11 Febbraio 2016

Definizioni delle liti con modalità di rateazione uniformi

di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365
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Con i classici incontri di fine gennaio con la stampa specializzata l’Agenzia delle Entrate ha fornito i primi importanti chiarimenti sulle numerose novità che hanno caratterizzato la scorsa estate e la manovra di stabilità per il 2016. Uno degli aspetti più interessanti è rappresentato dalle nuove modalità di rateazione che riguardano gli istituti di definizione delle liti con il fisco, laddove è stata ormai uniformata la disciplina delle modalità di pagamento dei vari istituti deflattivi: pertanto, al pari dell’accertamento con adesione, anche per il reclamo/mediazione (così come per la conciliazione) è ammessa la possibilità di pagamento rateale delle somme “in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di sedici rate trimestrali se le somme dovute superano i cinquantamila euro” (di fatto per la mediazione gli importi dovuti saranno solitamente corrisposti in otto rate). Le prime precisazioni erano state fornite con la circolare n. 38 del 2015, dopo di che ulteriori tasselli sono sopraggiunti recentemente.

L’assetto di fondo della procedura di rateazione non è mutato. Infatti, ogni rata successiva alla prima deve essere versata entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre e sulle stesse sono dovuti gli interessi calcolati a decorrere dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata. Si rammenta inoltre che si decade dal beneficio della rateazione qualora si ometta di versare una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva. Il pagamento eventuale entro la rata successiva (dunque con ritardo massimo di tre mesi per ogni rata) deve avvenire mediante ravvedimento operoso; se invece non si adempie nemmeno in questo modo, in conseguenza della decadenza dalla rateazione sono iscritti a ruolo i residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, ed è irrogata la sanzione prevista dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta: in pratica, sui complessivi importi residuali dovuti si applica una sanzione del 45% (non più, come nel passato, del 60%).

La circolare n. 38 del 2015 sul tema precisa che trova applicazione il comma 3 dell’articolo 15-ter del DPR n. 602 del 1973, secondo cui è esclusa la decadenza in caso di c.d. “lieve inadempimento”, dovuto a:

  • insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni caso, a diecimila euro;
  • tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni.

In termini pratici, dal documento di prassi si deriva che il lieve inadempimento consente comunque di ritenere la rata correttamente pagata, non essendo l’ipotesi decadenza mai configurabile. In relazione, invece, al lieve inadempimento commesso, ossia il contenuto insufficiente versamento o il ritardo nell’adempimento, le alternative sono le seguenti:

  • il contribuente procede a ravvedere l’errore commesso (ad esempio, in caso di pagamento di una rata di 1.000,00 euro, versata per 980,00 euro, dovrà ravvedere i 20,00 euro mancanti);
  • in assenza di ravvedimento, procede l’Amministrazione all’iscrizione a ruolo dell’eventuale frazione non pagata, della sanzione applicabile (nella misura del 30% commisurata all’importo non pagato o dell’1% al giorno per ogni giorno di ritardo nel caso di tardivo pagamento) e dei relativi interessi.

L’ipotesi ravvedimento è sicuramente quella sul piano tecnico più interessante, tanto che è stata oggetto di una importante precisazione a fine gennaio. Detto ravvedimento infatti deve avvenire entro il termine di pagamento della rata successiva o, per i versamenti in unica soluzione o per l’ultima rata, entro 90 giorni dalla scadenza del termine previsto per il versamento. La sanzione su cui calcolare il ravvedimento è quella dell’articolo 13 del D.Lgs. 471/97, che si ricorda si incrementa nella misura dell’1% al giorno nei primi 14 giorni di ritardo per poi divenire del 15% al 15° giorno e restare tale fino al 90° giorno di ritardo; solo dal 91° giorno di ritardo la sanzione diventa del 30%. Sul punto l’Amministrazione finanziaria ha anticipato che di fatto, in caso di ravvedimento spontaneo (come anche per il ravvedimento di ogni rata entro quella successiva), non si avrà mai la sanzione del 30%, ma al massimo quella del 15%. In tal modo, infatti, si è espressa l’Agenzia delle entrate: “In questo caso, considerato che, al fine di evitare la decadenza, il versamento della prima rata deve essere effettuato con un ritardo non superiore a sette giorni dalla prescritta scadenza, la sanzione nella misura ordinaria del 30% non verrà mai applicata in quanto opera la previsione di cui al terzo periodo del comma 1 dell’art. 13 del Dlgs n. 471/1997 (riduzione a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo) con applicazione del ravvedimento operoso di cui all’13, comma 1  lett. a), del  Dlgs n. 472/1997. Analogamente, la misura ordinaria della sanzione del 30% non verrà applicata sull’ultima rata, in quanto, dovendosi eseguire il versamento entro novanta giorni dalla scadenza, si applicherà, in funzione dell’entità del ritardo, la sanzione ridotta alla metà – o ulteriormente ridotta a un quindicesimo per ogni giorno di ritardo – ai sensi dell’art. 13, comma 1, del Dlgs n. 471/1997, con conseguente applicazione del ravvedimento operoso di cui all’13, comma 1  lett. a) o a-bis), del  Dlgs n. 472/1997”.

È il caso di rammentare, inoltre, che se per ipotesi il contribuente procede al solo versamento della rata in ritardo, senza provvedere al ravvedimento della sanzione, comunque detta sanzione è commisurata ai giorni di ritardo. Ad esempio, se la rata è versata entro il 5° giorno successivo, laddove il contribuente si dimentichi di ravvedere la sanzione nella misura dello 0,5% (1/10 della sanzione prevista), sarà l’Agenzia delle entrate ad irrogare la sanzione del 5% prevista per legge, ma non potrà essere irrogata la sanzione “classica” del 30%.

Solo un’ipotesi potrebbe sfuggire alle sanzioni ridotte: l’insufficiente versamento per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni caso, a diecimila euro, non ravveduto dal contribuente. In questa evenienza, infatti, si rimane nell’ipotesi di “lieve inadempimento” e la rateazione resta salva, ma trattandosi di importo non versato la sola sanzione applicabile sarà quella del 30%.