21 Settembre 2013

E’ ora di monitorare la CFC white list

di Ennio VialVita Pozzi
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Al ritorno delle ferie è il momento per le situazioni di periodo delle imprese, per vedere come vanno gli affari e per stimare di conseguenza un’eventuale riduzione degli acconti. Non dobbiamo però trascurare le nostre imprese estere, non tanto per il calcolo degli acconti – adempimento che ove esistente spetterà al consulente dell’altro Paese – quanto piuttosto per accertare la sussistenza dei requisiti per applicare la “cfc white list” di cui all’art. 167 del tuir.

Va, infatti, ricordato come in base all’art. 167 co. 8 bis del Tuir, in caso di controllo da parte di un soggetto fiscalmente residente in Italia di una impresa o società in un paese white list può intervenire una tassazione per trasparenza in capo ad esso sui redditi prodotti dalla società estera. Sono tuttavia previste precise condizioni che devono ricorrere congiuntamente.

Innanzitutto, i soggetti esteri devono essere assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia.

La circolare n. 51/E del 2010 ha precisato che, ai fini del calcolo del tax rate (virtuale) domestico, il reddito prodotto dalla controllata estera va determinato “secondo le disposizioni ordinariamente previste dal TUIR in materia di reddito di impresa“. Il calcolo del tax rate virtuale costituisce una fase meramente propedeutica all’applicazione della tassazione per trasparenza.

Nel calcolo è prevista l’esclusione dell’Iirap e, come indicato nella circolare n. 23 del 2011 anche di tutte le disposizioni speciali c.d.“extra Tuir”, quali, ad esempio, la disciplina sulle società di comodo.

Questa precisazione, tuttavia, vale solo ai fini del tax rate. Infatti, una volta appurato che la tassazione per trasparenza deve essere applicata, si deve considerare anche il reddito minimo delle società di comodo. La risoluzione n. 331/E del 16 novembre 2007, infatti, ha chiarito che in caso di tassazione per trasparenza in capo al socio italiano del reddito conseguito dal soggetto controllato estero, tale reddito “è determinato secondo le regole ordinarie del reddito d’impresa previste dal TUIR (…), sostanzialmente coincidenti con quelle delle imprese residenti” e “pertanto è possibile il raffronto con quello minimo presunto di cui all’articolo 30 della legge n. 724 del 1994”.

Si deve prestare attenzione a non commettere l’errore di confrontare le aliquote nominali: ciò che conta sono le aliquote effettive. Ipotizziamo di avere un reddito imponibile all’estero di 100 soggetto ad una imposta di 16 (in sostanza il 16%). Ebbene, potrebbe accadere che il medesimo reddito rideterminato con le regole del Tuir ammonti a 120. In questo caso la tassazione italiana ammonterebbe a 33 ossia a 120 * 27,5%. Il 50%, ossia 16,5 è superiore al prelievo estero per cui la prima condizione risulta soddisfatta.

La seconda condizione è che il soggetto estero abbia conseguito proventi derivanti per più del 50% da attività per così dire “passive”, ossia:

  1. dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie;
  2. dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica;
  3. dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari.

Trascuriamo in questa sede le società finanziarie, le subholding e le royalty company per concentrarci su quelle operative.

Il punto 3.2 della circolare n. 28/E/2011 ha chiarito che tra i servizi infragruppo rientrano anche le lavorazioni eseguite dalla controllata estera. La questione non è di poco conto essendo frequente il caso di delocalizzazioni produttive che hanno ad oggetto prestazioni di servizi come, ad esempio, le lavorazioni menzionate, i servizi amministrativi infragruppo, i servizi di assistenza post vendita, i servizi di assistenza informatica al gruppo.

E’ bene quindi monitorare in questi periodi che le nostre controllate non incappino in questa disciplina in sede di Unico 2014 per il 2013, ad esempio perché si è abbassato il livello impositivo estero, abbiamo acquisito il rapporto di controllo, è emersa una prevalenza dei proventi passivi rispetto agli altri e così via.

E se la normativa risulta applicabile? Prima di rassegnarsi alla tassazione per trasparenza si può pensare di riorganizzare il business prima di fine anno (evitando ovviamente manipolazioni dei ricavi), modificare l’organigramma del gruppo oppure presentare l’interpello disapplicativo di cui al comma 8 ter dimostrando che l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale.