29 Luglio 2017

Crediti modello Iva TR: compensazioni e visto di conformità

di Raffaele Pellino
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Nessun visto per importi pari o inferiori ai 5.000 euro “annui” e obbligo per le somme superiori, a prescindere dall’effettivo utilizzo in compensazione, calcolo del limite tenendo conto dei crediti dei trimestri precedenti, modello TR “integrativo” con apposizione del visto. Sono questi alcuni chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, nell’ambito della risoluzione 103/E/2017, in risposta alla richiesta di chiarimenti in merito alle compensazioni dei crediti infrannuali risultanti dal modello Iva TR. Ulteriori indicazioni hanno riguardato i soggetti abilitati ad apporre il visto di conformità.

Prima di affrontare le diverse questioni oggetto di chiarimento si rammenta che l’articolo 3 del D.L. 50/2017 dispone che il visto di conformità deve essere apposto “sulla dichiarazione o sull’istanza da cui emerge il credito” al fine di poter utilizzare in compensazione il credito Iva “annuale o infrannuale” per importi superiori a 5.000 euro annui.

I quesiti posti all’Agenzia delle Entrate

A fronte dei numerosi dubbi sorti in merito all’applicazione delle nuove norme sul visto di conformità è stato chiesto all’Agenzia delle Entrate di fornire risposte alle seguenti questioni:

  1. il visto di conformità deve essere apposto sul modello Iva TR solo al momento dell’effettivo utilizzo in compensazione del credito per un importo superiore a 5.000 euro.
  2. è possibile presentare un modello Iva TR “integrativo” con l’apposizione del visto, ove il contribuente opti per la compensazione oltre il limite di 5.000 euro dopo aver presentato il modello “originario”;
  3. il limite di 5.000 euro per l’apposizione del visto di conformità deve essere calcolato tenendo conto dei precedenti crediti trimestrali indicati con utilizzo in compensazione sull’istanza Iva TR, ovvero effettivamente utilizzati;
  4. anche l’importo indicato sull’istanza relativa al 1° trimestre 2017, ovvero effettivamente utilizzato, deve concorrere al limite annuale dei 5.000 euro;
  5. il visto di conformità può essere apposto dal dipendente (iscritto all’albo dei dottori commercialisti) di una società di servizi, che sia privo di partita Iva in quanto non esercita l’attività professionale.

I chiarimenti del Fisco

In risposta alla prima questione, l’Agenzia delle Entrate, tenuto conto del dato testuale della norma, precisa che, per importi pari o inferiori a 5.000 euro annui, non necessita del visto di conformità, “né l’istanza di rimborso del credito IVA infrannuale né l’istanza di compensazione”.  Peraltro, in caso di istanza di rimborso, l’importo di riferimento entro cui non occorre l’apposizione del visto è pari a 30.000 euro (articolo 38-bis del D.P.R. 633/1972). Il visto, invece, è “obbligatorio” se l’istanza con cui viene chiesto di poter compensare il credito Iva infrannuale è di importo superiore a 5.000 euro annui, “anche quando alla richiesta non faccia seguito alcun effettivo utilizzo in compensazione”.  Pertanto – precisa l’Agenzia – è esclusa la possibilità di prendere a riferimento l’effettivo credito compensato nel trimestre, in analogia rispetto a quanto è stato detto con riguardo ai crediti emergenti dalla dichiarazione annuale.

Presentazione di un modello Iva TR “integrativo”. Fornendo chiarimenti sul punto, l’Agenzia ha precisato che laddove si presenti un modello Iva TR con un credito chiesto in compensazione superiore a 5.000 euro, privo di visto, l’utilizzo in misura inferiore a detta soglia “non ne inficerà la spettanza”.

Nel caso, invece, si decida di compensare l’intero ammontare indicato (superiore ai 5000 euro), sarà necessaria la previa presentazione di un modello “integrativo” munito di visto, in cui va barrata la casella “modifica istanza precedente”.

Nel calcolo dei 5mila euro i crediti dei trimestri precedenti. Rispondendo al terzo quesito, l’Agenzia chiarisce che il limite di 5.000 euro “annui” per l’apposizione del visto di conformità va calcolato tenendo conto dei crediti trimestrali chiesti in compensazione nei trimestri precedenti.

Così, ad esempio, per un credito chiesto in compensazione di 3.000 euro nel 1° trimestre, è possibile chiedere in compensazione nei trimestri successivi ulteriori crediti fino a 2.000 euro senza l’apposizione del visto di conformità. Se il credito richiesto supera i 2.000 euro, sull’istanza deve essere apposto il visto di conformità, al di là degli effettivi utilizzi dei crediti.

Conseguentemente, viene chiarito (risposto al quesito n.4) che l’importo indicato sull’istanza relativa al 1° trimestre 2017 concorre al limite dei 5.000 euro annui, anche se non utilizzato in compensazione.

Ulteriori chiarimenti hanno interessato l’ambito soggettivo.

Visto di conformità e società di servizi. Oggetto di chiarimenti sono state, infatti, le società di servizi contabili le cui azioni o quote sono possedute per più della metà del capitale sociale dai professionisti di cui all’articolo 3, comma 3, lettere a) e b), del D.P.R. 322/1998. A tal fine, viene richiamato, tra gli altri, l’articolo 23 del D.M. 18/02/1999, secondo cui: “1. I professionisti rilasciano il visto di conformità se hanno predisposto le dichiarazioni e tenuto le relative scritture contabili. 2. Le dichiarazioni e le scritture contabili si intendono predisposte e tenute dal professionista anche quando sono predisposte e tenute direttamente dallo stesso contribuente o da una società di servizi di cui uno o più professionisti posseggono la maggioranza assoluta del capitale sociale, a condizione che tali attività siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità dello stesso professionista.

In virtù del relativo quadro normativo – secondo l’Agenzia – il visto di conformità “è apposto da chi tiene le scritture e predispone la dichiarazione che può essere, oltre al professionista, anche la società di servizi posseduta in maggioranza da professionisti”.

Pertanto, sia il professionista che la società di servizi di cui uno o più professionisti posseggono la maggioranza assoluta del capitale sociale possono apporre il visto di conformità. La trasmissione della dichiarazione, a sua volta, è consentita, fra gli altri, alle società di servizi definite dal D.M. 18/02/1999.

Sempre sul piano soggettivo viene affrontata la questione relativa l’apposizione del visto da parte di un professionista-dipendente di una società di servizi. Al riguardo, l’Agenzia precisa che, per l’apposizione del visto di conformità, l’articolo 3, comma 3, del D.P.R. 322/1998 si limita a prescrivere l’iscrizione del soggetto autorizzato nei rispettivi albi, senza richiedere il contestuale esercizio della professione in forma di lavoro autonomo. Oltretutto, l’articolo 33 del D.Lgs. 241/1997, al comma 2 consente l’apposizione del visto da parte dei responsabili dei C.A.F. – da individuare tra gli iscritti nell’albo dei commercialisti ed esperti contabili – “anche assunti con rapporto di lavoro subordinato.”

Pertanto, nulla osta all’apposizione del visto di conformità da parte del professionista-dipendente di una società di servizi sebbene questi non eserciti l’attività professionale.

Infine, l’Agenzia precisa che la dichiarazione, predisposta e vistata dal professionista-dipendente della società di servizi, può essere da questi inviata per il tramite dell’abilitazione della medesima società, laddove questa sia inquadrabile fra le società di cui all’articolo 2 del D.M. 18/02/1999.

Resta ferma la necessità per il professionista-dipendente di effettuare la comunicazione alla DRE competente ai sensi dell’articolo 21 del D.M. 164/1999. L’onere relativo la copertura assicurativa, invece, può essere sostenuto anche dalla stessa società di servizi.

Dottryna