27 Gennaio 2016

Cessione di beni in Italia con successiva esportazione “franco valuta”

di Marco Peirolo
Scarica in PDF

Esistono legislazioni di Paesi esteri che impongono alle imprese straniere intenzionate a svolgere un’attività economica al loro interno di adempiere a complesse procedure di “accreditamento” che, in buona sostanza, consistono nell’obbligo, a carico dei soggetti non residenti, di costituire una “struttura operativa” in possesso dei requisiti idonei a garantirne l’affidabilità.

Si consideri il caso di un consorzio che ottiene da una società ucraina l’appalto per la costruzione di un immobile in Ucraina.

Per adeguarsi alla legislazione locale, il consorzio appaltatore affida la materiale esecuzione dei lavori ad una propria stabile organizzazione.

Dato, inoltre, che il consorzio, per la posa in opera del tetto, si avvale di una società subappaltatrice italiana, per rispettare la normativa ucraina viene previsto che la prestazione sia eseguita con l’impiego di materiali ceduti dalla società al consorzio, il quale – a sua volta – provvederà a spedirli alla propria stabile organizzazione in Ucraina; è quest’ultima, pertanto, ad assolvere gli obblighi fiscali relativi ai materiali importati, con successiva consegna presso il cantiere ove verranno utilizzati dalla società per la realizzazione dell’opera.

Il rapporto giuridico tra il consorzio e la società si sviluppa in due fattispecie contrattuali, vale a dire:

  • una compravendita, avente per oggetto i materiali necessari per la posa in opera del tetto, che vengono ceduti dal subappaltatore al consorzio;
  • un appalto, con il quale la società si impegna a realizzare i lavori richiesti dal consorzio utilizzando i materiali precedentemente ceduti a quest’ultimo.

È il caso, però, di chiedersi se la cessione dei materiali dalla società al consorzio debba considerarsi come una fase dell’esecuzione del subappalto concluso tra la società e il consorzio, in quanto tale escluso da IVA ai sensi dell’art. 7-quater, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 o se, al contrario, tale cessione costituisca un’operazione autonoma, territorialmente rilevante in Italia ai sensi dell’art. 7-bis, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, anche se strumentale all’esecuzione di una prestazione d’opera da fatturare senza applicazione dell’imposta.

A quest’ultimo riguardo, è opportuno ricordare che la giurisprudenza della Corte di giustizia vieta lo “spacchettamento” del singolo servizio reso nell’ambito di una prestazione unitariamente intesa, laddove l’unicità può discendere, in via alternativa (causa C-224/11 del 17 gennaio 2013 e causa C-392/11 del 27 settembre 2012):

  • dal nesso di accessorietà, di cui all’art. 12 del D.P.R. n. 633/1972, il cui primo comma dispone che “il trasporto, la posa in opera, l’imballaggio, il confezionamento, la fornitura di recipienti o contenitori e le altre cessioni o prestazioni accessorie ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, effettuati direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggetti autonomamente all’imposta nei rapporti fra le parti dell’operazione principale”;
  • dall’indissociabilità degli elementi che compongono la prestazione complessa, che si verifica quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono strettamente connessi a tal punto da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso e, quindi, illegittimo.

Nel caso di specie, nonostante l’apparente unicità dell’impegno convenuto tra le parti, è possibile ritenere che le stesse abbiano inteso regolamentare due distinti rapporti giuridici. Le controparti hanno, infatti, stipulato un accordo contrattuale che prevede, da un lato, l’obbligo di dare esecuzione ad alcuni lavori immobiliari in Ucraina e, dall’altro, la previa consegna dei materiali presso il magazzino del consorzio con il contestuale passaggio di proprietà a favore del consorzio stesso.

È vero che, nel sistema dell’IVA, ogni operazione deve essere considerata come indipendente ed autonoma, fatta eccezione per i casi in cui esista un nesso economico unitario, per cui la scomposizione di un’operazione apparirebbe artificiosa sotto il profilo economico. Tuttavia, nella fattispecie in esame, gli accordi contrattuali danno luogo a due operazioni autonome, tenute distinte dalle parti contraenti in funzione delle specifiche modalità operative connesse con gli obblighi fiscali da assolvere in Ucraina.

Di conseguenza, la cessione dei materiali è soggetta a IVA, in quanto territorialmente rilevante in Italia, mentre il loro successivo invio a destinazione della stabile organizzazione ucraina si qualifica come esportazione “franco valuta”, esclusa dall’ambito di applicazione del regime di non imponibilità di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 in quanto manca il presupposto del trasferimento del diritto di proprietà (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 21 luglio 2008, n. 306).

Infine, la prestazione d’opera resa in Ucraina, essendo relativa ad un immobile ivi ubicato, resta esclusa da imposta in Italia ai sensi dell’art. 7-quater, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972.