18 Febbraio 2015

Il fermo amministrativo: e chi l’ha visto mai?

di Massimo Conigliaro
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L’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 sul contenzioso è chiaro: il fermo di beni mobili registrati costituisce atto impugnabile. E numerosi sono in giudizi innanzi le commissioni tributarie che riguardano tali provvedimenti. Con una particolarità: che il documento che “certifica” il fermo amministrativo dell’autoveicolo non lo ha mai visto nessuno! Quanto meno al momento dell’iscrizione.

E’ noto infatti che l’Amministrazione finanziaria – in uno slancio di “
compliance” – aveva istituito un atto non previsto, all’epoca, da alcuna norma di legge, ovvero sia il “
preavviso di fermo”. Tale atto è stato poi codificato dall’art. 86 del D.P.R. n. 602/1973 con la novella introdotta nel 2013. Con questa comunicazione – da notificarsi al debitore – Equitalia informa che vi sono delle somme
iscritte a ruolo che non risultano pagate, che sono state richieste con una determinata cartella di pagamento, ed avvisa che nel caso di mancato pagamento nel termine di
trenta giorni procederà ad iscrivere il fermo su un bene mobile registrato di nostra proprietà (auto, moto, ecc.) del quale indica anche tipo e targa. E fin qui, nulla di strano.
L’art. 86 precisa altresì che non è prevista
alcuna ulteriore comunicazione, con ciò modificando la precedente norma che stabiliva il successivo obbligo di informazione al debitore.
Accade nella prassi che il contribuente, che ritenga di non dover pagare la somma e che non riesca ad ottenere l’annullamento in autotutela della pretesa, si attrezzi per proporre
ricorso in Commissione Tributaria. Ma quale atto impugna? Nei fatti, il più delle volte, il “preavviso”; ciò nella consapevolezza che in caso di mancato pagamento nel termine concesso – come riportato nell’atto – sarà
effettivamente iscritto il fermo sul bene mobile. In realtà, non è detto che l’iscrizione avvenga nel termine intimato: molto spesso passano anche
alcuni mesi prima che il fermo venga annotato nei pubblici registri automobilistici. Ed in questo modo si impugna un
provvedimento amministrativo in divenire, ancora
in fieri! Qualcuno in passato ha ipotizzato che il fermo – di cui si viene a conoscenza con la comunicazione denominata “preavviso” – possa essere impugnato dopo venti giorni (oggi divenuti trenta), così da avere una certezza (che in effetti è mera probabilità) che l’atto, nelle more, si sia “
trasformato” in fermo vero e proprio. La questione, però, così non regge.
Nell’ottica della
tutela giurisdizionale, sembra evidente che, se la norma parla di fermo amministrativo, l’atto impugnabile sia quello relativo al provvedimento iscritto nei registri mobiliari e
non certo il preavviso, che potrebbe non trasformarsi mai in fermo.
Si potrebbe ipotizzare, allora, che sulla scorta della comunicazione inviata dall’Agente per la Riscossione, il fermo si perfezioni ai sensi dell’art. 86 del D.P.R. n. 602/1973, una volta
trascorsi trenta giorni dalla data di ricezione dell’atto e, per l’effetto, il ricorso possa essere presentato entro i successivi sessanta giorni, arrivando così ad un
irrituale termine per impugnare di novanta giorni dalla data di ricezione del preavviso. Ciò per aggirare l’eventuale contestazione che l’immediata impugnazione del preavviso (entro trenta giorni dalla notifica) porti ad eccezioni di improcedibilità del ricorso.
Soluzione che pare condivisibile.
Qualche Commissione Tributaria in passato, attenendosi con rigore alla lettera della norma, ha ritenuto il
preavviso di fermo atto non impugnabile in quanto non previsto dall’art. 19 del D. Lgs. n. 546/1992 e, comunque, perché seguito poi dal fermo vero e proprio: soluzione probabilmente corretta in diritto, ma che – in pratica – non risolve il problema per il contribuente, al quale non viene successivamente fatta alcuna comunicazione, con ciò frustrandone le possibilità di tutela.
Una sentenza della
Commissione Tributaria Provinciale di Roma (Sezione LIX, n. 192 del 13.06.2007), prendendo spunto da una nota dell’Agenzia delle entrate (n. 57413 del 09.04.2003)
, ha qualificato il preavviso di fermo amministrativo quale
provvedimento a formazione progressiva con efficacia differita non ritenendo
necessaria una “consolidazione” dell’atto di preavviso al trascorrere dei venti giorni (poi divenuti trenta)
concessi per l’eventuale pagamento ai fini della sua impugnabilità dinanzi al Giudice tributario … senza poi trascurare che la iscrizione al P.R.A. non ha efficacia costitutiva, ma la mera finalità di rendere pubblico il provvedimento di fermo.
L’Agenzia delle entrate con la
Risoluzione n. 181/E/2005 ha precisato che il preavviso assume, in caso di inadempimento del debitore, il valore di comunicazione di iscrizione del fermo, a decorrere dal ventesimo giorno successivo alla data della stessa.
In conclusione, per ragioni di praticità e di
esigenze immediate di tutela giurisdizionale, il contribuente oggi impugna un atto, il preavviso, qualificandolo il più delle volte come “fermo”, identificandolo con un numero (quello del preavviso) che non è quello dell’atto amministrativo di cui si chiede l’annullamento (il fermo). Il tutto
senza avere mai visto – né a questo punto prodotto in giudizio – l’atto impugnato!
E magari alla fine, in caso di vittoria, ne ottiene pure
l’annullamento
Con buona pace della certezza del diritto e delle più elementari regole giuridiche.
 
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