13 Aprile 2016

Conseguenze di una trasformazione “elusiva” in società semplice

di Fabio Landuzzi
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Qualora un’operazione di trasformazione regressiva da società di capitali a società semplice fosse aggredita dall’Amministrazione finanziaria in forza di una sua presunta connotazione elusiva, e questo rilievo si consolidasse per effetto della definizione dell’accertamento oppure per il formarsi di una pronuncia definitiva del giudice tributario, si pone la questione, tutt’altro che agevole, di stabilire come devono convivere le “due anime” della trasformata società semplice, ovverosia: quella civilistica, che naturalmente permane come “società semplice” a tutti gli effetti; e quella fiscale che, invece, in forza del definitivo accertamento della elusività della trasformazione, permane regolata dalle norme riferibili al reddito di impresa e quindi dalle norme tipicamente afferenti la forma della società di capitali esistente ante trasformazione.

Questo tema è stato oggetto di una interessante disamina dell’Amministrazione finanziaria, riguardante appunto la portata della “inopponibilità” fiscale degli atti elusivi, contenuta nella risoluzione n. 84/E del 27 novembre 2013; sebbene il caso esaminato riguarda un periodo regolato dall’allora vigente art. 37-bis del Dpr 600/1973, i concetti affermati nel citato documento mantengono la loro attualità anche nella novellata disciplina dell’abuso del diritto e della elusione fiscale di cui all’art. 10-bis della Legge 212/2000.

La nozione di inopponibilità all’Amministrazione finanziaria viene dapprima chiarita e circoscritta al solo disconoscimento dei vantaggi fiscali derivanti dall’operazione elusiva, mentre non si producono effetti demolitori dell’operazione riguardo alla sua validità civilistica. Perciò, come si è accennato, nel caso di specie, a seguito della trasformazione regressiva accertata come elusiva, si ha una coesistenza sullo stesso soggetto giuridico di due anime diverse: quella tributaria (società di capitali) e quella civilistica (società semplice).

L’anima tributaria avrà quindi il sopravvento per quanto concerne le modalità di determinazione del reddito imponibile che saranno basate sulle regole previste per le società di capitali: assoggettamento ad Ires, predisposizione del modello Unico SC, obbligo di tenuta e conservazione delle scritture contabili prescritte dall’art. 14 del Dpr 600/1973.

Ma sotto il profilo legale, l’entità esistente post trasformazione è una società semplice e ciò, secondo l’Amministrazione, spiega effetti indiretti anche ai fini fiscali, per quanto non è travolto dalla succitata inopponibilità degli effetti elusivi. Così, ad esempio, alla società semplice viene negato l’accesso al regime di consolidato fiscale perché non rientra nelle forme elencate nell’art. 2 del DM 9 giugno 2004.

E cosa accade se la società semplice decide di trasformarsi nuovamente in società di capitali per porre fine a questa convivenza fra le due distinte anime?

Ebbene, ai soli fini fiscali, la trasformazione progressiva non avrà impatto, nel senso che non potrà assumere contenuto realizzativo, in quanto la trasformanda è già fiscalmente soggetta ai fini delle imposte sul reddito alla disciplina prevista per le società di capitali. Questa operazione sarà pertanto compiuta in neutralità fiscale, poiché non si realizza in questo particolare caso di specie alcun mutamento del regime applicabile ai fini delle imposte sul reddito.

Non si produrrà neppure una interruzione del periodo d’imposta, proprio in quanto nessuna modifica si determina sui rispettivi regimi fiscali applicabili ante e post trasformazione.

Il tutto, con l’accortezza di recepire nella contabilità della trasformata Srl gli stessi valori fiscali provenienti dalla trasformata società semplice (ma già società di capitali, per il profilo fiscale), ivi inclusi i fondi ammortamento medio tempore calcolati e formati con costi dedotti dalla entità legale e fiscale.