16 Giugno 2017

Fiducia del Senato sul decreto correttivo: modifiche all’ACE cristallizzate

di Fabio Garrini
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Nella giornata di ieri il Senato ha votato la fiducia sul Ddl di conversione del D.L. 50/2017 (cd. Manovra correttiva). Tra le novità di più imminente impatto operativo si annoverano quelle sulla disciplina dell’ACE giacché destinate a influenzare il calcolo dell’acconto Ires 2017.

Le regole dell’incentivo alla capitalizzazione sono state ripetutamente modificate: dopo gli interventi apportati dalla L. 232/2016 (riduzione dei rendimenti nozionali a partire dal 2017), l’articolo 7 della Manovra correttiva interviene nuovamente, dapprima con una riduzione della base agevolabile, intervento ora sostituto da una ulteriore riduzione del rendimento nozionale, avente effetto sull’acconto la cui prima rata è in scadenza nei prossimi giorni.

La compressione dell’ACE

L’ACE, introdotta dall’articolo 1 del D.L. 201/2011, è una disposizione che ha lo scopo di incentivare la capitalizzazione delle imprese tramite la detassazione di una quota di reddito pari all’incremento netto di patrimonio nella proporzione di un determinato rendimento nozionale (ad esempio, se gli incrementi di patrimonio validi per il 2016 sono complessivamente di 100.000 euro, poiché il rendimento nozionale per tale anno è pari al 4,75%, si avrà 4.750 euro di reddito detassato).

L’ultima legge di Bilancio (L. 232/2016) ha introdotto numerose modifiche alla disciplina ACE, tra le quali constano, in particolare, la modifica della determinazione della base ACE per i soggetti Irpef (con una regola che ora diviene simile, ma non identica, a quella prevista per le società di capitali) applicabile già dal 2016, oltre a una riduzione del rendimento nozionale che nel 2017 diviene il 2,3%.

È proprio quest’ultima modifica che ha innescato la sequenza delle complicazioni nel ricalcolo dell’acconto, visto che la legge di Bilancio imponeva l’obbligo di ricalcolo dell’acconto per tener conto della minor ACE computabile per il 2017 a seguito della compressone del rendimento nozionale.

Il D.L. 50/2017 è tornato ad occuparsi dell’ACE: la prima versione dell’articolo 7, comma 1, aveva introdotto una nuova previsione che agiva sulla base agevolabile, intervenendo sulla storicizzazione degli incrementi, disponendo che questi fossero rilevanti solo se eseguiti del quinquennio precedente. Sulla base di tale previsione la capitalizzazione, pertanto, non offriva un vantaggio potenzialmente perpetuo, ma piuttosto un vantaggio a termine, nel caso efficace per 5 anni.

La versione del D.L 50/2017, risultante dall’iter di conversione, elimina tale modifica, ripristinando la regola previgente che mantiene validi tutti gli incrementi successivi all’1.1.2011 e compensando tale “restituzione” con una nuova compressione del rendimento nozionale che per il 2017 risulta essere pari all’1,6% e dal 2018 all’1,5%.

Ricalcolo dell’acconto Ires 2017

Veniamo agli aspetti contingenti.

Tralasciando le perplessità derivanti dall’opportunità di introdurre questa progressiva riduzione dell’ACE (se ci si lamenta della sottocapitalizzazione delle imprese, perché eliminare una disposizione, forse l’unica, che la contrasta?), l’aspetto che genera la maggiore confusione è il fatto che l’articolo 7 del D.L. 50/2017 dispone che “La determinazione dell’acconto dovuto ai fini dell’imposta sui redditi delle società relativo al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 è effettuata considerando quale imposta del periodo precedente quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni di cui al comma 1”.

Trattasi di una pratica perversa che il legislatore adora mettere in campo per anticipare gli effetti delle nuove previsioni, ma che snatura la logica del calcolo storico dell’acconto, che dovrebbe essere matematico e parametrato sulle situazioni dell’anno precedente.

Pratica perversa soprattutto quando si soffre di “schizofrenia legislativa”.

Pertanto, coloro che hanno dedicato tempo a scindere la stratificazione degli incrementi ACE, al fine di individuare quelli relativi al quinquennio 2012-2016 (ossia quelli agevolabili per il calcolo ACE 2017) da quelli relativi al 2011 (che sarebbero risultati validi solo per il calcolo del saldo 2016 me non per l’acconto 2017), oggi scoprono di aver fatto un lavoro del tutto inutile.

Tutto ciò con la necessità di “annullare” le deleghe già consegnate ai clienti, oltre a provvedere al ricalcolo con il rendimento nozionale dell’1,6%.

Ma questo delirio era proprio necessario?

Il maggior gettito derivante dall’anticipazione degli effetti della riduzione dell’ACE sull’acconto 2017 è così consistente da giustificare il triplo lavoro di ricalcolo che gli operatori devono mettere in campo?

Credo che nessuno se ne sia curato.

Novità fiscali della manovra correttiva e del Jobs Act