9 Settembre 2017

Cosa rilevare contabilmente in caso di prelievo sugli utili

di Viviana Grippo
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È uso frequente nelle società di persone prelevare acconti sugli utili in corso di formazione.

Prima di effettuare il prelievo, occorrerebbe però chiedersi se tale usanza possa costituire una corretta pratica.

Questa consuetudine lecita ed ammessa per le società di capitali i cui bilanci siano assoggettati a revisione legale dei conti trova non poche problematiche se applicata alle società di persone.

Entrando nello specifico, occorre dapprima fare riferimento al dettato civilistico riconducibile alle società semplici: l’articolo 2262 cod. civ. al riguardo recita che: “Salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di  percepire  la sua parte di utili dopo l’approvazione del rendiconto.”

Secondo la norma l’approvazione del rendiconto costituisce quindi azione preventiva e necessaria all’attribuzione al socio di acconti sugli utili, tuttavia salvo patto contrario.

Opportunamente si ritiene che diversa scelta e accordo potranno essere conclusi tra i soci solo nello statuto sociale; in tal caso nulla sembra ostacolare la scelta di erogare acconti sugli utili ancora non formatisi. Sostanzialmente per le società semplici un accordo tra i soci permette di superare il dettato dell’articolo 2262.

Diversamente, l’articolo 2303 cod. civ. stabilisce che per le società in nome collettivo “Non può farsi luogo a ripartizione di somme tra soci se non  per utili realmente conseguiti”. Il dettato letterale della norma sembra escludere la possibilità per tali società di ricorrere al versamento degli acconti su utili, anche in caso di patto contrario.

Secondo il codice civile, quindi, le società in nome collettivo – nonché in accomandita semplice – non potrebbero versare ai propri soci alcun acconto.

A commento della previsione codicistica è, però, intervenuta la sentenza n. 10786 del 9 luglio 2003 della Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che anche per tali forme societarie (in particolare la sentenza si rivolgeva alle società in nome collettivo ma per estensione essa trova applicazione anche alle società in accomandita semplice) potrà applicarsi il contenuto dell’articolo 2262 cod. civ., con la conseguente possibilità di pagare acconti sugli utili nel caso in cui apposita indicazione sia riportata nello statuto societario.

La Suprema Corte ha infatti stabilito che l’articolo 2303 del cod. civ. non deve intendersi come norma di carattere restrittivo.

Una volta definita la possibilità di versare gli acconti e di aver eventualmente adattato gli statuti a tale evenienza, resta da verificare che a chiusura d’anno gli acconti trovino copertura nell’utile effettivamente prodotto dalla società.

Nel caso in cui a fine anno l’utile distribuito in acconto si riveli superiore a quello prodotto potranno verificarsi, infatti, spiacevoli conseguenze tra le quali l’ipotesi di illecita distrazione di fondi da parte dei soci, oltre a ipotesi di reati penali ad opera degli amministratori (senza contare problematiche di carattere patrimoniale e fiscale a carico dell’azienda).

Venendo all’aspetto contabile la rilevazione avverrà direttamente all’atto del pagamento dell’acconto come segue:

Credito vs. Socio … c/acconti su utili                              a                             Banca c/c

Le somme così versate dovranno poi essere chiuse con l’utile formatosi in corso d’anno.

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