16 Giugno 2015

Il criterio di cassa nelle cessioni di beni strumentali alla professione

di Alessandro Bonuzzi
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Nella determinazione del reddito di un professionista l’applicazione rigorosa del principio di cassa può generare complicazioni in termini pratici quando, a fronte della cessione di un bene strumentale all’attività, l’incasso del relativo corrispettivo avvenga, ad esempio, in un periodo d’imposta successivo oppure in modo frazionato. In questi casi, infatti, occorre tenere presente che la conseguente plusvalenza o minusvalenza diventa rilevante sotto il profilo fiscale al momento dell’incasso del corrispettivo e in proporzione all’ammontare dello stesso.

È noto che ai sensi dell’art.54 del Tuir il reddito di lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra due valori ben definiti:

  • l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde;
  • l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione.

Dall’utilizzo, da parte della norma, dei termini “compensi percepiti” e “spese sostenute” si evince che la determinazione del reddito de quo avviene, diversamente da quanto accade per il reddito d’impresa, utilizzando il criterio di cassa. A riguardo l’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n.30/E/2006 ha chiarito che l’art.54 sancisce “l’applicazione del criterio di cassa come il principio generalmente applicabile nella determinazione del reddito di lavoro autonomo, che può esser derogato solo nei casi espressamente previsti dai successivi commi della medesima disposizione”.

In tal senso, la norma prevede alcune deroghe specifiche al criterio di cassa nei seguenti casi:

  • per i beni strumentali, i quali sono deducibili secondo quote di ammortamento calcolate in base alle aliquote fiscali fissate dal D.M. 31 dicembre 1988;
  • per i canoni di locazione finanziaria, deducibili nell’anno di maturazione nel rispetto di determinati parametri collegati sempre alla lunghezza dell’ammortamento fiscale di cui al D.M. 31 dicembre 1988;
  • per il trattamento di fine rapporto dei dipendenti, deducibile per quote in base alla relativa maturazione;
  • per le spese di natura non incrementativa di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione di beni immobili, per le quali opera un criterio “misto” secondo cui esse sono deducibili – per cassa – nel limite del 5 per cento del costo complessivo dei beni ammortizzabili esistenti all’inizio del periodo d’imposta e per l’eccedenza in quote costanti nel successivi 5 anni.

Con specifico riferimento ai beni strumentali all’esercizio dell’attività professionale, il comma 1-bis dell’art.54 stabilisce che sono fiscalmente rilevanti le plusvalenze e minusvalenze realizzate alternativamente:

  • mediante la relativa cessione a titolo oneroso;
  • mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, conseguito per la perdita o il danneggiamento dei beni medesimi;
  • limitatamente alle plusvalenze, mediante la relativa destinazione al consumo personale o familiare dell’esercente l’arte o la professione o a finalità estranee all’arte o professione.

In caso di cessione a titolo oneroso, il plus o minus valore imponibile o deducibile emergente è calcolato come differenza tra il corrispettivo percepito e il costo non ammortizzato e rileva nel periodo d’imposta in cui avviene l’incasso, indipendentemente dall’effettiva disponibilità del bene. Pertanto, nell’ipotesi in cui il lavoratore autonomo abbia consegnato all’acquirente il bene nel corso del 2013 ma abbia incassato il relativo corrispettivo solo nel 2014, il componente di reddito emergente dall’operazione concorre a formare il reddito professionale del 2014 e deve, quindi, essere indicato nel modello Unico 2015.

Se poi il pagamento viene frazionato in più periodi d’imposta anche la plus o la minusvalenza conseguente deve essere imputata – in proporzione – nei diversi anni in cui si perfeziona l’incasso; in questo caso infatti il costo non ammortizzato del bene va contrapposto alla somma percepita nell’anno in proporzione al peso che quest’ultima ha rispetto al valore del corrispettivo complessivo.

Peraltro, il pagamento frazionato rappresenta l’unica via per ottenere una diluizione della tassazione della plusvalenza giacché, a parere dell’Agenzia delle Entrate, non vi è la possibilità per il professionista di rateizzare in più esercizi il plusvalore realizzato, come invece è previsto dall’art.86, comma 4, Tuir in materia di reddito d’impresa. In tal senso, l’Ufficio nella circolare n.28/E/2006, punto 38, ha chiarito che “in applicazione del criterio di imputazione temporale dei redditi di lavoro autonomo fondato sul principio di cassa ed in mancanza di un espresso riferimento normativo, non vi sia la possibilità per il professionista di rateizzare in più esercizi la plusvalenza realizzata, come previsto, invece, dall’art. 86, comma 4, del Tuir”.