22 Aprile 2016

Da rivedere la difesa tributaria delle beneficiarie nella scissione

di Fabio Landuzzi
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La disciplina vigente in materia di responsabilità delle società beneficiarie di una scissione per i debiti tributari relativi alla società scissa appare assai poco chiara e soprattutto presenta il concreto rischio di penalizzare in modo ingiustificato la legittima tutela degli interessi delle beneficiarie stesse.

Infatti, l’articolo 173, comma 13, del Tuir, solleva gli uffici dell’Amministrazione finanziaria dagli oneri di comunicazione nei confronti delle società coobbligate, per gli atti emessi a carico della scissa; le coobbligate hanno solo la facoltà di partecipare a tali procedimenti, ma esse non sono destinatarie di alcun atto impositivo di cui, quindi, possono del tutto ignorare l’esistenza sino a quando non ne fosse invocata la responsabilità solidale.

Dall’altra parte, l’articolo 14, comma 3, D.Lgs. 546/1992, prevede che possono intervenire volontariamente nel procedimento di contenzioso i soggetti che sono destinatari dell’atto impugnato, o che sono parti del rapporto tributario controverso (il litisconsorzio facoltativo). Ma poiché la beneficiaria non è, a stretto rigore, destinataria di alcun atto impositivo – e ciò proprio per via di quanto dispone il succitato comma 13 dell’articolo 173 del Tuir – si finirebbe con l’escludere a questa società qualsiasi possibilità di partecipare al giudizio il cui esito potrebbe però avere delle conseguenze molto rilevanti sulla propria dimensione patrimoniale, finanziaria ed economica, senza quindi che ad essa sia consentito di poter esercitare una adeguata difesa.

Un primo spunto, quindi, sarebbe quello di riconoscere l’ammissibilità nel procedimento di contenzioso tributario riferito ad avvisi di accertamento notificati alla società scissa anche alle società beneficiarie, accedendo così ad una interpretazione allargata della nozione di soggetto destinatario dell’atto la quale arrivi ad includere anche coloro che, come le beneficiarie, dall’atto stesso possono essere in seguito chiamate a subirne gli effetti più gravi.

Desta comunque notevoli perplessità l’esistenza nel Tuir di una regola per cui la società beneficiaria, seppure chiamata a fungere da coobbligata, possa non essere oggetto di notifica degli atti impositivi riferiti alla società scissa.

In linea di massima, nello schema dell’avviso di accertamento esecutivo, la società beneficiaria potrebbe venire a conoscenza della fattispecie che ha generato il debito tributario solo al momento della notifica dell’atto di pignoramento, per la cui impugnabilità dovrebbe comunque farsi riferimento solamente alla norma di chiusura di cui all’articolo 19 del D.Lgs. 546/1992.

Non resterebbe altrimenti che la via di invocare, da parte della beneficiaria coobbligata, l’opposizione all’atto esecutivo in sede civile.

Il punto centrale di questa intricata vicenda risiede evidentemente in un sistema che, sollevando l’Amministrazione dall’obbligo di notifica degli atti impositivi anche alle beneficiarie di cui si vuole invocare la coobbligazione, crea in concreto una consistente e poco giustificata limitazione dell’esercizio dei diritti di difesa e quindi di tutela della posizione delle società beneficiarie di una scissione per i debiti tributari che potrebbero scaturire da atti impositivi aventi come destinatario principale la società scissa.

Si condivide, pertanto, l’opinione più volte espressa in dottrina secondo cui sarebbe urgente un intervento del Legislatore volto a rivedere, da una parte, l’attuale formulazione della disciplina della responsabilità dei debiti tributari nella scissione, che vada verso un maggiore allineamento alla analoga disciplina relativa alla cessione ed al conferimento di azienda, e che, dall’altra parte, metta mano alla regolamentazione del procedimento per garantire a tutti i soggetti coinvoltiin primis, i coobbligati – il diritto ad avere conoscenza di tutti gli atti impositivi che li possono riguardare, affinché essi possano fattivamente partecipare al procedimento esercitando il rispettivo legittimo diritto alla difesa.