1 Settembre 2015

Cessione dell’impresa familiare imputabile solo all’imprenditore

di Alessandro Bonuzzi
Scarica in PDF

La plusvalenza derivante dalla cessione dell’impresa familiare è imputabile interamente in capo all’imprenditore, con la conseguenza che risulta fiscalmente irrilevante per i collaboratori familiari. È uno dei chiarimenti dell’interessante risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n.78/E di ieri.

La fattispecie oggetto del provvedimento in commento riguarda le modalità di tassazione ai fini delle imposte sui redditi della plusvalenza derivante dalla cessione dell’unica azienda detenuta da un’impresa familiare. Occorre, peraltro, rilevare che, nel caso analizzato:

  • il titolare aveva costituito l’impresa familiare dopo aver ricevuto l’azienda oggetto di cessione per atto di donazione nel 2012;
  • pertanto, il titolare-donatario ha assunto come valori fiscali dell’azienda quelli riconosciuti in capo al dante causa-donante;
  • l’intenzione del titolare-donatario era di cedere l’azienda nel 2013;
  • l’azienda era posseduta dal dante causa-donante da ben più di 5 anni.

È noto che sotto il profilo fiscale l’impresa familiare ha natura individuale nel senso che è imprenditore esclusivamente il titolare dell’impresa, ancorché la stessa viene di fatto svolta sia dal titolare medesimo che – peraltro in modo continuativo e prevalente – dai suoi collaboratori. Infatti, ai sensi dell’art.5 del Tuir, il reddito dell’impresa familiare è dichiarato nel suo ammontare complessivo dall’imprenditore, il quale può imputare parte del suo reddito – per un ammontare non superiore al 49 per cento – ai familiari in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.

A parere dell’Agenzia, da ciò deriva che la plusvalenza derivante dalla cessione dell’azienda debba essere imputata interamente in capo all’imprenditore dell’impresa familiare, risultando, pertanto, fiscalmente irrilevante per i collaboratori.

Peraltro, a detta dell’Ufficio, tale orientamento sarebbe conforme ad un precedente indirizzo espresso nella circolare n.320/E/1997, secondo cui, in caso di conferimento d’azienda, il titolare dell’impresa familiare deve liquidare ai collaboratori l’incremento patrimoniale senza che per questi l’operazione rivesta rilevanza fiscale. Posto che l’interpretazione fornita “va collocata nello scenario normativo in cui il conferimento d’azienda poteva generare plusvalenze tassabili per il conferente, non può che essere estesa alla plusvalenza generata in caso di cessione d’azienda”, trattandosi in entrambi i casi di operazioni realizzative.

A riguardo occorre poi evidenziare che, in forza del principio di tutela dell’affidamento e della buona fede previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente, l’Agenzia, constatate le obiettive condizioni di incertezza sul tema, ritiene comunque non applicabili le sanzioni nel caso in cui la plusvalenza realizzata dalla cessione sia stata ripartita tra il titolare dell’impresa e i collaboratori familiari.

Nel proseguo la risoluzione fornisce altri due chiarimenti.

Dapprima afferma che la plusvalenza in questione è imponibile – in capo al titolare – a norma del combinato disposto degli artt.58 e 86 del Tuir, volendo, quindi, precisare che la stessa debba essere ricondotta nell’alveo del reddito d’impresa e non, invece, dei redditi diversi, secondo il disposto dell’art.67, comma 1, lett. h-bis), del Tuir medesimo.

Successivamente, analizza la possibilità per l’imprenditore cedente di optare per la tassazione separata ai sensi dell’art.17, comma 1, lett.g), del Tuir. Si ricorda che in base a tale norma gli imprenditori individuali possono optare, in sede di dichiarazione dei redditi, per la tassazione separata delle plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di aziende possedute da più di 5 anni.

Nel caso in esame, posto che il cedente acquista l’azienda in continuità dei valori fiscali, secondo l’Agenzia i 5 anni vanno computati non già con riferimento alla data in cui si è perfezionata la donazione (2012), rilevando – invece – a tal fine anche il periodo in cui l’azienda era possedute dal donante.

Infatti, non costituendo la donazione (nonché la successione mortis causa) un atto realizzativo e quindi “interruttivo” della continuità aziendale ai sensi dell’art.58 del Tuir, essa non può che risultare neutrale anche sotto il profilo del conteggio del periodo di possesso.

Ne deriva che l’imprenditore può tassare la plusvalenza derivante dalla cessione dell’unica azienda optando

  • per la tassazione ordinaria in un unico esercizio, atteso che la perdita dello status di imprenditore non consente la rateizzazione della stessa (ex art.84, comma 4, Tuir), oppure
  • per la tassazione separata.