11 Dicembre 2014

Il deposito di merci non fa stabile organizzazione di impresa estera

di Fabio Landuzzi
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La Corte di Cassazione, sez. penale, con la sentenza n. 40327/2014 ha affermato che non è desumibile la sussistenza di una stabile organizzazione nel territorio italiano di una società estera quando siano rinvenibili solo indici del tutto non significativi. In modo particolare, nel caso di specie, era stato constatato che l’impresa estera disponeva in Italia di una attività di stoccaggio di prodotti (capi di abbigliamento) presso una propria impresa controllata italiana; i prodotti venivano poi spediti da questo centro di stoccaggio ai clienti intermedi.

Nel contempo, non erano state riscontrate situazioni in cui venissero assunte in Italia, direttamente da personale dell’impresa italiana, delle decisioni imprenditoriali relative a queste attività, in quanto di tali decisioni si occupava direttamente l’impresa estera demandando alla propria controllata italiana la sola fase esecutiva.

La Cassazione, nell’ambito di questo procedimento penale, ha quindi annullato la sentenza di secondo grado con la quale era stata invece ravvisata l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia da parte dell’impresa estera nel presupposto – poi disatteso dalla Suprema Corte – che questa avesse in territorio italiano una propria stabile organizzazione. E’ stato infatti riscontrato che la società italiana non aveva alcuna possibilità di determinare in modo autonomo né la tipologia e né la quantità della merce da produrre, e tantomeno aveva autonomia in merito alla accettazione degli ordini dai clienti; inoltre, anche la gestione dell’eventuale contenzioso commerciale con i clienti, avuto riguardo a presunti difetti di qualità dei prodotti, era di esclusiva competenza dell’impresa estera.

Nell’ambito della istruttoria compiuta non erano emersi elementi tali da fare intravvedere che la società italiana non fosse altro che un semplice incaricato a svolgere attività di mera esecuzione delle direttive imprenditoriali decise dalla società estera. Non era emersa, per l’attività svolta, quella “ampia e tendenzialmente generalizzata autonomia gestionale, decisoria e di programmazione” che farebbe presupporre l’esistenza nel territorio italiano di una stabile organizzazione dell’impresa estera.

Con altra sentenza (n. 17299/2014) la Cassazione aveva invece intravisto la sussistenza di una stabile organizzazione in Italia di un’impresa estera, nella fattispecie in cui venivano svolte nel territorio italiano la gestione amministrativa e la programmazione di tutti gli atti necessari per il raggiungimento dello scopo sociale, rilevando come in tale situazione non risultasse affatto determinante il luogo di adempimento degli obblighi contrattuali e quello di espletamento dei servizi.

Le sentenze in commento mettono in risalto la particolare delicatezza del tema in modo particolare nei casi in cui il modello di business dell’impresa multinazionale preveda nel mercato italiano l’esistenza di società controllate a cui sono affidati ruoli di supporto operativo alla attività principale direttamente compiuta dall’impresa non residente. Le verifiche dell’Amministrazione sono infatti incentrate sulla constatazione, basata su elementi fattuali e quindi concreti, della effettiva corrispondenza fra le funzioni svolte dall’impresa italiana mediante le proprie risorse ed il proprio personale e le funzioni contrattualmente previste; ciò, al fine di verificare l’esistenza di eventuali eccedenze di funzioni realmente esercitate rispetto a quanto previsto negli accordi contrattuali e quindi, se del caso, contestare l’esistenza di una stabile organizzazione occulta dell’impresa estera, personale od anche materiale.