5 Luglio 2017

Cause di non punibilità e principio del favor rei

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza n. 11417 depositata il 9 marzo 2017, la Sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della non punibilità per il reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate in relazione ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della nuova disciplina di cui al D.Lgs. 158/2015 e ha stabilito che il pagamento integrale dell’imposta ai fini della non punibilità può avvenire fino al momento in cui la sentenza non diventa definitiva.

Nel caso in esame, un contribuente era stato condannato in primo grado per il reato di omesso versamento di ritenute previsto dall’articolo 10-bis del D.Lgs. 74/2000. A ciò aveva fatto seguito l’impugnazione della sentenza innanzi alla Corte di appello con cui veniva richiesta la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria.

Il giudice di secondo grado aveva, tuttavia, rigettato il gravame alla luce del fatto che, in primo luogo, la condotta criminosa tenuta dall’imputato era di particolare gravità (le ritenute non versate ammontavano, infatti, ad euro 218.410,00) e, in secondo luogo, che il pagamento del contribuente era avvenuto tardivamente, essendo stato effettuato ben quattro anni dopo.

L’imputato aveva quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando non solo la violazione dell’articolo 53 L. 689/1981 in riferimento all’omessa sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, ma evidenziando altresì che, nelle more, era stato modificato l’articolo 13 del D.Lgs. 74/2000 per cui, secondo la nuova formulazione, non era più punibile il reato nell’ipotesi di pagamento integrale dell’imposta omessa entro l’apertura del dibattimento.

Investita della questione, la Suprema Corte ha concentrato la propria attenzione sul motivo con cui era stato invocato lo ius superveniens relativamente alla causa di non punibilità di cui all’articolo 13, introdotta dall’articolo 11, comma 1, D.Lgs. 158/2015, pubblicato il 07.10.15 ed entrato in vigore il 22.10.2015.

La norma anzidetta prevede che “i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10- quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso”.

A tal proposito, è stato inoltre recentemente affermato il principio secondo cui, per i reati tributari citati, la richiamata causa di non punibilità è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 158/2015 anche qualora, in tale momento, era già stato aperto il dibattimento (Cass. n. 40314/16), così attribuendo all’integrale pagamento dei debiti tributari efficacia estintiva e non più soltanto attenuante.

Richiamando tale orientamento, la Corte ha quindi ammesso che grazie al pagamento del debito tributario nei procedimenti in corso, “anche se sia stato oltrepassato il limite temporale di rilevanza previsto dalla norma”, l’imputato deve essere messo nelle medesime condizioni fondanti l’efficacia della causa estintiva, in forza del principio di uguaglianza che vieta trattamenti differenti per situazioni uguali.

Per tale ragione, nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 158/2015, il pagamento del debito tributario deve avere la stessa efficacia sia che avvenga prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, sia che avvenga dopo lo spirare di tale termine, purché prima del giudicato.

Nel caso che ci occupa il ricorrente, imputato del reato di omesso versamento di ritenute, aveva provveduto al pagamento integrale degli importi tributari in data 15.12.2010 e cioè addirittura prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, avvenuta in data 10.05.2012, tant’è che gli era stata riconosciuta, nella formulazione allora vigente, l’attenuante speciale prevista dall’articolo 13 D.Lgs. 74/2000, attualmente divenuta, sulla base degli stessi elementi, causa di non punibilità del reato.

Ebbene, atteso che gli effetti della norma, a seguito di successione di leggi, si modificano in melius nei termini anzidetti, è evidente che, “in applicazione dei principi che governano nel nostro sistema il fenomeno della successione di leggi penali (articolo 2 c.p.), la norma più favorevole deve necessariamente trovare applicazione con il conseguente riconoscimento dei benefici garantiti dall’ordinamento vigente”, in ossequio ai superiori principi del favor rei e di uguaglianza fra i cittadini.

Va da sé che, essendo stato definitivamente accertato in giudizio che il ricorrente aveva integralmente e tempestivamente pagato, in relazione al reato oggetto di contestazione, l’intero importo del relativo debito tributario, la Cassazione ha escluso la punibilità del fatto e quindi annullato la sentenza impugnata senza rinvio.

 

Temi e questioni del contenzioso tributario 2.0 con Luigi Ferrajoli