19 Dicembre 2015

Il rinnovato istituto della sospensione legale della riscossione

di Alessandro Bonuzzi
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L’istituto della sospensione legale della riscossione introdotto dalla L. 228/2012, commi da 537 a 543, ha subito consistenti modifiche in conseguenza dell’entrata in vigore del D.Lgs. 158/2015, con effetto a decorrere dalle istanze presentate dallo scorso 22 ottobre, data di entrata in vigore del decreto delegato.

Si tratta di uno strumento assai utile poiché in grado di bloccare le iniziative dell’Agente della riscossione finalizzate al recupero delle somme iscritte a ruolo.

La procedura si attiva con la presentazione di un’istanza a fronte della notifica dell’atto di riscossione ovvero, anche solo, dell’avviso dell’avvenuto affidamento del ruolo al concessionario. L’istanza:

  1. deve essere presentata entro 60 giorni dalla notifica dell’atto;
  2. può essere trasmessa, alternativamente, in forma cartacea o telematica;
  3. contiene un’autocertificazione con la quale il debitore attesta che l’atto emesso dall’ente creditore – l’Agenzia delle entrate – o la cartella sono interessati:
  • dalla prescrizione o decadenza del relativo credito sotteso;
  • da un provvedimento di sgravio del ruolo;
  • da una sospensione di natura amministrative o giudiziale;
  • dal pagamento del ruolo.

Rispetto alla disciplina antecedente la riforma del D.Lgs. 158, si rilevano due modifiche sostanziali entrambe a sfavore del contribuente.

La prima riguarda il termine utile per presentare la dichiarazione che si riduce da 90 a 60 giorni; tale riduzione risponde alla necessità di adeguare la scadenza con quella per la proposizione del ricorso, sebbene, a ben vedere, l’istanza può essere presentata anche a seguito del ricevimento di atti non impugnabili, come la comunicazione che informa dell’avvenuto affidamento del ruolo all’Agente della riscossione.

In secondo luogo, dai motivi a cui è possibile appellarsi per far valere l’illegittimità dell’atto, è stato espunto quello “generale” che faceva riferimento a “qualsiasi altra causa di non esigibilità”. Ciò al fine di evitare un uso strumentale dell’istituto finalizzato a ottenere un mero effetto dilatorio da parte del debitore.

L’Agente della riscossione, entro i 10 giorni successivi al ricevimento, deve trasmettere l’istanza all’ente creditore per la verifica delle ragioni dichiarate dal contribuente. E qui si innesca un’altra novità di sfavore: l’eliminazione del termine di 60 giorni – sebbene ordinatorio – entro il quale l’ente creditore era tenuto a comunicare l’esito dei controlli effettuati.

La modifica viene giustificata con il mantenimento del vincolo riferito alla durata “complessiva” della procedura secondo cui, in caso di mancata comunicazione da parte dell’ente entro 220 giorni dalla presentazione dell’istanza del contribuente, il ruolo si annulla. Tuttavia, l’effetto dell’annullamento è mitigato dalla previsione, contenuta nel comma 540, che esso non opera in presenza di motivi diversi da quelli precedentemente elencati (alle lettere a, b, c, d) “ovvero nei casi di sospensione giudiziale o amministrativa o di sentenza non definitiva di annullamento del credito”.

In sostanza, in base a un’interpretazione legata al tenore letterale della norma, l’annullamento del ruolo si può verificare solo in presenza di:

  • prescrizione o decadenza del relativo credito sotteso;
  • un provvedimento di sgravio;
  • pagamento.

Da ultimo, si segnala la previsione del nuovo comma 539-bis inserito nella L. 228/2012 secondo cui la reiterazione dell’istanza non è ammessa. In altri termini, è inammissibile l’istanza relativa a un atto già oggetto di un’istanza precedente.