16 Aprile 2015

Dichiarazione precompilata e rapporto con i CAF

di Giovanni Valcarenghi
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Con l’apertura del canale telematico dedicato alla dichiarazione precompilata, appare necessario cercare di creare un po’ di ordine in merito alla posizione dei colleghi che agiscono quali “satelliti” dei Centri di Assistenza Fiscale.

Innanzitutto, in questo caso va chiarito che l’apposizione del visto di conformità avviene ad opera del responsabile fiscale del CAF e non direttamente ad opera del professionista “satellite”.

Ciò determina che tutti i requisiti formali richiesti per l’apposizione del visto dovranno essere verificati in capo al responsabile fiscale e non al professionista; tra questi, anche il requisito della copertura assicurativa. A tale riguardo, per inciso, non sembra ancora sopita la vicenda relativa alla difficoltà di ottenere la copertura richiesta, nemmeno dopo il pronunciamento ufficiale dell’IVASS dello scorso 19 marzo (la vicenda, ovviamente, interessa – oltre ai CAF – quei colleghi che, invece, intendono agire in proprio e non quali satelliti).

Inoltre, una ulteriore complicazione resasi necessaria per il rispetto della normativa sulla privacy attiene alla necessaria delega che il contribuente deve conferire affinché si possa legittimamente “esplorare” il contenuto della precompilata. Per chi agisce come “satellite” tale delega sarà rivolta al CAF e non al professionista stesso, con la conseguenza che anche la tenuta ed il monitoraggio del fantomatico registro risulta a carico del centro di assistenza fiscale (sia pure con l’onere di raccolta della delega da parte del professionista, unitamente alla copia del documento di identità del cliente delegante).

Superati gli scogli di natura formale, si tratta poi di comprendere quali possano essere le ripercussioni in termini sanzionatori in caso di errori contestati dall’Agenzia delle entrate, con il “fastidioso” addebito di imposte, sanzioni ed interessi, come vuole la norma sulla precompilata.

Il soggetto destinatario della richiesta di risarcimento (così è stata forse impropriamente “battezzata” dall’Agenzia delle entrate) dovrebbe essere il CAF, soggetto che appone il visto di conformità per il tramite del proprio rappresentante fiscale.

Quindi, il problema di immediata copertura non interessa direttamente il professionista.

Ove l’assicurazione copra integralmente “il danno” non vi dovrebbero essere problemi immediati, in quanto l’indennizzo graverà unicamente in capo alla compagnia assicuratrice.

Vi potrebbero essere, tuttavia, casi in cui il contratto preveda scoperti e/o franchigie che, pur non potendo essere fatti valere a danno dell’Agenzia, potrebbero trovare applicazione nel rapporto privato tra compagnia e soggetto assicurato.

In tale caso, si potrebbe ipotizzare una successiva richiesta di risarcimento da parte del CAF al professionista che, quale satellite, ha materialmente elaborato la dichiarazione interessata dalla contestazione.

In tal caso, bisognerebbe comprendere se l’assicurazione professionale del professionista possa intervenire oppure no, e la risposta non può essere generalizzata ma andrebbe “tarata” sul singolo contenuto della polizza.

Una circostanza, però, appare certa: vale a dire l’assenza di un corrispettivo diretto ed immediato addebitato dal professionista al CAF, che potrebbe avere riconosciuto la collaborazione del professionista con differenti modalità, quali la erogazione di buoni, partecipazioni gratuite (o scontistiche) a corsi di formazione professionale, pratiche collaterali gratuite, ecc.

Normalmente, in mancanza di onerosità della prestazione il contratto assicurativo non copre, salvo che si possa intendere onerosa la medesima prestazione in quanto esiste una parcella emessa, però, al cliente e non al CAF.

Quindi, la richiesta di risarcimento proviene da un soggetto, mentre la fatturazione è stata effettuata ad un altro.

Su tale aspetto sarà allora importante verificare con il proprio assicuratore l’esistenza di un adeguato schermo, al fine di evitare spiacevoli sorprese. Le statistiche generali, comunque, offrono una discreta tranquillità, poiché sembra che le contestazioni da 36-ter rappresentino, davvero, una piccola briciola se rapportata all’intero flusso delle dichiarazioni.

Per chi fosse scoraggiato da tutte queste complicazioni, risulta doveroso ricordare che la compilazione del modello 730 con la vecchia modalità, quindi senza accesso alla precompilata, non esime per nulla da queste problematiche, in quanto il visto di conformità viene comunque apposto sul modello, con la conseguente attivazione delle medesime conseguenze sopra esposte.

Ci si spiega, allora, il corposo numero di richieste di rilascio del PIN a carico dei singoli contribuenti. La vicenda sembra essere stata salutata dall’Agenzia come un successo rappresentante l’appeal dei contribuenti verso il meccanismo della precompilata.

A me pare, invece, che dal resoconto numerico si possa trarre un diverso messaggio: chi “tocca” la precompilata lo farà a nome del contribuente, proprio per evitare le conseguenze che risultano difficilmente coerenti con la logica e con i principi costituzionali (fino a prova contraria, infatti, le imposte le deve pagare il soggetto che produce il reddito).

Peraltro, proprio in questi giorni si dà notizia di alcuni sondaggi effettuati da un CAF nazionale, dai quali si evince che la precompilata (ben conosciuta dagli intervistati) interessa uno scarso 25% dei soggetti interessati.

Se queste sono le cifre, non resta che archiviare l’ennesimo flop, derivante dalla ormai congenita fretta con la quale si partoriscono interventi di natura massiva senza avere ben presente le conseguenze che ne possono derivare.

Non è certo questa la strada per rinsaldare un clima di rispetto tra Fisco e contribuente, bypassando il ruolo di tutti gli intermediari che, di fatto, tale rapporto gestiscono e governano.