10 Febbraio 2015

Dalla Cassazione apertura all’appello cumulativo-collettivo

di Massimo Conigliaro
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Il tradizionale convincimento che ad ogni atto amministrativo sia necessario opporre un singolo ricorso, in virtù dell’autonomia dell’obbligazione tributaria per ogni anno d’imposta, sviluppato in dottrina prima ed in giurisprudenza dopo, ha portato i più a diffidare dalla proposizione di ricorsi cumulativi. E così, a fronte di avvisi di accertamento “fotocopia” nei confronti dello stesso contribuente per diverse annualità d’imposta, si è sempre ritenuto prudente – se non addirittura necessario – proporre altrettante impugnazioni, lasciando eventualmente al giudice tributario la facoltà della riunione dei giudizi. Successivamente, nel tempo, si è andata consolidando la posizione giurisprudenziale che consente la proposizione di un unico ricorso avverso più atti, laddove sussista quella connessione soggettiva ed oggettiva che consenta la riunione. Ancor più raramente, si è pensato di proporre appello cumulativo avverso differenti sentenze, per quanto concernenti il medesimo contribuente ed identica fattispecie, scegliendo – nel dubbio – la prudenza di impugnazioni distinte, a scapito delle evidenti ragioni di economia processuale.

Adesso la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22657 del 24.10.2014, dopo aver ripercorso la più recente giu­risprudenza di legittimità, ha ribadito che è possibile procedere ad un ricorso cumulativo anche in sede di secondo grado di giudizio tributario.

Nel caso trattato, due fratelli proponevano ricorso per Cassazione avverso la sentenza della CTR Basilicata, la quale aveva dichiarato inammissibile l’appello cumulativamente e collettivamente proposto avverso tre distinte sentenze. I giudici di secondo grado avevano rilevato che, nella specie, gli appellanti erano persone fisiche diverse, cosicché non vi era il presupposto dell’identità delle parti che giustificasse l’ammissibilità dell’appello cumulativo.

I giudici di legittimità – superando la precedente opposta impostazione – hanno invece sottolineato che la giurisprudenza della Corte di Cassazione è ormai giunta in modo consolidato al convincimento che, nel rispetto dei prescritti requisiti formali e sostanziali e dei termini di legge, è possibile impugnare con un unico atto più sentenze o provvedimenti autonomi, purché le sentenze o le altre decisioni siano pronunciate fra le medesime parti ed abbiano ad oggetto identiche questioni di diritto .

Con specifico riferimento al contenzioso tributario, il principio è stato, peraltro, sancito dalle Sezioni Unite, che hanno ritenuto ammissibile, “fermi restando gli eventuali obblighi tributari” dei ricorrenti, in relazione al numero di sentenze impugnate, l’impugnazione cumulativa avverso più sentenze emesse tra le stesse parti, sulla base della medesima “ratio”, in procedimenti formalmente distinti, ma attinenti al medesimo rapporto giuridico d’imposta, pur se riferiti a diverse annualità, nell’ipotesi in cui i medesimi dipendano per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto, comune a tutte le cause, suscettibile di dar vita ad un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto d’imposta (Cass. SS.UU. 16.02.2009 n. 3692).

Nel contempo, la Corte di Cassazione, con recente pronuncia (Cass. n. 4490/2013), ha ritenuto ammissibile, nel giudizio tributario, una sorta di class action, ovvero sia la proposizione di un ricorso congiunto da parte di più soggetti, anche se in relazione a distinte cartelle di pagamento, ove l’impugnativa abbia ad oggetto identiche questioni dalla cui soluzione dipenda la decisione della causa (e, in applicazione a tale principio, ha ritenuto ammissibile un ricorso collettivo e cumulativo, avverso differenti atti impositivi emessi a carico di distinti proprietari di immobili).

I giudici di legittimità pervengono a tale conclusione sul presupposto dell’applicabilità al processo tributario dell’art. 103 c.p.c., in virtù del quale “più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente dalla risoluzione di identiche  questioni”, così da ritenere legittimo il ricorso congiunto proposto da più contribuenti, anche se in relazione a distinte cartelle di pagamento, ove abbia ad oggetto “identiche questioni dalla cui soluzione dipenda la decisione della causa“.

La Corte di Cassazione ha quindi confermato, con la sentenza n. 22657/2014, l’applicabilità di tale principio anche in rapporto al secondo grado del giudizio tributario, in forza della previsione del D.Lgs. n. 546/1992, art. 49 e art. 1, comma 2, che prevede che alle impugnazioni delle sentenze delle Commissioni tributarie si applica il disposto dell’art. 359 c.p.c., secondo cui “nei procedimenti d’appello dinanzi alla corte o al tribunale si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento di primo grado“, purché non siano incompatibili con le disposizioni proprie del giudizio di impugnazione.

Precisano i Giudici di legittimità che non costituiscono ostacolo all’applicazione al giudizio tributario di impugnazione dell’art. 103 c.p.c., (ipotesi che qui, in particolare, rileva, trattandosi di appello c.d. collettivo-cumulativo) gli artt. 335 e 350 c.p.c., che espressamente contemplano l’obbligatorietà della riunione delle impugnazioni proposte “contro la stessa sentenza”, in quanto già tali norme sono state interpretate in senso estensivo, essendo comunque riconosciuta al giudice la facoltà di disporre la riunione  delle impugnazioni proposte contro diverse sentenze, pronunciate contro le medesime parti in relazione a ragioni di unitarietà sostanziale e processuale della controversia (Cass. n. 21349/2004).

Inoltre, lo stesso art. 103 c.p.c., nel disciplinare il litisconsorzio facoltativo iniziale, ad iniziativa di parte, per connessione oggettiva, propria, per oggetto o per titolo, ed impropria, per identità delle questioni trattate, espressamente lascia salvo, al secondo comma, il potere discrezionale del giudice di disporre la separazione delle cause, quando la loro decisione congiunta ne ritarderebbe o renderebbe più gravoso lo svolgimento.

Concludono i giudici della Cassazione sostenendo che “ragioni di economicità dei giudizi e, soprattutto, di coerenza degli stessi (evitare possibili conflitti di giudicati), alla base dello svolgimento del simultaneus processus, nonché la mancanza di un’espressa previsione legislativa contraria depongono dunque a favore dell’ammissibilità dell’impugnazione cumulativa-collettiva, in presenza tuttavia di elementi di consistente connessione, che, benché solo oggettiva, sia riflesso dello stretto collegamento esistente tra le pretese impositive sottostanti alle diverse sentenze impugnate; e ferma, in ogni caso, la possibilità per il giudice di separare i ricorsi, nell’eventualità in cui l’impugnazione cumulata dovesse rallentare o rendere più gravoso il processo”.