22 Settembre 2014

Dal 2015 commercio elettronico “B2C” equiparato a quello “B2B”

di Marco Peirolo
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Dal 1° gennaio 2015,
cambieranno le
regole territoriali applicabili al
commercio elettronico “diretto”, in cui la compravendita ha per oggetto un bene o un servizio messo a disposizione del destinatario in forma digitale e tramite una rete elettronica.
In pratica, l’operazione commerciale (cessione e consegna del prodotto) si svolge
interamente in modalità telematica – per esempio accedendo ai servizi di vendita di un sito
web – e il prodotto acquistato non si materializza mai in un bene tangibile. È per questa ragione che l’operazione, dal punto di vista dell’IVA, si configura sempre e solo come una
prestazione di servizi e non come una cessione di beni.
L’allegato II alla Direttiva n. 2006/112/CE elenca, a titolo illustrativo, le
principali tipologie di servizi forniti tramite mezzi elettronici, definiti dall’art. 7 del Reg. UE n. 282/2011 come quelli resi attraverso Internet o una rete elettronica, la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione.
L’allegato II, in particolare, richiama:
  • la fornitura di siti web e web-hosting, gestione a distanza di programmi e attrezzature;
  • la fornitura di software e relativo aggiornamento;
  • la fornitura di immagini, testi e informazioni e messa a disposizione di basi di dati;
  • la fornitura di musica, film, giochi, compresi i giochi di sorte o d’azzardo, programmi o manifestazioni politici, culturali, artistici, sportivi, scientifici o di intrattenimento;
  • la fornitura di prestazioni di insegnamento a distanza.
Si tratta di una elencazione esemplificativa, da leggere alla luce delle disposizioni interpretative contenute nel citato Reg. UE n. 282/2011, così come modificato dal Reg. UE n. 1042/2013, che forniscono ulteriori specificazioni sulle tipologie di servizi qualificabili come “elettronici”.
Passando ad esaminare la
territorialità delle prestazioni di
e-commerce “diretto”, è dato osservare che, nella
disciplina applicabile fino a tutto il 2014, l’IVA è dovuta nel
Paese del committente, se quest’ultimo agisce in veste di soggetto passivo (circolare dell’Agenzia delle Entrate 31 dicembre 2009, n. 58, § 1).
Se, invece, il committente agisce come “privato consumatore”, la regola generale – fondata sul
Paese del prestatore – è
derogata (circolare dell’Agenzia delle Entrate 29 luglio 2011, n. 37, § 3.2.7):
  • quando il fornitore è italiano e il cliente extracomunitario e
  • quando il fornitore è extracomunitario e il cliente italiano, nel qual caso si applica il regime opzionale di cui all’art. 74-quinquies del D.P.R. n. 633/1972 a condizione che il prestatore non sia identificato ai fini IVA in ambito comunitario.
In pratica, nell’attuale disciplina, la tassazione dei servizi di
e-commerce avviene nel Paese del committente, “privato consumatore”, solo quando una delle controparti (fornitore o cliente) è extracomunitaria.
Le
novità che l’art. 5 della Direttiva n. 2008/8/CE ha introdotto con effetto
dal 1° gennaio 2015 portano, invece, ad
equiparare i rapporti “B2B” a quelli “B2C”, siccome le operazioni in esame saranno assoggettate a IVA nel
Paese del committente (soggetto IVA o meno)
a prescindere dal luogo in cui il prestatore si considera stabilito (Paese UE o extra-UE).
Occorre, tuttavia, ricordare che, al fine di garantire che la tassazione avvenga nel
luogo di effettivo consumo del servizio, agli Stati membri è concessa una
duplice facoltà di deroga, ossia:
  • da un lato, di escludere da imposizione i servizi che, benché territorialmente rilevanti, siano utilizzati al di fuori della UE e
  • dall’altro, di assoggettare ad imposizione i servizi extraterritoriali se utilizzati all’interno dello Stato membro.
A livello procedurale, le
modalità di applicazione dell’IVA saranno, invece,
differenziate a seconda dello
status del committente (soggetto IVA o meno), in quanto:
  • nei rapporti “B2B”, l’imposta sarà applicata dal cliente con il meccanismo del reverse charge;
  • nei rapporti “B2C”, invece, l’imposta sarà applicata direttamente dal fornitore (comunitario o extracomunitario):
    1. previa identificazione ai fini IVA nel Paese UE del committente, oppure
    2. avvalendosi del regime speciale del “mini sportello unico” (MOSS), già previsto per i servizi di e-commerce resi da soggetti extracomunitari, che dal prossimo anno sarà esteso ai servizi forniti in ambito intracomunitario. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate, con comunicato stampa del 17 giugno 2014, ha reso noto che, dal 1° ottobre 2014, gli operatori commerciali interessati ad applicare il regime speciale potranno registrarsi sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate.
Tenuto conto che i servizi forniti tramite mezzi elettronici hanno
natura “generica” se resi a soggetti IVA (circolare n. 58/E/2009, § 1), l’applicazione della tassazione nel Paese del committente presuppone che l’operatore italiano sia
iscritto nell’archivio VIES (
VAT Information Exchange System).
È vero, infatti, che la disciplina in esame fa riferimento alle operazioni di cui al Titolo II, Capo II, del D.L. n. 331/1993, ossia alle cessioni e agli acquisti intracomunitari di beni. Come, tuttavia, precisato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate 1° agosto 2011, n. 39 (§ 4), il regime autorizzatorio delle operazioni intracomunitarie è esteso alle prestazioni di servizi “generiche” scambiate tra operatori stabiliti in Paesi UE diversi, in quanto le disposizioni comunitarie in materia non distinguono tra soggetti che effettuano forniture intracomunitarie di beni o prestazioni intracomunitarie di servizi.
Sul punto, si rammenta che il decreto sulle semplificazioni fiscali approvato dal Consiglio dei ministri il 20 giugno 2014 consente ai contribuenti di effettuare le operazioni intracomunitarie
contestualmente alla richiesta dell’autorizzazione, senza quindi attendere il decorso dei 30 giorni necessari affinché si formi il silenzio-assenso dell’Amministrazione finanziaria.