15 Aprile 2015

Gli enti su base associativa e le prestazioni di servizi agli associati

di Guido Martinelli
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La nostra rubrica settimanale continua l’analisi dei requisiti e degli aspetti fiscali dei proventi conseguiti dagli enti non commerciali: dopo l’organizzazione di lotterie, tombole e pesche di beneficienza si esaminano oggi le prestazioni di servizi agli associati.


 

All’interno della categoria degli enti non commerciali il legislatore ha destinato una particolare disciplina ai cosiddetti “enti di tipo associativo“, mediante le disposizioni contenute nell’art. 148 del Tuir.

Infatti, “per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti di iscritti, associati o partecipanti … nonché le cessioni a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati” (art. 148, comma 3, del Tuir). L’agevolazione si estende inoltre agli iscritti o associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale.

Le associazioni che intendono accedere ai benefici fiscali devono necessariamente inserire nei propri statuti le clausole di cui al comma 8 dell’art. 148 del Tuir. E’ importante rilevare che la ratio di queste disposizioni è quella di garantire l’effettiva non lucratività dell’associazione, di tutelarne la democraticità, di assicurare una maggiore trasparenza gestionale e, dunque, di evitare fenomeni di elusione fiscale (cfr: Circolare n. 124/E/1998 del Ministero delle finanze).

L’atto costitutivo o lo statuto dell’associazione dovranno pertanto necessariamente contenere i seguenti principi:

  1. i requisiti dell’assenza di finalità lucrative ovvero:
  • l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualsiasi causa, ad un’altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità;
  • il divieto di distribuire anche in modo indiretto utili o avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la distribuzione o la destinazione non siano imposte dalla legge.
  1. i requisiti necessari a verificare l’effettiva esistenza di un rapporto associativo ovvero:
  • una disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente ogni limitazione in funzione della temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati maggiorenni il diritto di voto per l’approvazione e le modifiche dello statuto e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;
  • eleggibilità libera degli organi amministrativi;
  • intrasmissibilità della quota o contributo associativo.
  1. obbligatorietà della rendicontazione economico-finanziaria ovvero:
  • obbligo di redigere e approvare annualmente un rendiconto economico-finanziario secondo le disposizioni statutarie, dove rilevino tutte le voci di entrata, di spesa, gli impegni assunti e ancora non pagati, i crediti non riscossi e la consistenza del patrimonio. A questo proposito il Ministero delle finanze con circolare n. 124/E/1998 ha precisato che la documentazione, anche non fiscale, di supporto al rendiconto annuale deve essere conservata con le modalità previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. È importante sottolineare, inoltre, che la disposizione in commento richiede non soltanto la redazione ma anche l’approvazione del rendiconto da parte dell’assemblea dei soci, appositamente convocata.

In sintesi, per poter beneficiare di tale regime agevolativo (di de-commercializzazione dell’attività resa a fronte di corrispettivi specifici) è quindi necessaria la contemporanea presenza di quattro presupposti:

  • l’ente, in primis, deve essere qualificabile come ente non commerciale;
  • l’ente, oltre ad essere inquadrabile tra gli enti non commerciali, deve essere qualificabile tra quelli tassativamente elencati dal comma 3 dell’art. 148 del Tuir (culturali, assistenziali, ecc.). Il Ministero delle finanze, nella circolare 125/E/1998, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale del 19 novembre 1992, n. 467, ha altresì specificato come non sia sufficiente in tal senso la semplice autoqualificazione statutaria da parte dell’ente, ma sia invece “necessaria una valutazione della reale natura dell’ente e dell’attività in concreto esercitata”;
  • i beneficiari delle cessioni di beni e prestazioni di servizi devono essere esclusivamente i propri associati, partecipanti od iscritti. Ciò comporta la conseguenza che le attività rese a soggetti diversi dai precedenti, e specificamente remunerate, rivestono in ogni caso carattere commerciale;
  • l’attività deve essere svolta “in diretta attuazione degli scopi istituzionali”.

Qualora l’associazione ponga in essere un’attività non commerciale, secondo i suesposti parametri normativi, il reddito prodotto assumerà un carattere di “neutralità” fiscale, andando esente ai fini della imposizione diretta.