5 Novembre 2014

Il tetto massimo della compensazione annua

di Giovanni Valcarenghi
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E’ stata diffusa in questi giorni una sentenza della
CTR di Milano (n. 3047, sezione 30, del 10 giugno 2014) che torna sulla vicenda del
tetto massimo delle compensazioni, su modello F24, che il contribuente può porre in essere nel corso di un anno solare.
Come noto, l’articolo 34 della L. 388/2000 (come integrato, sia pure non esplicitamente, dal D.L. 35/2013) stabilisce ora che tale
soglia massima di compensazioni sia
fissata, a decorrere dal 2014, in 700.000 euro, tetto che sostituisce il precedente di 516.456,90 euro.
La questione che ha generato il contenzioso (prima dell’innalzamento del tetto) è la seguente: una
società ha
effettuato compensazioni del credito IVA per un
importo pari a 717.987,89 e si è vista recapitare un atto di
recupero per avere oltrepassato la soglia massima ammissibile. Sulla scorta del contenuto della
risoluzione n. 452/E del 27/11/2008, l’amministrazione ha preteso la restituzione di 201.531,00 euro, con maggiorazione di sanzioni nella misura del 30%.
A seguito della impugnazione, la
CTP di Milano accoglieva il ricorso del contribuente, compensando le spese, affermando che il
limite della compensazione
orizzontale del credito IVA … è contrario alle norme comunitarie, come statuito dalla Corte di Giustizia UE (causa C – 274/10 del 28/07/2011).
L’Agenzia ha
impugnato la sentenza, suscitando in tal modo la pronuncia qui in commento,
sostenendo la correttezza del proprio operato e
la non applicabilità delle indicazioni
della giurisprudenza comunitaria, poiché
l’oggetto non attiene al tema della detrazione dell’imposta (cui si riferisce la sentenza della Corte di Giustizia),
bensì a quello delle modalità di esercizio della compensazione, facoltà di estinzione del debito volontariamente concessa dall’Erario.
Insiste il contribuente per la conferma della pronuncia di primo grado, sostenendo la correttezza del proprio operato per il già citato orientamento comunitario, per il fatto che la norma che limita le compensazione sarebbe non costituzionale e per l’assenza di una norma che preveda la misura della sanzione per la irregolarità contestata.
Peraltro, si ribadisce che
la eventuale irregolarità delle compensazioni dovrebbe, al più, essere
riferita alla quota parte di “versamenti” relativi a tributi diversi dall’IVA (compensazioni orizzontali) e non anche alla quota relativa alle compensazioni verticali, in cui il credito IVA è stato utilizzato per estinguere un debito del medesimo tributo.
Il
parere dei Giudici Meneghini è
netto nel respingere l’appello dell’Agenzia, fondando le proprie basi sui seguenti punti:
  1. la sentenza appellata è dotata di adeguata motivazione, poiché la Corte di Giustizia ha statuito e ribadito con tre separate sentenze (la 25/10/2011, causa C-78/00; la 10/07/2008, causa C-25/07 e la 28/07/2011, causa C-274/10) che “viola la VI direttiva Cee una norma di uno Stato membro (nel caso di specie: l’art. 34 della L. 388/2000) che non permetta all’impresa un’immediata fruizione, anche tramite compensazione, del totale del suo credito IVA, stabilendo al riguardo un massimale”;
  2. si osserva che recente e non confutata giurisprudenza di merito (cfr. Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, sentenza n. 45/2012) nel riferirsi a quanto statuito dalla Corte di Giustizia Europea, ha ritenuto, di conseguenza, sussistente la violazione di norme comunitarie ed irrilevante il differente parere delle risoluzioni dell’Agenzia delle entrate (risoluzione n. 452/E/2008);
  3. le compensazioni effettuate dal contribuente “IVA su IVA” non possono erodere il limite massimo annuale alla compensazione poiché, come affermato dalla giurisprudenza europea, non sono ammissibili limiti nel recupero dell’imposta;
  4. sottraendo, al totale compensazioni, quelle “verticali” il contribuente risulta non avere effettuato alcuna compensazione oltre soglia e, per conseguenza, non si configura alcuna violazione dell’articolo 34 della L. 388/2000.
La vicenda, dunque, si chiude bene per il contribuente che, all’atto pratico, si è visto confermare la correttezza del proprio
operato che, molto meglio,
poteva essere realizzato anche mediante “sottrazione”, dal totale credito compensabile, della quota parte necessaria per abbattere (a livello interno) i successivi debiti di imposta sul valore aggiunto, mediante l’istituto del riporto.
Proprio tale circostanza, vale a dire la
possibilità di raggiungere il medesimo risultato senza effettuare alcuna violazione, avrebbe dovuto far meditare l’Agenzia sulla inutilità di una tale contestazione che, ad onor del vero, non si fonda nemmeno sulla richiamata risoluzione n. 452/E/2008, che attiene a casi di compensazioni orizzontali.
La norma che introduce il limite massimo di somme compensabili, peraltro,
meriterebbe una interpretazione organica da parte delle Entrate che, ad esempio, non hanno mai ufficialmente chiarito come si debba computare il raggiungimento del tetto massimo, vale a dire considerando le compensazioni di un credito relativo ad un determinato periodo di imposta (genesi), oppure, come sembrerebbe più corretto, alle compensazioni materialmente effettuate in un anno solare (utilizzo).