7 Dicembre 2013

E’ revocabile per giusta causa l’amministratore che non si attiene alle direttive di gruppo?

di Fabio Landuzzi
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La Riforma societaria del 2004 è come noto intervenuta sul tema della disciplina dei gruppi societari delineando agli articoli 2497 e ss. del Cod. Civ. una normativa ispirata al principio di effettività, ovvero mediante la regolamentazione di una situazione di fatto rappresentata dall’assoggettamento di un’impresa alla altrui direzione e coordinamento; ciò anche prescindendo da quale sia la fonte di detto potere di direzione unitaria seppure, nella maggior parte dei casi, questo trovi fondamento nel rapporto di controllo societario che, peraltro, ai sensi dell’articolo 2497-sexies, Cod.Civ. è espressione di una presunzione relativa di direzione e coordinamento, salvo prova contraria.

Il Legislatore della Riforma non è però intervenuto su un ulteriore fronte altrettanto rilevante e strettamente collegato alla presenza di una effettiva direzione e coordinamento di società: quello relativo alla riconosciuta (o meno) possibilità del controllore (normalmente, la capogruppo) di impartire agli amministratori della controllata delle direttive vincolanti il cui mancato ottemperamento possa quindi legittimare la revoca per giusta causa degli amministratori della società soggetta a direzione e coordinamento.

Su questo tema, molto rilevante ma assai poco trattato, si riscontrano posizioni diverse in dottrina. Di un certo interesse è quindi la pronuncia del Tribunale di Cagliari del 14 aprile 2011 in cui si è trattato del caso di un’azione risarcitoria avviata dal Presidente del Consiglio di amministrazione di una società a seguito della revoca subita, a suo dire senza giusta causa, per non avere ottemperato a presunte direttive della capogruppo. Nel caso di specie, in particolare, l’amministratore aveva stipulato per conto della società il rinnovo di un importante contratto malgrado la capogruppo gli avesse intimato di non procedere se non previa condivisione e autorizzazione della stessa capogruppo.

Il Tribunale di Cagliari ha accolto la domanda dell’amministratore e condannato la società al risarcimento del danno; ma la sentenza è interessante in quanto l’accoglimento dell’istanza dell’amministratore viene motivata dal fatto che la capogruppo non avrebbe provato nel giudizio la sussistenza della giusta causa di revoca, in quanto essa non avrebbe fornito un riscontro sufficiente chiaro delle direttive cogenti impartite all’amministratore e che quindi avrebbero effettivamente precluso a costui il potere di agire stipulando il contratto contestato.

Quindi, se letta in negativo, da questa sentenza potrebbe ricavarsi l’idea che la capogruppo abbia difettato sotto il profilo probatorio e che quindi solo per questa ragione la stessa sia risultata soccombente nel giudizio; dall’altra parte, però, non sembrerebbe essere stata preclusa la facoltà della capogruppo, proprio in forza della direzione unitaria esistente ex articolo 2497 e ss, Cod. Civ., di impartire direttive all’amministratore della controllata, la cui inottemperanza – se adeguatamente provata – avrebbe allora potuto legittimare la giusta causa di revoca.

Questa posizione, seppure tutt’altro che pacifica in dottrina, non sembra tuttavia del tutto incompatibile con il principio della autonomia gestoria degli amministratori di società di capitali, proprio laddove esista l’assoggettamento a direzione e coordinamento. D’altronde, i sostenitori di questa tesi osservano che questa soluzione appare un giusto contrappeso alla responsabilità prevista dall’ordinamento per la controllante prevista quando la sua ingerenza nelle decisioni della controllata produce un danno a soci o creditori senza un adeguato vantaggio compensativo.

Naturalmente, direttive della capogruppo che siano dannose in modo ineludibile per la controllata pongono gli amministratori di questa nella condizione di doverle disattendere. Risulta pertanto molto controversa e complessa la soluzione dell’interrogativo circa la natura vincolante delle direttive della capogruppo, in quanto come detto non viene trattato nell’ordinamento. Un ausilio potrebbe derivare dall’uso dei regolamenti di gruppo contenenti una chiara esplicitazione di contenuti, limiti, modalità, procedure, ecc. dell’attività di direzione e coordinamento e, specularmente, degli obblighi di osservanza da parte delle società controllate.