17 Ottobre 2014

Il trust che attribuisce una rendita è trasparente?

di Ennio VialSergio Pellegrino
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Può capitare di imbattersi in
atti di trust che contengono clausole che prevedono
l’attribuzione di una rendita ai beneficiari da prelevare dai
frutti del trust. Tale rendita viene percepita
periodicamente e con un
importo costante.
Questo tipo di clausole sono in genere rinvenibili nei trust un po’ datati, in quanto creano non pochi
problemi interpretativi in merito alla determinazione del
reddito imponibile di competenza del trust e del beneficiario.
È evidente che le esigenze per così dire civilistiche non possono certamente sottostare a
considerazioni meramente fiscali, tuttavia non si può negare l’opportunità – ove possibile – di evitare calcoli complessi e astrusi.
La
rendita potrebbe essere
tassata in capo al
beneficiario ai sensi dell’art. 50 co. 1 lett. h) del Tuir il quale annovera espressamente tra i
redditi
assimilati a quelli di
lavoro dipendente anche
“le rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato, costituite a titolo oneroso, diverse da quelle aventi funzione previdenziale”.
Questa impostazione, tuttavia,
non appare
appagante in considerazione del fatto che con la riforma della tassazione dei trust introdotta con la Finanziaria 2007, si è cercato di distinguere sotto il profilo reddituale i
trust in
tre categorie: i trust
opachi, quelli
trasparenti e quelli
misti.
La distinzione tra trust opaco e trasparente è stata puntualizzata dapprima nella
C.M. 48/E/2007 e successivamente, ancora più puntualmente, dalla
R.M. 425/E/2008. La trasparenza emerge allorché il
trustee è
privo di un
potere discrezionale in merito all’attribuzione dei frutti e, parallelamente, il beneficiario è titolare di un
diritto soggettivo alla percezione degli stessi.
Quando il trustee deve corrispondere una
rendita, dato per scontato che questa trovi sempre e comunque
capienza nei
frutti del trust, non possiamo che ritenere che il trust sia trasparente, ma solo in relazione alle somme attribuite al
beneficiario come rendita.
Pertanto, se la rendita è esattamente pari all’ammontare dei frutti, possiamo dire che si tratta di un caso di
trust trasparente, mentre se la rendita è inferiore ai frutti si tratta di un
trust misto ossia trasparente in relazione alla rendita e opaco in relazione ai
frutti residui.
L’impostazione appare semplice al punto da sembrare banale ma in realtà non è dato sapere con che criteri siano attribuiti i
frutti generati dal
trust.
Si supponga, ad esempio, che la rendita ammonti a 10.000 e che il trust abbia conseguito
dividendi da società di capitali per 15.000 euro e
affitti da immobili locati per altri 20.000 euro. La rendita è costituita da dividendi o da affitti?
La questione non è di poco momento atteso che gli affitti concorrerebbero alla
base imponibile del beneficiario per l’intero ammontare mentre i
dividendi solamente per il
5%, con conseguenze non indifferenti in capo a chi li percepisce. Infatti, ipotizzando che il nostro
percettore di rendita sconti l’aliquota Irpef marginale del
43%, l’attribuzione di locazioni comporterebbe un pagamento di 4.300, mentre l’attribuzione di
dividendi determinerebbe un prelievo del 43% solamente su 500 ossia circa 215.
Come gestire la questione? Sicuramente la
scelta può avvenire in sede di
atto di trust. Si può ad esempio stabilire che il trust è
opaco in relazione ai
canoni di locazione, e
trasparente in relazione ai
dividendi.
In alternativa, si ritiene che la soluzione da preferire sia quella di adottare un
criterio di proporzionalità in modo da evitare eventuali contestazioni di arbitraggi fiscali.
Il discorso, infine, si complica quando consideriamo che il trust potrebbe percepire
redditi di
natura finanziaria che, come tali, sono tassati con le
imposte sostitutive.
Anche in questo caso si dovrà valutare un
criterio di proporzionalità.