14 Maggio 2014

I pregiudizi sul trust

di Ennio VialSergio Pellegrino
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Il trust è un istituto che ha visto un percorso di affermazione in Italia particolarmente accidentato, in quanto molte sono state le resistenze incontrate sotto diversi profili. Oggi giorno la sua diffusione presenta sicuramente una significatività, ma l’istituto risulta ancora di nicchia.

Questo aspetto, peraltro, non è visto con sfavore dagli operatori (seri) del settore: una diffusione di massa porterebbe inevitabilmente ad uno svilimento in quanto operatori senza scrupoli creerebbero atti di trust col ciclostile senza quell’adeguata personalizzazione.

Ciò che veramente fa sorridere sono tutti quei pregiudizi che circondano ancora l’istituto e che, senza pretesa di esaustività, cercheremo di sintetizzare in questo veloce intervento.

Non è possibile istituire un trust in Italia

La Convenzione de l’Aja del 1985 permetteva il riconoscimento in Italia di trust esteri ma non garantiva l’istituzione di trust italiani. La questione è ampiamente superata in quanto dopo le prime ritrosie il trust ha avuto pieno accoglimento nel nostro sistema.

Il trust è utilizzato dagli evasori

A volte è vero ma le conseguenze sono molto gravi; basti ricordare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Fare un trust per sfuggire al fisco è una delle azioni più sconsiderate, proprio per le conseguenze che porta e non solo per l’interessato, ma anche per i professionisti che lo hanno assistito.

I trust servono per pagare meno imposte

Anche questa è una falsa credenza. Vi sono dei casi in cui la fiscalità del trust è peggiorativa rispetto a quella che si avrebbe detenendo il patrimonio come persona fisica.

Ad ogni modo, quand’anche emergessero dei profili di interesse come nel caso dei dividendi, si tratta di una circostanza ben conosciuta dall’Amministrazione finanziaria; la stessa Cassazione ha avuto modo di precisare come il regime agevolato non possa portare a contestazioni di abuso del diritto se il trust ha le sue valide motivazioni che vanno al di là del profilo meramente fiscale.

I trust ti attirano i verificatori a casa

L’esperienza concreta non porta a queste conclusioni. Il trust non è e non deve assolutamente essere concepito come uno strumento per sottrarsi agli adempimenti fiscali.

 

Se fai un trust la banca non ti dà più credito

La valutazione del rapporto con la banca è una questione particolarmente delicata. Gli strumenti segregativi sono in genere mal visti dal mondo bancario in quanto limitano il patrimonio personale aggredibile.

Queste considerazioni valgono senza dubbio per il fondo patrimoniale (a meno di considerare la casistica del mutuo prima casa) mentre devono essere limate per il trust in quanto ogni situazione va valutata caso per caso.

Il trust potrebbe addirittura rappresentare lo strumento idoneo a garantire la banca della solvenza del debitore.

Il trust serve solo per grandi patrimoni

Anche questo è un pregiudizio privo di fondamento. Ci sono tanti tipi di trust e la differenziazione dipende anche dal patrimonio.

Se possiedo un solo appartamento, è evidente che si tratta di un patrimonio importante in quanto non possiedo niente altro. A parte gli scherzi, potrei trovare un trustee di fiducia che assume in modo serio il ruolo per un legame personale di stima e riconoscenza che decide di non chiedere un compenso per la sua attività. In questo modo i costi del veicolo si riducono al minimo ed possibile gestire anche un patrimonio contenuto.

Ci sono strumenti equivalenti al trust

Non è vero. Anche perché, vista la natura residuale dell’istituto, l’esistenza di un istituto equivalente nel nostro ordinamento porterebbe a dare la preferenza a quest’ultimo.

Molte sono le finalità che possono essere perseguite esclusivamente attraverso un trust.