1 Ottobre 2013

Il credito rivive anche con la cartella esattoriale

di Giovanni Valcarenghi
Scarica in PDF

 

L’Agenzia delle entrate ha di recente stabilito che la omissione della presentazione della dichiarazione annuale dalla quale emerge un credito (si pensi al caso dell’IVA) non determina, automaticamente, il venir meno della possibilità di utilizzare l’eccedenza nel periodo successivo. Infatti, a fronte della emissione del preavviso di irregolarità che rettifica il modello del successivo anno, il contribuente ha la possibilità di indicare la presenza del credito (documentandolo con la esibizione dei registri e dei documenti di supporto) che verrà compensata con il tributo richiesto; resta ferma la debenza di sanzioni ed interessi. Questo il contenuto della recente circolare n.21/E del 25 giugno scorso.

Sta però accadendo, a livello periferico, che taluni uffici non applichino in maniera adeguata il principio stabilito dal documento di prassi; ciò accade, in particolar modo, quando il contribuente venga raggiunto da una cartella esattoriale che, evidentemente, segue un avviso bonario cui non si sia dato seguito, per le più svariate motivazioni.

Risulta, infatti, che i funzionari dell’Agenzia si oppongano alla applicazione della prassi contenuta nella circolare 21/E sulla scorta della motivazione che la medesima si riferisce specificamente all’avviso bonario e, per conseguenza, non può essere applicata nel caso di cartella esattoriale. Non sembra che tale posizione sia condivisibile, per una serie di motivazioni che si espongono a seguire.

In primo luogo, il cuore del problema deve essere individuato nel fatto che il contribuente ha diritto allo scomputo del credito non per gentile concessione del fisco, ma per il semplice fatto che il medesimo promana dalle liquidazioni periodiche e/o annuali, talvolta in modo fortemente documentale, come nel caso dell’IVA sopra richiamato. Negare l’esistenza del credito significa, in pratica, determinare un indebito arricchimento dell’Erario.

In secondo luogo, se si condivide la precedente affermazione, non si vede il motivo per cui debbano corrispondere differenti comportamenti in ragione dello stadio del procedimento di riscossione dei tributi e/o delle sanzioni; infatti, la cartella esattoriale (ed il ruolo che la precede) non rappresenta altro che la naturale evoluzione della decisione (o della impossibilità) del contribuente di profittare della riduzione delle sanzioni che la legge gli accorda. Si torna, allora, al punto di partenza: se il credito effettivamente esiste (e l’Amministrazione conserva immutati i propri poteri di accertamento di tale circostanza), non si vede quale sia la motivazione in forza della quale non si debba riconoscere.

In terzo luogo, vanno anche analizzate le precedenti posizioni della stessa Amministrazione; infatti, nella circolare 34/E/2012, la stessa Agenzia, prima della recente apertura, sosteneva che il riconoscimento del credito non potesse avvenire in sede di avviso bonario, dovendosi al più rinviare la possibile compensazione “del tributo” nella successiva fase della mediazione tributaria. In tale momento, peraltro, il contribuente poteva beneficiare della riduzione delle sanzioni al 40%, quindi pagando il 12% anziché il 30% portato dalla cartella. Ci riferiamo alla cartella in quanto la mediazione risultava possibile solo dopo avere ricevuto tale documento.

Non si comprende, pertanto, il motivo per cui non si possa, ora, applicare il medesimo trattamento al contribuente naturalmente raggiunto da tale cartella esattoriale, semplicemente sulla base del fatto che la circolare 21/E/2013 si riferisce esclusivamente all’avviso bonario.

Tale indicazione, evidentemente, ha semplicemente lo scopo, a parere di chi scrive, di svolgere il ragionamento in relazione alla modalità di definizione più conveniente per il contribuente che, attivandosi per tempo, si assicura la riduzione massima delle sanzioni. Se, diversamente, lo stesso agisse in un momento successivo, sarebbe peggio per lui, nel senso che, previa presentazione di apposita istanza di autotutela, potrà ottenere, al più, lo sgravio del tributo (gli interessi, infatti, resterebbero dovuti nell’ottica dell’Agenzia).

Mancando reali motivazioni per un diniego alla richiesta di cui sopra, non ci resta che augurarci che gli uffici periferici dell’Agenzia vogliano accogliere questa chiave di lettura che, vale bene la pena di ricordarlo, non risulta indenne per il contribuente; da un lato, infatti, lo stesso può usufruire del credito derivante da dichiarazione omessa ma, per altro verso, il comportamento omissivo viene punito con sanzioni ed interessi. Giungere a queste conclusioni significa applicare un rapporto sereno tra amministrazione e contribuente.