29 Marzo 2017

Come inquadrare correttamente i collaboratori di una sportiva

di Guido Martinelli
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In un precedente contributo avevamo analizzato le problematiche relative all’inquadramento degli istruttori di discipline non più riconosciute come sportive ai sensi della delibera del Consiglio Nazionale del Coni, n. 1568 del 14 febbraio 2017.

La citata decisione della autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive, ai sensi del D.Lgs. 242/1999, e il successivo D.L. 25/2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2017, n. 64 e in vigore dal 17 marzo 2017, che prevede l’abrogazione dei voucher e dell’intera disciplina del lavoro accessorio, hanno ridotto al minimo per il mondo sportivo le scelte da fare per inquadrare correttamente i propri collaboratori retribuiti.

Ricordiamo che potranno essere riconosciuti i compensi sportivi (la disciplina di cui al combinato disposto di cui agli articolo 67, comma 1, lett. m), e 69, comma 2, Tuir), ai sensi della circolare 1/16 dell’ispettorato nazionale del lavoro, “solo al verificarsi delle seguenti condizioni:

  1. che l’associazione / società sportiva dilettantistica sia regolarmente riconosciuta dal Coni attraverso l’iscrizione nel registro delle società sportive;
  2. che il soggetto percettore svolga mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti e delle indicazioni fornite dalle singole federazioni, tra quelle necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo – dilettantistiche così come regolamentate dalle singole Federazioni”.

Questo, evidentemente, esclude da questo ambito tutti i collaboratori addetti agli impianti sportivi con funzioni di custodia, pulizia, manutenzione, cassiere, videoterminaliste. In questi casi, e per queste tipologie di attività, allo stato dell’arte odierno, la scelta non potrà che essere quella di esternalizzare il servizio mediante appalti di servizi a ditte esterne o di assunzione diretta, con contratti di lavoro subordinato, da parte della sportiva gestore dell’impianto.

Abbiamo poi i c.d. gestori del posto di ristoro, collocato all’interno della sede sociale e dello shop in cui la sportiva effettua l’attività di merchandising di prodotti con il proprio marchio e di vendita di servizi accessori (accordatura racchette da tennis, vendita materiale sportivo, ecc.). Anche per loro appare pacifica l’impossibilità di inquadrarli con i compensi sportivi.

Nel passato questa tipologia di attività veniva spesso ricondotta al contratto di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro.

Sappiamo che in virtù di quanto previsto dall’articolo 53 del D.Lgs. 81/2015 non possono più essere stipulati nuovi contratti di associazione in partecipazione nei quali l’apporto dell’associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro. La violazione di questo divieto comporta la trasformazione del contratto in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Rimane ammissibile l’associazione in partecipazione in cui l’associato sia una persona giuridica (ad es. una Snc che operi tramite propri soci). Ma, in tal caso, sarà necessario verificare se l’attività economica abbia un giro d’affari tale da giustificare tale soluzione.

Possibilità alternativa diventa il lavoro intermittente (articolo 13, D.Lgs. 81/2015). Tale tipologia contrattuale consente di chiamare al lavoro e retribuire il lavoratore unicamente nei giorni e nelle ore in cui si rende necessaria la prestazione. Ma anche tale scelta è vincolata a limiti di età e a procedureburocratiche” difficilmente compatibili con le esigenze e le capacità organizzative di una sportiva.

Arriviamo agli assistenti bagnanti delle piscine e agli operatori delle attività ludiche inserite, ad esempio, nei centri estivi gestiti da una sportiva.

In questo caso, per alcuni momenti della loro attività (vedi ad esempio, per i bagnini, il momento in cui in piscina viene svolta attività agonistica o per gli animatori quando seguono una attività sportiva rientrante tra quelle previste nella delibera Coni citata in premessa) potrebbero vedersi legittimamente riconosciuti i compensi sportivi.

Ma per quei momenti in cui la vasca è riservata ad attività “non sportive” (ad esempio, ad oggi, l’idro-bike per gli assistenti bagnanti o quando gli operatori svolgono solo attività culturali o ricreative), come fare vista l’inapplicabilità in questi casi dei compensi sportivi?

Ove non ci trovassimo in situazioni per le quali è presente etero direzione (e, quindi, presunzione di applicazione del rapporto di lavoro subordinato) l’alternativa potrebbe essere la prestazione occasionale di cui all’articolo 67, comma 1, lett. l), Tuir.

Ma, va ricordato, questa attività per i primi cinquemila euro di compenso è priva di copertura previdenziale, principalmente assicurativa, e, per sua natura, non prevede la ripetitività della prestazione.

Un bel rebus che speriamo il legislatore ci aiuti a risolvere creando una nuova fattispecie legislativa applicabile a prestazioni estemporanee come queste che sostituisca i rimpianti voucher.

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