30 Ottobre 2014

In successione il valore contabile della partecipazione

di Luigi Scappini
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L’Agenzia delle Entrate, con la recente
Risoluzione n.91/E del 17 ottobre, al cui commento si rimanda, è tornata a occuparsi della tematica relativa alla possibilità di procedere alla
rideterminazione del valore delle
partecipazioni
sociali e dei terreni che il Legislatore propone ormai con cadenza quasi annuale.
Il tema specifico trattato è stato quello delle partecipazioni sociali pervenute per
donazione, fattispecie che al pari di quella della
provenienza mortis causa, in ragione dell’assidua riproposizione della norma non è infrequente.
Ebbene, nel caso di partecipazioni pervenute
mortis causa che sono state oggetto di rivalutazione da parte del
de cuius, quale è il valore da utilizzare in sede dichiarativa?
In altri termini, è possibile utilizzare il valore della partecipazione rivalutato a cura del
de cuius?
Il
valore
dichiarato si ricorda che sarà quello utilizzabile nel caso di una
successiva
cessione della partecipazione sociale, atteso che ai sensi dell’articolo 68, comma 6 del Tuir “
Nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione, nonché per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione.”.
A tal fine, l’
articolo 16 del
TUS (Testo unico successione), stabilisce che il valore da dichiarare in sede successoria deve essere “
per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, non quotate in borsa, né negoziati al mercato ristretto, nonché per le quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatto, il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell’ ente o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all’ ente o alla società al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h) e i) dell’ art.12.
Sintetizzando, la partecipazione pervenuta
mortis causa dovrà essere dichiarata in successione in ragione del
patrimonio netto della società cui essa si riferisce.
In tal senso depone anche il dato letterale dell’articolo 8, comma 1-
bis del TUS, con cui il Legislatore esclude il valore di avviamento ai fini della determinazione dell’imponibile per le partecipazioni sia azionarie, sia non azionarie.
Del corretto valore da attribuire alle partecipazioni pervenute
mortis causa in sede di dichiarazione di successione si è occupata anche l’Agenzia delle Entrate con la
Circolare n.12/E/2008, utile al caso specifico che qui interessa.
In particolare, l’Agenzia, nella
risposta 3.2. affronta l’ipotesi per cui il
de cuius presenti un
costo
fiscalmente riconosciuto
più
elevato del valore
contabile.
Del resto, la
partecipazione, caso non inusuale, soprattutto di questi tempi, potrebbe essere
stata acquistata a un
valore più
elevato, oppure, il
de cuius potrebbe, nel tempo, aveva azionato la possibilità ripetutamente concessa dal Legislatore di rivalutare la partecipazione.
Ecco che allora la domanda, in ragione del contesto normativo come sopra delineato cui l’Agenzia ha dovuto rispondere è se l’erede
può
utilizzare questo “
maggior valore”, facendolo transitare per la dichiarazione di successione?
L’Agenzia ha risposto
negativamente muovendo dall’attuale
assetto
normativo, che
impone che, nella
dichiarazione di
successione, si indichi il
valore contabile della partecipazione, e tenendo conto di quanto dispone l’art.68 co.6 Tuir che esclude la possibilità che l’erede possa optare tra valore contabile o maggior valore configuratosi presso il
de cuius.
Ne deriva che il a seguito della reintroduzione dell’imposta di successione, sarà necessario sdoppiare la fattispecie e distinguere a seconda che:
  • la
    successione sia avvenuta nel periodo
    25 ottobre 2001
    2 ottobre 2006: in questo caso è
    ammesso l’utilizzo del costo rivalutato da parte del
    de cuius;
  • la successione sia
    posteriore al
    2 ottobre 2006: in questo caso, per effetto della reintroduzione dell’imposta
    non è più
    utilizzabile il costo rivalutato ma si deve, a meno di una successiva rivalutazione da parte degli eredi, utilizzare il valore dichiarato in sede successoria (cfr
    risoluzione n. 158/E/2008).