9 Gennaio 2015

In Gazzetta il decreto sull’allevamento

di Luigi Scappini
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L’art. 32, comma 2 del Tuir, in conformità a quanto previsto civilisticamente dall’articolo 2135 Cod. Civ., stabilisce che si considera attività agricola a titolo principale l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno.

Il dato letterale della norma deve essere interpretato nel senso che, se da un lato è vero che il terreno deve solo potenzialmente essere produttivo di un determinato quantitativo di mangime, dall’altro la riconduzione del terreno in capo all’imprenditore è condizione imprescindibile.

Ai fini della verifica del rispetto del parametro quantitativo di mangime producibile, il successivo comma 3 dell’art. 32 del Tuir stabilisce che “Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell’agricoltura e delle foreste, è stabilito per ciascuna specie animale il numero di capi che rientra nei limiti di cui alla lett.b) del co.2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggere occorrenti a seconda della specie allevata”.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 07.01.2015 è stato pubblicato il decreto del Mef del 18.12.2014 che individua i parametri necessari per la verifica del rispetto del requisito di cui sopra per il biennio 2014-2015.

Di fatto, per l’ennesima volta il decreto rimanda ai parametri come individuati con il precedente decreto del 20 aprile 2006 e relative tabelle 1, 2 e 3.

In particolare, la tabella 1 contiene la divisione dei terreni per fasce di qualità, la tabella 2 individua, per ogni singola fascia di qualità, una tariffa media di reddito agrario e un numero di unità foraggere producibili per ettaro, infine, la tabella 3 individua il numero di capi allevabili per ettaro, il numero di capi allevabili ogni 51.645,69 euro di reddito agrario, il numero di capi tassabili ex art. 32 del Tuir ogni 51.645,69 euro di reddito agrario e l’imponibile per ogni capo eccedente.

Ai fini della verifica del rispetto del limite come individuato secondo le tabelle di cui sopra, si rende necessario, nonostante la datata, ma esaustiva, Circolare ministeriale n. 150 del 1° dicembre 1978 lo ritenga obbligatorio solo in caso di superamento del limite di cui all’art. 32, tenere il cosiddetto registro di carico/scarico, ex articolo 18-bis d.P.R. n. 600/1973. Infatti, in assenza dello stesso e, in presenza di un accertamento, si ritiene difficoltoso proprie dimostrare le proprie ragioni.

Ai fini del calcolo degli animali allevati la Circolare n. 150 richiamata afferma come, per ragioni di semplificazione contabile, sia consentito, qualora il ciclo di allevamento cada a cavallo di due periodi di imposta, determinare i capi allevati nel periodo di imposta in cui il ciclo si conclude.

Di contra, nel caso in cui nello stesso periodo di imposta si abbiano cicli di allevamento di durata infrannuale, ai fini del computo si dovrà procedere alla sommatoria di tutti i capi allevati nei cicli che si sono svolti nel periodo.

In deroga al criterio del ciclo ultimato, sempre con Nota n. 9/601 del 29.05.1979, è stato affermato che, limitatamente all’allevamento ittico, il computo si faccia “senza distinzione tra ciclo e ciclo, ma con riferimento alla quantità complessiva di Pesce rilevata a fine periodo d’imposta in tutti gli invasi esistenti nei terreni dell’allevature.”. In altri termini si passa a un parametro quantitativo, essendo di indubbia difficoltà e aleatorità applicare il criterio del ciclo ultimato.

Il superamento del limite di capi allevabili, fermo restando l’agrarietà dell’attività svolta, comporta la determinazione, per la parte di allevamento eccedente, di un reddito di impresa ai sensi del successivo art. 56, comma 5 del Tuir, che viene calmierato a mezzo di una determinazione dello stesso in misura forfettaria derivante dall’attribuzione a ciascun capo un reddito pari al valore medio del reddito agrario riferibile a ciascun capo allevato entro il limite medesimo, moltiplicato per un coefficiente idoneo a tener conto delle diverse incidenze dei costi. Le relative spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione. Il valore medio e il coefficiente di cui al primo periodo sono stabiliti, teoricamente ogni due anni con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali. Per effetto di quanto previsto con il decreto 18.12.2014, anche in questo caso il riferimento deve essere fatto al decreto del 2006.

Per espressa previsione normativa, i coefficienti moltiplicatori non si applicano agli allevatori che si avvalgono esclusivamente dell’opera di propri familiari quando, per la natura del rapporto, non si configuri l’impresa familiare.

Inoltre, è fatta salva la facoltà del contribuente di optare per la determinazione del reddito secondo le regole ordinarie.

L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 127/E del 13.09.2005 ha avuto modi di precisare come rientrino nel reddito così forfettizzato anche i redditi derivanti dalle eventuali attività connesse esercitate, consistenti nella manipolazione, trasformazione, commercializzazione, valorizzazione e conservazione.