23 Giugno 2017

Cellulare in uso promiscuo: il rimborso entra nel reddito dipendente

di Raffaele Pellino
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Il rimborso forfettario dei costi sostenuti dal dipendente per l’utilizzo del telefono cellulare, sia ai fini aziendali che privati, concorre alla determinazione del reddito di lavoro dipendente di cui all’articolo 51 del Tuir. Questo, in sintesi, quanto sostento dall’Agenzia, nella risoluzione 74/E/2017, in risposta a un interpello in cui la società istante chiedeva chiarimenti sul trattamento fiscale delle somme rimborsate dal datore di lavoro in relazione all’utilizzo promiscuo, da parte del dipendente, del telefono cellulare.

Ma procediamo con ordine.

In primo luogo, si fa presente che l’interpello è stato presentato da una società che mette a disposizione dei propri dipendenti telefoni cellulari per finalità esclusivamente aziendali; è, tuttavia, possibile utilizzare gli stessi anche per uso personale: la chiamata, in tal caso, è preceduta da un prefisso identificativo che consente l’addebito al dipendente dei relativi costi.

Inoltre, l’istante rileva che i telefoni messi a disposizione dei dipendenti rispondono a stringenti requisiti di sicurezza imposti dalle policy aziendali. I dipendenti, quindi, sono in possesso di due telefoni: uno aziendale ed uno personale con cui poter fruire delle funzionalità inibite al primo apparecchio.

Nell’intento di utilizzare una modalità “alternativa” di gestione del servizio di telefonia mobile aziendale, e, quindi, disporre di un unico apparecchio avente tutte le funzionalità necessarie, la società intende proporre, ai dipendenti che ne facciano richiesta, la possibilità di acquistare essi stessi il telefono e sottoscrivere il relativo contratto di fornitura con un gestore da lui scelto, in modo che tutte le spese siano da questi direttamente sostenute. A fronte di tali spese il dipendente otterrebbe dall’azienda un rimborso forfettario pari al 50% di quanto sostenuto.

Da qui la richiesta di chiarimenti sul trattamento fiscale di tali rimborsi.

Secondo l’istante, il rimborso forfettario al dipendente delle spese sostenute da quest’ultimo per il servizio di telefonia mobile (e connessione internet) in relazione a comprovate esigenze aziendali, deve ritenersi escluso dal reddito di lavoro dipendente.

Le indicazione delle Entrate

Disattendendo la soluzione prospettata dalla società istante, l’Agenzia delle Entrate ritiene che concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente le somme erogate quale rimborso forfetario dei costi sostenuti dai dipendenti per l’utilizzo del telefono cellulare.

A supporto di tale tesi, l’Agenzia parte dal principio di onnicomprensività, in applicazione del quale “…tutte le somme ed i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro” costituiscono reddito imponibile per il dipendente.

Secondo tale principio, quindi, anche le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest’ultimo, reddito di lavoro dipendente, salvo quanto previsto, per le trasferte e i trasferimenti, dai commi 5 e seguenti dell’articolo 51 del Tuir.

In merito alla rilevanza reddituale dei rimborsi spese, l’Amministrazione ricorda che “possano essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per snellezza operativa, ad esempio per l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, etc.” (C.M. 326/1997).

Pertanto – a parere dell’Agenzia – in sede di determinazione del reddito di lavoro dipendente, le spese sostenute dal lavoratore e rimborsategli in modoforfetario” sono escluse dalla base imponibile solo nel caso in cui tale criterio sia stato previsto dal legislatore; diversamente (ossia se  il legislatore non ha indicato un criterio forfetario), i costi sostenuti dal dipendente “devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente”.

Ciò detto, nel caso in esame, l’Agenzia, oltre al silenzio del legislatore, rileva che:

  • la parte di costo relativo al servizio di telefonia e al traffico dati che la società rimborsa al dipendente sulla base di un criterio forfetario, non è supportato da elementi e parametri oggettivi (es. numero e/o durata delle telefonate, ecc.);
  • il collegamento tra l’uso del cellulare e l’interesse del datore di lavoro è dubbio in quanto il contratto relativo al servizio di telefonia e traffico dati è stipulato dal dipendente con il gestore da lui scelto, e non dal datore di lavoro che, limitandosi a concorrere al sostenimento dei costi, rimarrebbe estraneo al rapporto negoziale istaurato con il gestore telefonico.

Sulla base di tali conclusioni, l’Agenzia ritiene che, per il caso di specie, il rimborso spese per l’utilizzo del telefono cellulare non può essere escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente.

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