l’eventuale emanazione degli atti di accertamento anche con riferimento al
diritto del contribuente di essere ascoltato prima dell’emanazione dell’atto.
 
 
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