20 Settembre 2014

Lo “Sblocca Italia” liberalizza (forse) le locazioni non abitative

di Leonardo Pietrobon
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L’articolo 18
del D.L. n.133/14 (c.d. “
Sblocca Italia”) rappresenta la disposizione normativa con la quale il Legislatore nazionale di fatto
liberalizza (forse) i contatti di locazione di immobili
non a destinazione abitativa, ossia le c.d. locazioni di immobili strumentali, comunemente indicate anche come locazioni commerciali.
La citata disposizione normativa pone in essere tale opera di liberalizzazione introducendo un
nuovo comma all’articolo 79 della L. n.392/78, in base al quale “
in deroga alle disposizioni del comma primo, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 150 mila, è facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge. I contratti di cui al periodo precedente devono essere provati per iscritto”.
Da un punto di vista operativo, la novella normativa
non procede ad una
modifica “mirata” della normativa riguardante la locazione di immobili non abitativi, con una rettifica specifica di una determinata condizione contrattuale, bensì mette nelle
condizioni le parti contrattuali di
derogare ad
ogni disposizione normativa prevista dalla L. n.392/78, che rappresenta l’impianto normativo di riferimento per una corretta gestione dei contratti di locazione.
La modifica normativa rappresenta un’importante novità per il settore delle locazioni ed il settore dell’edilizia in genere, in quanto
permette una ampia autonomia contrattuale delle parti coinvolte. Tale
liberalizzazione, come si legge nel testo normativo,
riguarda tutti contratti di locazione di immobili ad uso non abitativo, ricomprendendo anche quelli relativi alla locazione di strutture alberghiere e di immobili teatrali.
Sulla base di tale considerazione e richiamando
l’articolo 27, L. n.392/78, rientrano nel campo di applicazione della modifica normativa
i contratti relativi agli immobili adibiti alle seguenti attività:
  • industriali, commerciali e artigianali;
  • di lavoro autonomo;
  • alberghiere.
La circostanza che l’articolo 18 D.L. n.133/14 richiami i contratti di locazione “
di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione”, porta a ritenere che
possono essere oggetto di “liberalizzazione” anche le locazioni di
immobili inerenti lo svolgimento delle attività previste
dall’art. 42 L. n.392/78, quali le attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, nonché quelle relative a sede di partito o di sindacati e le attività svolte dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali.
Una delle clausole contrattuali che più interessa alle parti, a fronte di tale novità, è sicuramente costituita dalla
durata del contratto di locazione, di cui al già citato articolo 27 della L. n.392/78. L’interesse a tale aspetto è determinato dalla circostanza che, secondo quanto stabilito dalla citata norma, un contratto di locazione di immobile strumentale
non può avere una durata inferiore ad anni 6, che diventano nove se l’oggetto della locazione è un immobile adibito ad attività alberghiera o teatrale.
Ora, invece, sulla base di quanto stabilito dal D.L. n.133/14,
le parti contrattuali possono
stabilire una durata inferiore, senza incorrere in alcuna violazione dello stesso articolo 27.
Le medesime considerazioni possono essere svolte anche con riferimento a tutte le alte clausole contrattuali, quali ad esempio il
diritto di recesso in capo al conduttore, per il quale possono prevederne il divieto, il
trasferimento del contratto per effetto di un affitto o di una cessione d’azienda, regolamentandone le modalità di esecuzione, sino alla previsione di un divieto espresso. In sostanza, quindi, le parti contrattuali godono di
illimitata autonomia contrattuale.
La stessa norma, tuttavia,
non prevede un’applicazione generalizzata di tale piena autonomia contrattuale. Infatti, viene individuata quale
condizione necessaria ed indispensabile per l’accesso a tale “libertà contrattuale” la circostanza che
il canone annuo, concordato dalle parti,
sia superiore ad € 150.000.
Le premesse normative, come sopra esposto, appaiono ottime, tuttavia, è doveroso ricordare che le disposizioni richiamante si riferiscono ad un
Decreto Legge, al cui
efficacia è stabilita trascorsi 60 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (12 settembre 2014) se lo stesso
non viene convertito in Legge e cioè
entro l’11 novembre 2014.