17 Febbraio 2015

Conferimento comunitario di partecipazioni: dove il domestico non arriva

di Ennio VialVita Pozzi
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Uno dei temi che saranno affrontati durante il corso sulle riorganizzazioni societarie è quello dei
conferimenti domestici e comunitari. Il
conferimento transnazionale di partecipazioni è un’operazione che sicuramente risulta più rara rispetto al conferimento nazionale, ma che presenta in ogni caso i propri pregi.
Il
conferimento in una società
nazionale, come noto, presenta talora alcune criticità. Ci limitiamo a ricordare come la
C.M. n. 33/E/2010 non lo abbia completamente ammesso, mantenendo alcune riserve sulla sua legittimità. Ci limitiamo in questa sede a ricordare la chiusura della Circolare nella quale, dopo aver legittimato l’operazione, l’estensore del testo sembra quasi ritrattare, sostenendo che
“in presenza di operazioni strumentalmente realizzate al precipuo fine di ottenere un vantaggio fiscale da considerarsi indebito,  resta impregiudicato ai sensi dell’articolo 37-bis del DPR n. 600 del 1973 ogni potere di sindacato dell’Amministrazione finanziaria volto a verificare se l’operazione di conferimento ed eventuali altri atti, fatti o negozi ad essa collegati s’inseriscano in un più ampio disegno elusivo, pertanto, censurabile”.
Quali sono i motivi che possono indurre un soggetto a scegliere una
società comunitaria al posto di un’italiana?
  1. una maggiore immagine internazionale dell’impresa;
  2. la possibilità, se la società estera offre le azioni al portatore, della riservatezza e quindi della protezione;
  3. la possibilità di poter applicare Convenzioni più favorevoli rispetto a quelle stipulate dall’Italia, qualora si tratti di un piccolo gruppo a vocazione internazionale; infatti, le società degli altri Paesi verrebbero detenute, piuttosto che dalla società italiana, da una società di diritto comunitario che potrebbe godere di trattati favorevoli per il rimpatrio dei dividendi, per il pagamento degli interessi o dei canoni.
L’operazione è disciplinata dagli artt. 178 e 179 del Tuir e presenta i seguenti
requisiti fondamentali:
  • la conferitaria e la conferita devono essere società di capitali (qui si evidenzia un aspetto tutto sommato classico delle Direttive comunitarie, le quali spesso sono applicabili solamente alle società di capitali e non alle società di persone);
  • la società conferitaria deve acquisire/integrare il controllo della società conferita;
  • a differenza dell’ambito domestico, dove l’art. 177, comma 2 del Tuir prevede un regime di realizzo controllato, in contesto comunitario opera una vera e propria neutralità fiscale.
La storia di questa operazione ebbe inizio con la
Direttiva comunitaria n.
434/1990/CE, con la quale fu introdotta la prima normativa sulle operazioni transnazionali. La Direttiva non affrontava solo il conferimento, bensì anche operazioni come la fusione e la scissione. La normativa fu
recepita in Italia con il
D. Lgs. n.
544/
1992.
Uscirono quindi un paio di Risoluzioni: la
R.M. n.55/E/1996, mediante la quale fu statuito che la
neutralità fiscale fosse garantita
solo se c’era una
continuità di valori, con la conseguente esclusione del disallineamento di valori. Successivamente, la tesi fu ribadita anche dalla
R.M. n. 190/E/2000.
La Commissione Europea ha tuttavia avviato una
procedura d’infrazione contro l’Italia per l’errata applicazione della Direttiva, in quanto – a parere dell’Unione europea –
non risulta
scritto da nessuna parte che il
disallineamento sia vietato. La Risoluzione in assoluto più importante è la successiva
R.M.
n. 159/E/2003, mediante la quale si assistette ad un’inversione di rotta nelle posizioni dell’Agenzia delle entrate che, adeguandosi alle posizioni della Commissione Europea, si vide costretta a rivedere le tesi precedentemente espresse nelle Risoluzioni citate, per aprire la strada al
conferimento neutrale con
possibile disallineamento.
La riforma del Testo Unico delle imposte sui redditi, entrata in vigore dal 2004, ha trasfuso il decreto n. 544/1992 negli artt.
178 e 179 del Tuir, per collocare le operazioni straordinarie comunitarie insieme alle altre domestiche.
L’ultimo tassello è infine rappresentato dalla
Direttiva n. 133/2009/CE, che sostanzialmente ha sostituito la precedente Direttiva n. 434/1990/CE.
 
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