23 Giugno 2016

Fusione fra società europee con stabili organizzazioni in Italia

di Fabio Landuzzi
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L’articolo 179, comma 6, del Tuir prevede che si considerano realizzati al valore normale i beni facenti parte dell’azienda che ha formato oggetto di una delle operazioni elencate alle lettere dalla a) alla d) del comma 1 dell’articolo 178, ovverosia fusioni, scissioni, conferimenti di azienda, fra soggetti residenti in Stati membri dell’Unione europea, quando essi non confluiscono nel complesso dei beni appartenenti ad una stabile organizzazione del soggetto estero – ovvero l’avente causa – situata nello Stato italiano. Allo stesso modo, il realizzo al valore normale si verifica quando, successivamente al compimento delle operazioni, i componenti conferiti nella stabile organizzazione italiana sono da essa distolti.

Si può verificare il caso di due società residenti in altri Stati europei, ciascuna delle quali ha una propria stabile organizzazione in Italia. Se tra le due società si realizza una operazione di fusione per incorporazione della prima nella seconda, cosa succede alla stabile organizzazione della incorporata? Ed in modo particolare, la fusione internazionale produce effetti di realizzo dei beni della stabile organizzazione della incorporata secondo il disposto normativo sopra richiamato?

Ricordiamo dapprima che la fusione fra due società residenti in due Stati diversi appartenenti alla UE rientra fra le operazioni indicate alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 178 del Tuir, a cui si applicano le disposizioni del Capo IV del Tuir, al ricorrere delle condizioni ivi elencate.

La lettera d) del comma 1 dell’articolo 178 del Tuir aggiunge poi alle operazioni soggette alla disciplina del Capo IV del Tuir – fra cui rientra, come detto, anche la fusione “intracomunitaria” – proprio il caso della fusione fra soggetti non residenti in Italia aventi stabile organizzazione nel territorio italiano.

Dovranno quindi essere verificate essenzialmente due condizioni:

  • una “formale”, ovverosia la sussistenza dei presupposti soggettivi per accedere alla normativa in questione: residenza nella UE, appartenenza ad una delle categorie di società indicate in apposito allegato del Tuir, assoggettamento nel proprio Stato di residenza ad una delle imposte indicate in apposito allegato del Tuir;
  • una “sostanziale”, ovverosia che si tratti di “fusione” in termini giuridici, e che in presenza di concambio, l’eventuale conguaglio in denaro a favore dei soci della incorporata non superi il 10% del valore nominale della partecipazione ricevuta.

Al ricorrere di queste condizioni, potrà quindi trovare applicazione il principio di neutralità della fusione, come confermato specificamente dall’Amministrazione finanziaria nella risoluzione n. 175/E del 2009.

Quindi, la stabile organizzazione della società estera incorporata confluirà i valori in continuità nel patrimonio nella stabile organizzazione della incorporante.

Lo scioglimento della stabile organizzazione, per effetto della fusione della società estera, non comporterà quindi il realizzo di plusvalenze sui beni se e nella misura in cui i componenti del complesso aziendale della società confluiscono in un’altra stabile organizzazione costituita nel territorio italiano.