5 Luglio 2017

Il recupero dei crediti indebitamente compensati

di EVOLUTION
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L’attività di verifica dei crediti indebitamente utilizzati è finalizzata al recupero delle somme non spettanti – in quanto carenti dei presupposti di legge ovvero utilizzate in misura superiore a quella dovuta – utilizzate dai contribuenti in compensazione delle imposte dovute.
Al fine di approfondire i diversi aspetti della materia, è stata pubblicata in Dottryna, nella sezione “Accertamento”, una apposita Scheda di studio.
Il presente contributo analizza le caratteristiche degli avvisi di recupero dei crediti d’imposta.

Nel caso siano riscontrate violazioni nell’utilizzo dei crediti d’imposta, l’Amministrazione finanziaria procede al recupero di quanto indebitamente utilizzato attraverso un apposito atto (cd. avviso di recupero dei crediti d’imposta).

In passato, l’Amministrazione finanziaria, con il provvedimento del Direttore del 24 gennaio 2003 e la circolare AdE 35/E/2003, ha fornito delle specifiche linee guida per il recupero dei crediti indebitamente compensati. Sebbene in tali documenti di prassi venisse fatto particolare riferimento a due specifiche norme agevolative (trattasi dei crediti riconosciuti per l’incremento dell’occupazione e di quelli spettanti per gli investimenti effettuati in aree svantaggiate), le indicazioni ivi contenute risultavano comunque applicabili a tutti i casi nei quali veniva constatato un indebito utilizzo di crediti, prevedendo, al termine dell’attività di verifica, l’emissione “di un apposito atto di recupero, contenente l’invito a versare le somme complessivamente dovute (credito indebitamente utilizzato, interessi e sanzioni) entro sessanta giorni dalla data di notifica” e rendendo noto altresì che, qualora il contribuente non avesse ottemperato all’invito, l’ufficio avrebbe provveduto alla “iscrizione a ruolo a titolo definitivo”.

In seguito, con le disposizioni di cui all’articolo 1 della L. 311/2004 (commi da 421 a 423), il Legislatore ha di fatto ripreso la linea guida tracciata dall’Agenzia delle Entrate, stabilendo che con l’atto di “recupero del credito” l’Amministrazione finanziaria procede alla “riscossione dei crediti indebitamente utilizzati, in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 241/1997”.

Il Legislatore ha poi previsto che:

  • rimangono ferme “le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del D.P.R. 600/1973, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del D.P.R. 633/1972” in materia di accertamenti e controlli (comma 421);
  • l’avviso debba essere “motivato [e notificato] al contribuente con le modalità previste dall’articolo 60 del D.P.R. 600/1973” (comma 421);
  • il termine per il versamento non debba essere inferiore a 60 giorni dalla notifica dell’atto (comma 422);
  • in caso di mancato pagamento debba essere fatto riferimento alle ordinarie modalità di riscossione coattiva di cui al D.P.R. 602/1973 (comma 422).

Natura dell’atto di recupero dei crediti

Gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta manifestano una volontà impositiva dell’ufficio e assumono, pertanto, natura sostanzialmente accertativa.

Tale circostanza è stata peraltro riconosciuta dalla giurisprudenza in diverse occasioni (si vedano, a titolo esemplificativo, Cassazione. 22.3.2011 n. 6582 e 3.11.2010 n. 22322; Cassazione. 9.6.2010 n. 138585; C.T.P Palermo 26.5.2005 n. 917), nonché confermata (seppur indirettamente) anche dall’Agenzia delle Entrate la quale, nella circolare 4/E/2010, ha precisato come gli avvisi in parola possano essere posti alla base della richiesta di misure cautelari ex articolo 22 del D.Lgs. 472/1997 stante la loro “natura giuridica [di] atti autoritativi impositivi [recanti] una pretesa tributaria ormai definita, compiuta e non condizionata”.

Per quanto sopra, dunque, qualora l’ufficio al termine della propria attività di verifica negasse la fruizione del credito d’imposta, il contribuente potrebbe proporre ricorso, essendo, tra l’altro, l’avviso di recupero il primo atto impositivo notificatogli.

Da quanto sopra evidenziato discende, quindi, che:

  • gli atti in parola possono essere oggetto di ricorso giurisdizionale da presentarsi entro il consueto termine di legge;
  • il sindacato giudiziale può concernere ogni motivo sollevato tempestivamente nel ricorso.

Contenuto dell’atto

L’atto di recupero crediti si suddivide in due distinti prospetti (“A” e “B”) nei quali devono essere riportate:

  • le motivazioni che hanno indotto l’ufficio alla contestazione dell’indebito utilizzo del credito di imposta oggetto del controllo (prospetto “A”);
  • i dati analitici delle singole poste oggetto di recupero, le modalità di compensazione utilizzate e il relativo codice tributo interessato da ogni compensazione al fine di individuare univocamente il credito utilizzato (prospetto “A”);
  • l’importo totale dovuto che deve essere versato entro 60 giorni dalla data di notifica dell’atto, comprensivo del valore del credito recuperato, degli interessi e delle sanzioni connesse alle singole violazioni accertate (prospetto “B”).

Oltre alle motivazioni sopra evidenziate, l’atto di recupero dovrà contenere le ordinarie indicazioni previste per gli atti emessi dall’Amministrazione finanziaria in ordine a:

  • il pagamento delle somme dovute;
  • le modalità di presentazione del reclamo/mediazione e del ricorso;
  • la possibilità di chiedere il riesame;
  • le modalità di riscossione.
Nella Scheda di studio pubblicata su Dottryna sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti:

La gestione dei controlli fiscali