17 Aprile 2014

Dichiarazioni: i risparmi collegati alle spese di istruzione

di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365
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In vista delle dichiarazioni delle persone fisiche, è bene effettuare qualche riflessione circa gli oneri di maggiore diffusione tra i contribuenti, in modo da poter massimizzare i benefici fiscali presenti nel Tuir, tra questi, l’articolo 15, comma 1, lettera e), prevede la detrazione nella misura del 19% delle spese sostenute, secondo un rigido criterio di cassa (e dunque a prescindere dal periodo di studio di riferimento), per la frequenza di corsi di istruzione secondaria e universitaria presso scuole, istituti e università italiane o straniere. Ovviamente, la spesa principale è sostenuta nell’interesse dei figli, ma in forza del tenore letterale della disposizione tale onere può riguardare sia il contribuente in prima persona, che magari decide di iscriversi, anche in tarda età, ad un’Università, sia gli altri familiari fiscalmente a carico.

Ai fini della detrazione si pongono almeno due problemi prioritari. Il limite di spesa detraibile e la gestione della frequenza di corsi presso università private o stranieri. Quanto al primo aspetto, nei confronti degli istituti di formazione pubblici non sussistono limiti, essendo detraibili tutte le spese sostenute per la relativa frequenza. Qualora, invece, si sia in presenza di spese per la frequenza di corsi di istruzione secondaria e universitaria presso scuole, istituti e università non statali, la detrazione va calcolata su un importo non superiore a quello delle tasse e contributi applicato dai corrispondenti istituti statali italiani. Proprio la soluzione adottata per gli istituti privati introduce al secondo problema, ossia come individuare il “termine di paragone” per verificare la soglia massima di spesa detraibile. L’amministrazione finanziaria, con la circolare n. 11/8/772 del 23 maggio 1987 ha fissato i criteri in base al quale procedere alla equiparazione tra libere università e università statali:

  • identità o affinità dei corsi di laurea tenuti presso l’università con i corsi tenuti presso un’Università statale;
  • equiparazione dei corsi così identificati, tenuti presso l’università libera con i corsi identici o affini tenuti presso l’Università statale coesistente nella stessa città ove ha sede l’Università libera ovvero sita in una stessa città della stessa regione.

Nella circolare n. 18 del 2009 è poi intervenuta sul tema, precisando che la misura massima delle tasse stabilita dall’università pubblica di riferimento, in relazione al corso frequentato dallo studente, costituisce il limite entro il quale è possibile calcolare la detrazione. Ciò al fine di scongiurare la probabile confusione che sarebbe potuta derivare dall’applicazione dell’ISEE: in sostanza, tale ultimo metodo è usato per le università pubbliche, mentre nel caso di frequenza di corsi privati si presume, una maggiore disponibilità economica con automatica fissazione del limite massimo.

Nel caso di frequenza di istituti o università straniere soccorre la circolare n. 95 del 2000. In tale ipotesi, la detrazione va calcolata nei limiti della spesa prevista per la frequenza di corsi similari presso l’università italiana più vicina al domicilio del contribuente. Resta ferma la condizione che le spese per la frequenza presso istituti o università private o straniere sono detraibili in misura non superiore a quella stabilita per tasse e contributi versati per le analoghe prestazioni rese da istituti statali italiani. In tale direzione si è espressa di recente la circolare n. 13 del 2013, che ammesso la detraibilità delle spese di frequenza, presso l’Università Pontificia, del corso di laurea in teologia.

La sottile differenza è pertanto la seguente: per le Università private italiane si prende in considerazione il corso di laurea dell’Università pubblica più prossima a quella privata frequentata; per le Università straniere il riferimento è invece l’Università pubblica più prossima alla residenza dello studente.

Non è possibile invece ottenere il beneficio fiscale in relazione ai contributi versati per il riconoscimento del titolo di studio conseguito all’estero, in quanto l’agevolazione è prevista solo per le spese relative alla frequenza dei corsi di istruzione ed in tale ipotesi, invero, non si procede affatto alla frequentazione di istituti di formazione, pubblici o privati, nonché a corsi di specializzazione o master (circ. 39 del 2010).

Tra le spese detraibili rientrano poi anche quelle sostenute per la frequenza a corsi universitari di specializzazione presso università statali o private. Deve in particolare trattarsi di corsi riconosciuti in base all’ordinamento universitari. Allo stesso modo sono detraibili le spese per la frequenza di “master” universitari (C.M. n. 101/E, punto 8.2, del 19.5.2000) ed anche in tal caso è necessario che i master, per durata e struttura dell’insegnamento, siano assimilabili a corsi universitari o di specializzazione. Per quanto riguarda i “master” gestiti da università private, la detrazione spetta per un importo non superiore a quello stabilito per tasse e contributi versati per le analoghe prestazioni rese da istituti statali italiani. Ovviamente, I corsi di specializzazione o master non gestiti da università statali o private non danno diritto alla detrazione.

La detrazione inoltre spetta per:

  • i corsi telematici, se tenuti da istituti di istruzione secondaria o universitaria, sia statali che privati (Risoluzione n. 6 del 2007);
  • il corso SSIS (scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario), trattandosi di un corso di istruzione secondaria (risoluzione n. 77 del 2008);
  • il pagamento del contributo per poter partecipare alla prova di preselezione universitaria. La prova infatti è eventualmente prevista dalla facoltà alla quale lo studente intende iscriversi e costituisce una condizione indispensabile per l’accesso a corsi di istruzione universitaria (risoluzione n. 87 del 2008);
  • il dottorato di ricerca, che rappresenta un titolo conseguito a seguito di uno specifico corso previsto dall’ordinamento universitario per consentire ai laureati di acquisire un grado di preparazione necessaria per svolgere attività di ricerca di alta qualificazione (risoluzione 11 del 2010).

Infine, connesse alle spese di istruzione, vi sono altre spese detraibili, o meglio, “erogazioni finalizzate all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa”, che però richiedono un’indicazione in dichiarazione diversa (nello specifico, mentre per le spese di istruzione si utilizza il codice 13, per le erogazioni in argomento si utilizza il codice 31). Sul tema è importante la nota prot. n. 312 del 20 marzo 2012 del Ministero dell’Istruzione, che ha evidenziato gli aspetti che tutte le istituzioni scolastiche devono tenere presenti. Innanzitutto, i contributi in questione sono volontari e le scuole hanno l’obbligo di fornire alle famiglie le dovute informazioni, soprattutto in merito alla netta distinzione tra quelli che sono i contributi obbligatori (tasse scolastiche) e tali forme di sovvenzionamento che, proprio perché volontarie, non possono riguardare le attività curriculari o di funzionamento ordinario e amministrativo, ma dovranno essere indirizzate verso interventi di ampliamento e arricchimento dell’offerta culturale e formativa. Non rientrano però tra le attività curricolari le “gite scolastiche”. In sostanza, tutto ciò che organizza la scuola al di fuori dei programmi ministeriali (vale a dire, corsi pomeridiani, visite a musei, tornei sportivi, ecc.), sono definite “ampliamento dell’offerta formativa” e sono detraibili in forza della nuova disposizione.