26 Novembre 2013

Applicazione del regime Iva agricolo su prova del contribuente

di Luigi Scappini
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In precedenti interventi abbiamo visto come, a parte i recenti interventi, non da ultimo la “minacciata” debenza della seconda rata Imu sui terreni e i fabbricati rurali, da sempre il legislatore abbia prestato particolare attenzione al comparto agricolo, affermazione confermata anche in campo Iva dalla previsione di un regime speciale, disciplinato rispettivamente dagli articoli 34 e 34-bis del D.P.R. n. 633/1972.

Il regime speciale rappresenta quello naturale per il settore, fatta salva la possibilità concessa, di optare per la determinazione dell’imposta seconda le regole ordinarie. Ricordiamo come ai sensi dell’art. 34, comma 11, l’opzione per il regime ordinario vincola per un triennio (originariamente, fino alle modifiche di cui all’art. 10 del D.L. n. 35/2005 il vincolo era quinquennale).

Il regime, in prima approssimazione, consiste nell’applicazione di una detrazione forfetizzata poiché l’ammontare dell’Iva ammessa in detrazione è data dall’applicazione delle aliquote compensative stabilite con un decreto interministeriale che attualmente è quello di cui al 23 dicembre 2005. Dette aliquote compensative devono applicarsi al volume di affari Iva ai fini della determinazione dell’imposta detraibile. In altri termini, in caso di aliquote compensative inferiori a quelle edittali, si avrà quasi sempre un’imposta a debito.

Per i produttori di servizi connessi al settore agricolo, con l’art. 2, comma 7 della Legge n. 350/2003,è stato introdotto, come anticipato, l’art. 34-bis. In questo caso, è necessario delimitare l’ambito di applicazione dal punto di vista oggettivo, nel senso di stabilire se vi possano rientrare o meno tutte quelle cessioni di beni che non rientrano nella tabella A, parte prima.

L’Agenzia delle entrate con la circolare n. 6/E/05 ha affermato che “In presenza del descritto regime speciale di detrazione, un’eventuale interpretazione della norma recata dal citato art. 34-bis del DPR n. 633 del 1972, volta ad estendere la forfetizzazione della detrazione Iva alle cessioni dei prodotti diversi da quelli elencati nella tabella A, parte I, allegata al DPR n. 633 del 1972, sarebbe incompatibile con la normativa comunitaria perché in contrasto con la limitazione prevista all’art. 25 della VI Direttiva CEE di attribuire un regime speciale ai soli beni e servizi elencati negli allegati alla medesima Direttiva”. Quindi, rientrano nel regime di cui all’art. 34-bis esclusivamente le prestazioni di servizi svolte in connessione con l’attività agricola e prestate per mezzo dell’utilizzo di risorse normalmente impiegate nella propria attività agricola.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17951 depositata il 24 luglio 2013, confermando l’indirizzo giurisprudenziale formatosi (cfr. sentenze n. 8828/2012, n. 20575/11, n. 3603/09, n. 10280/08) ha dapprima evidenziato come la disciplina di cui agli articoli 34 e 34-bis costituisce una deroga al regime ordinario di applicazione”, con la conseguenza che “La natura derogatoria propria del regime speciale in questione, analogamente alle altre ipotesi di applicazione dei benefici od agevolazioni fiscali o comunque di discipline fiscali la cui applicazione è rimessa alla scelta del contribuente, grava il soggetto interessato alla fruizione del regime speciale dallo stesso invocato della prova dei presupposti fattuali e giuridici ai quali la norma ricollega la relativa applicazione”.

In altri termini, ai fini dell’applicazione del regime speciale Iva previsto per l’agricoltura, sarà il soggetto che ne fruisce a dover, eventualmente, dimostrare di possedere i requisiti richiesti.

Da un punto di vista soggettivo, possono fruire del regime speciale, ai sensi dell’art. 34, comma 2, gli esercenti attività agricole di cui all’art. 2135 del Codice civile, attività di pesca in acque dolci, di piscicoltura, di mitilicoltura, di ostricoltura e di coltura di altri molluschi e crostacei, nonché di allevamento di rane; gli organismi di intervento, o altri soggetti per loro conto, che effettuano cessioni di prodotti in applicazione di regolamenti della Unione europea concernenti l’organizzazione comune dei mercati dei prodotti stessi e le cooperative e i loro consorzi di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 228/2001; le associazioni e loro unioni costituite e riconosciute ai sensi della legislazione vigente, che effettuano cessioni di beni prodotti prevalentemente dai soci, associati o partecipanti, nello stato originario o previa manipolazione o trasformazione, nonché gli enti che provvedono per legge, anche previa manipolazione o trasformazione, alla vendita collettiva per conto dei produttori soci.

Da un punto di vista oggettivo l’applicazione del regime speciale è ammesso, ai sensi dell’art. 34, comma 1, in caso di cessione di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte dell’allegata tabella A allegata al decreto IVA.