21 Marzo 2014

Cessioni non intracomunitarie

di Ennio VialVita Pozzi
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L’art. 41 D.L. 331/1993 disciplina le cessioni intracomunitarie e prevede, quale regola generale, il soddisfacimento di alcune condizioni al fine di poter beneficiare del regime di non imponibilità.

In particolare, è necessario che la cessione avvenga tra due soggetta iva, sia a titolo oneroso, sia presente l’acquisizione o il trasferimento di un diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni, ci sia il passaggio della merce da un paese comunitario ad un altro.

Le cessioni di beni per le quali manca uno soltanto dei presupposti sopra riportati seguono l’imposizione interna prevista dal D.P.R. n. 633/1972.

Sono tuttavia presenti alcune eccezioni.

Il comma 2 lett. c), ad esempio, assimila alle cessioni intracomunitarie l’invio di beni nel territorio di altro Stato membro, mediante trasporto o spedizione a cura del soggetto passivo dal territorio dello Stato, o da terzi per suo conto, in base ad un titolo diverso da quelli indicati nel successivo comma 3 (che esamineremo a breve) di beni ivi esistenti. Si tratta, in sostanza, del trasferimento di merce in un altro Paese UE in un deposito a disposizione del soggetto iva italiano.

Lo scopo è quello di poter effettuare una cessione a terzi in tempi più rapidi al fine di poter soddisfare le esigenze di mercato.

La fattispecie evidenziata rappresenta una chiara eccezione alla regola generale in quanto in questo caso difetta il requisito dell’onerosità e del trasferimento di proprietà del bene a un soggetto terzo. Nonostante ciò la norma assimila il trasferimento ad una cessione intracomunitaria e il soggetto passivo iva italiano dovrà nominare un rappresentante fiscale o un’identificazione diretta nell’altro Stato UE per poter porre in essere – in tale paese – l’acquisto intracomunitario.

Il successivo comma 3 prevede l’eccezione all’eccezione.

Infatti, non si configura la cessione intracomunitaria in alcuni casi di passaggio al proprio deposito (ossia la disposizione di cui al comma 2, lettera c) sopra esaminata).

La prima ipotesi è quella dei beni inviati in altro Stato membro, oggetto di perizie o di operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali indicate nell’articolo 38 comma 5 lettera a) del D.L. 331/1993.

Si tratta dei beni che vengono inviati in un altro Paese comunitario per subire una lavorazione al termine della quale tornano in Italia allo stesso operatore che li aveva inviati in lavorazione.

Il soggetto iva italiano riceverà in questi casi una fattura che, rientrando nella regola generale dell’art. 7 ter del D.P.R. Iva, sarà soggetta all’inversione contabile in Italia con il metodo dell’integrazione della fattura.

L’impresa italiana che invia i beni deve rilevare la loro uscita ai soli fini statistici nei modelli Intrastat (se li presenta con cadenza mensile) e deve annotare la loro movimentazione in un apposito registro previsto dall’articolo 50, comma 5 D.L. 331/1993 ossia il registro di carico e scarico delle lavorazioni.

La norma prevede, infatti, che i movimenti relativi ai beni spediti in altro Stato della Comunità economica europea o da questo provenienti in base ad uno dei titoli non traslativi di cui all’articolo 38, comma 5, lettera a), devono essere annotati in apposito registro, tenuto e conservato a norma dell’articolo 39 del D.P.R. n. 633/1972.

È di tutta evidenza che se i beni al termine della lavorazione non rientrano in Italia allo stesso operatore che li aveva inviati ma risultano oggetto di una successiva cessione, con spedizione degli stessi ad un terzo cessionario, l’operatore italiano dovrà acquisire una partita IVA in quello Stato (come identificazione diretta o rappresentante fiscale) per adempiere agli obblighi di acquisto intracomunitario del bene e di vendita dei prodotti ottenuti dalla lavorazione.

La seconda casistica di esclusione dall’alveo delle cessioni intracomunitarie è rappresentata dai beni che sono temporaneamente utilizzati per eseguire delle prestazioni.

È il caso delle attrezzature che, ad esempio, l’artigiano reca con sé per eseguire le prestazioni. Questi beni non vanno rilevati nei modelli Intrastat, neppure ai fini statistici, ma devono essere movimentati nel registro di cui al citato articolo 50 comma 5.

Infine, non costituiscono cessioni intracomunitarie il trasporto di beni in un altro stato UE nell’ipotesi in cui se fossero ivi importati, beneficerebbero della ammissione temporanea in totale esenzione dai dazi doganali.

È l’ipotesi, ad esempio, dei beni trasferiti in un altro stato UE in occasione di mostre, fiere o manifestazioni. I modelli Intrastat devono essere compilati agli effetti fiscali e statistici esclusivamente nell’ipotesi di cessione dei beni all’estero facendo riferimento al periodo di registrazione della relativa fattura emessa.