1 Dicembre 2014

Conferimenti non proporzionali al nodo delle liberalità indirette

di Ennio VialVita Pozzi
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Per conferimento non proporzionale si può intendere un apporto fatto da due soci in una società laddove le azioni o le quote ricevute in cambio del predetto apporto non vengono attribuite in modo proporzionale al valore apportato ma, per così dire, in modo “addomesticato”.

Il caso interviene soprattutto in ambito familiare dove il genitore conferisce l’azienda in una srl, mentre il figlio apporta un ammontare di liquidità modesta. A fronte dell’apporto contenuto effettuato dal figlio viene attribuita una partecipazione di una certa significatività. Si tratta di una soluzione invalsa nella prassi per favorire il passaggio generazionale.

Sotto il profilo dei rapporti familiari, il conferimento non proporzionale costituisce anche una modalità interessante per operare una donazione indiretta a favore di terzi.

La differenza tra donazioni dirette e indirette non consiste nella diversità dell’effetto pratico che da esse deriva, ma nel mezzo con il quale è attuato il fine di liberalità. Anche le donazioni indirette sono soggette alla revocatoria per ingratitudine e/o sopravvenienza di figli o per reintegrazione delle quote dei legittimari, situazioni tipiche della donazione.

La Cassazione, con sentenza 10 aprile 1999, n. 3499, ha affermato che, per la validità delle donazioni indirette non è richiesta la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per utilizzare il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità.

La donazione indiretta può essere realizzata anche mediante una rinunzia abdicativa a condizione che sussista tra la rinunzia e l’arricchimento un nesso di causalità diretta. Un esempio di rinuncia può essere la remissione del debito da finanziamento ex art. 1236 codice civile. La remissione costituisce un negozio unilaterale recettizio che non richiede l’animus donandi e non è soggetto a particolari requisiti di forma nemmeno ad probationem.

Rientrando nell’alveo del conferimento evidenziamo come, secondo la dottrina, l’operazione dovrebbe risultare fiscalmente neutra in quanto le previsioni dell’art. 176 del TUIR sembrano avere una portata generale e la neutralità non sembra subordinata al fatto che la “sproporzione” sia connessa ad effettivi apporti ulteriori suscettibili di valutazione economica.

Peraltro, si deve prestare attenzione che qualora si dovesse seguire questa strada si dovrà evitare di ledere la legittima.

Da ultimo ricordiamo che l’art. 56 bis del D.Lgs. 346/1990 prevede una possibile tassazione ai fini dell’imposta di donazione anche delle liberalità indirette. Infatti, è previsto che l’accertamento delle liberalità diverse dalle donazioni e da quelle risultanti da atti di donazione effettuati all’estero a favore di residenti può essere effettuato esclusivamente in presenza di entrambe le seguenti condizioni:

  1. quando l’esistenza delle stesse risulti da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi;
  2. quando le liberalità abbiano determinato, da sole o unitamente a quelle già effettuate nei confronti del medesimo beneficiario, un incremento patrimoniale superiore all’importo di 350 milioni di lire.

In sostanza, la tassazione emerge nel caso in cui il soggetto che ha beneficiato dell’erogazione palesi tale circostanza, ad esempio per difendersi in un accertamento da redditometro, e, ovviamente, se l’ammontare supera la soglia fissata in un ammontare pari a euro 180.759,91.