23 Ottobre 2014

Accertamento induttivo e reati tributari

di Luigi Ferrajoli
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Con la recente sentenza n. 37335, depositata in data 09.9.2014, la Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, è nuovamente intervenuta in ordine alle differenze esistenti tra
l’onere della prova in ambito penale e in quello tributario.
È una questione di
grande rilevanza in quanto, a livello giuridico processuale, consente di esaminare e riflettere ancora una volta sulle diversità dei due ambiti nel nostro sistema giuridico e le rispettive peculiarità.
In particolare, oggetto di trattazione è il
valore probatorio dell’accertamento induttivo in sede di processo penale
Nel caso di specie, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi a seguito di ricorso proposto da un imputato ritenuto colpevole del reato di cui
all’art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000, il quale, nella sua qualità di legale rappresentante di Società a responsabilità limitata, aveva omesso di presentare la dichiarazione Annuale Iva relativamente all’anno 2005, con contestata
evasione di imposta per oltre € 700.000,00.
La Corte di Appello aveva confermato la sentenza di primo grado, evidenziando che
l’accertamento induttivo effettuato dagli uffici finanziari, effettuato sulla base della dichiarazione relativa all’anno 2004, era attendibile in quanto determinato sulla base della dichiarazione annuale dei redditi e del bilancio di esercizio, conforme alle
stime di settore e non smentito da documentazione che l’imputato avrebbe potuto e dovuto produrre.
La Cassazione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, ha innanzitutto ribadito il pacifico principio per cui le
presunzioni legali o i criteri ritenuti validi in
ambito tributario non possono trovare cittadinanza nel sistema penale, caratterizzato invece dall’onere, per la pubblica accusa, di
provare la sussistenza del reato, con riferimento a tutti gli elementi costitutivi di esso.
Richiamando propria precedente giurisprudenza sul punto, la Corte ha sottolineato che, con riferimento alla fattispecie di cui al richiamato art. 5 e all’eventuale superamento della
soglia di punibilità, spetta esclusivamente al Giudice penale
accertare e determinare l’ammontare dell’imposta evasa.
Nel fare ciò, il Giudice penale potrà ”
sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario“.
Pertanto, evidenzia la Cassazione, riportandosi a precedenti pronunce di legittimità della medesima Sezione, pur potendo il
Giudice penale prendere in considerazione l’accertamento induttivo dell’imponibile per stabilire se vi sia stata evasione e se le soglie previste dalla
fattispecie incriminatrice siano state superate, il medesimo non dovrà fare mero affidamento ad essi ma avrà il compito di
valutare autonomamente gli elementi ivi contenuti e confrontarli con le altre risultanze eventualmente acquisite.
Principio consolidato è che l’organo giudicante, dunque, lungi dal riportarsi
apoditticamente ad uno o più dati contenuti nell’accertamento induttivo, dovrà operare una valutazione globale con specifica valutazione di tutti gli estremi portati alla sua attenzione.
Questo al fine di chiarire I passaggi della
motivazione adottata a sostegno del proprio provvedimento, in modo da consentire la verifica della
coerenza logica sottesa alla pronuncia.
Nel caso di specie, riportandosi ai principi sopra richiamati, la Corte di Cassazione ha dunque osservato che il Giudice di secondo grado si è limitato ad operare una
valutazione apodittica
dell’accertamento, omettendo dunque di verificare concretamente ed autonomamente gli elementi nel medesimo indicati e di comparare gli stessi a quanto
aliunde emerso nel corso del processo.    
Nel fare ciò, la Corte di Appello ha pertanto ”
erroneamente presupposto una sorta di inversione dell’onere della prova, ammissibile in ambito tributario ma non in quello penale, nel quale spetta all’accusa l’onere di provare l’elemento costitutivo del reato rappresentato dal superamento delle soglie“, omettendo altresì di valutare le eccezioni e gli elementi a difesa versati in atti.
Nel caso di specie, i Giudici di secondo grado avevano omesso di considerare e valutare il ricorso presentato dalla curatela fallimentare al Giudice Tributario,
a contrasto dell’accertamento induttivo
de quo, nonché il fatto che, come rilevato dalla difesa, la contestata omissione si sarebbe verificata in una condizione fallimentare della società contribuente e che sarebbe stata ricostruita solo sulla base di
formalistiche presunzioni.