6 Ottobre 2016

Fusione per incorporazione di società non residente e valori fiscali

di Fabio Landuzzi
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Con la risoluzione n. 69/E del 5 agosto 2016 l’Agenzia delle Entrate ha affrontato un caso interessante proposto mediante un’istanza di interpello da una società residente la quale aveva perfezionato un’operazione di fusione per incorporazione di una società estera, residente nel Lussemburgo, la cui attività era peraltro svolta per mezzo di una propria stabile organizzazione in Lituania e riferita alla detenzione di un immobile concesso in locazione e altre partecipazioni societarie.

La questione generale controversa era riferita alla possibilità o meno di applicare all’operazione così descritta la disciplina di cui all’articolo 166-bis del Tuir in merito al recepimento dei valori dell’attivo e del passivo delle società che trasferiscono la loro sede in Italia, disciplina come noto profondamente innovata dal decreto internazionalizzazione (D.Lgs. 147/2015). Il primo comma della citata norma prescrive infatti che i soggetti esercenti attività d’impresa, inclusi nella lista ex articolo 11, comma 4, D.Lgs. 239/1996 (ovvero, residenti in Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni), che trasferiscono la loro residenza ai fini delle imposte sul reddito nel territorio dello Stato, assumono quale valore fiscale delle attività e passività il valore normale determinato ai sensi dell’articolo 9 del Tuir.

Tre sono i punti sui quali l’Amministrazione ha preso posizione fornendo alcune chiavi di lettura interessanti.

Il primo tema verte sulla sussistenza del presupposto soggettivo di applicazione della norma tenuto conto che la società incorporata, come detto, si limita a una gestione immobiliare e di partecipazioni. L’Agenzia precisa che il requisito dell’esercizio di un’impresa commerciale a cui è subordinato il regime di cui all’articolo 166-bis del Tuir va riferito a tutti i soggetti che sono “titolari di reddito d’impresa secondo l’ordinamento domestico”, perciò a prescindere dall’attività in concreto svolta. Si tratta quindi di una definizione diversa da quella che viene invece assunta ai fini dell’applicazione della participation exemption.

Il secondo tema riguardava proprio l’ingresso nel sistema fiscale italiano delle attività e passività incluse nel patrimonio dell’incorporata non residente. Ebbene, la relazione illustrativa del decreto internazionalizzazione si limita a riferire il campo di applicazione dell’articolo 166-bis al caso di “trasferimento della residenza nel territorio dello Stato” senza alcuna ulteriore precisazione; secondo l’Amministrazione, quindi, il Legislatore ha inteso regolare il trasferimento della residenza fiscale in Italia del soggetto estero sotto un approccio per così dire sostanziale, senza avere riguardo perciò alle modalità con cui il trasferimento avviene. Quindi, anche la circostanza prospettata, ovvero la fusione per incorporazione della società di diritto lussemburghese, integra i presupposti per l’applicazione dell’articolo 166-bis del Tuir.

Il terzo ed ultimo tema si riferiva al valore da attribuire per la presa in carico dei beni dell’incorporata non residente che non risultavano più iscritti nell’attivo patrimoniale in quanto interamente ammortizzati, e per quei beni il cui valore contabile nella situazione patrimoniale dell’incorporata era inferiore al fair value. Anche rispetto a questo tema, l’Amministrazione osserva che rileva sempre il valore normale dei beni dell’incorporata, e quindi anche nella circostanza in cui quest’ultimo fosse inferiore al valore di bilancio.

Infine, il riconoscimento fiscale di tali costi dovrà comunque rispettare i principi generali dell’ordinamento in materia di reddito d’impresa, per cui anche l’inerenza e l’effettività del sostenimento di tali oneri dovranno essere adeguatamente supportati dalla società incorporante residente.

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