18 Luglio 2017

Antiriciclaggio: limitazioni all’uso del contante

di Raffaele Pellino
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Novità dal decreto antiriciclaggio anche per le violazioni dei limiti di utilizzo del contante. In particolare, a partire dallo scorso 4 luglio, il nuovo articolo 49, comma 1 del D.Lgs. 231/2007 dispone che:

  • è vietato il trasferimento di denaro contante effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, “siano esse persone fisiche o giuridiche”, di importo pari o superiore a 3.000 euro;
  • il trasferimento che eccede il limite dei 3.000 euro, “quale che ne sia la causa o il titolo”, è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono “artificiosamente frazionati”. Resta fermo che detti pagamenti possono essere eseguiti esclusivamente tramite intermediari abilitati (banche, Poste italiane, istituti di moneta elettronica ecc..).

Tuttavia, anche a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 90/2017, pare resti ferma la possibilità di operazioni frazionate di importo inferiore alla soglia, laddove previsto dalla prassi commerciale o da accordi contrattuali (ad esempio, le vendite a rate). Le suddette limitazioni sul contante, rappresentano comunque punti di criticità per i professionisti che si occupano di problematiche fiscali in quanto questi devono prestare particolare attenzione al pagamento delle fatture, alle operazioni di finanziamento alla società o ai soci ovvero alla erogazione di utili ai soci.

Ciò detto, la questione che si pone all’attenzione riguarda gli adempimenti antiriciclaggio per i professionisti. In base al nuovo articolo 51, comma 1 del D.Lgs. 231/2007, infatti, i soggetti obbligati (commercialisti, consulenti del lavoro, società di servizi contabili, ecc.) sono tenuti a comunicare, nel caso ne siano venuti a conoscenza nello svolgimento della propria attività, eventuali infrazioni circa l’uso del contante. Tale comunicazione dovrà essere effettuata, entro 30 giorni, alla competente Ragioneria territoriale dello Stato (RTS) “e per la immediata comunicazione della infrazione anche alla Guardia di finanza la quale, … ne dà tempestiva comunicazione all’Agenzia delle Entrate”.

Laddove il professionista non provveda a detta comunicazione, è punito con una sanzione pecuniaria da 3.000 a 15.000 euro così come risulta dal nuovo articolo 63, comma 5 del D.Lgs. 231/2007; nella previgente norma era prevista una sanzione dal 3% al 30% dell’importo dell’operazione, con un minimo di 3.000 euro.

Tuttavia, prima della scadenza del termine previsto per l’impugnazione del decreto che irroga la sanzione, il professionista può chiedere alla RTS procedente (presentando apposita istanza) il pagamento della sanzione “ridotta”. La riduzione ammessa, secondo l’articolo 68 del D.Lgs. 231/2007, è pari a un terzo della sanzione irrogata. Tuttavia, l’applicazione della sanzione “ridotta” non è ammessa se il destinatario del decreto sanzionatorio si è già avvalso, nei 5 anni precedenti, della stessa facoltà.

Il Ministero, nei 30 giorni successivi al ricevimento dell’istanza, notifica al richiedente il provvedimento di accoglimento o rigetto, indicando l’importo dovuto e le modalità di pagamento. Il pagamento va effettuato entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento; fino a tale data, restano “sospesi” i termini per l’impugnazione del decreto sanzionatorio innanzi all’autorità giudiziaria.

Sempre in ambito sanzionatorio, si rileva che oggi, diversamente dal passato, in presenza della violazione in esame, è possibile ricorrere alla “oblazione”: tale istituto, disciplinato dall’articolo 16 della L. 689/1981, si applica solo per le violazioni dell’articolo 49, commi 1, 2, 5, 6 e 7 e dell’articolo 51 del D.Lgs. 231/2007 il cui importo non sia superiore a 250.000 euro. Tuttavia, il pagamento ridotto “non è esercitabile da chi si è già avvalso della medesima facoltà per altra violazione il cui atto di contestazione sia stato ricevuto dall’interessato nei 365 giorni precedenti la ricezione dell’atto di contestazione concernente l’illecito per cui si procede”. Si ricorda che con l’oblazione è ammesso il pagamento di una somma:

  • ridotta a 1/3 del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa
  • o, se più favorevole e qualora sia stabilito un minimo edittale, pari al doppio del relativo importo,

oltre alle spese del procedimento, entro 60 giorni “dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione”. Così, ad esempio, in caso di pagamento in contanti di 15.000 euro, ricorrendo all’oblazione la sanzione sarebbe pari a 5.000 euro (ossia 1/3 del massimo).

In tale ambito, un concetto che assume particolare rilevanza è quello del “favor rei”. Come precisato dal nuovo articolo 69, comma 1, primo periodo del D.Lgs. 231/2007Nessuno può essere sanzionato per un fatto che alla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente Titolo non costituisce più illecito”, ossia non si può essere sanzionati per un fatto che al 04/07/2017 non costituisce più illecito.

Per le violazioni commesse anteriormente al 4 luglio, sanzionate in via amministrativa, “si applica la legge vigente all’epoca della commessa violazione, se più favorevole, ivi compresa l’applicabilità dell’istituto del pagamento in misura ridotta” (articolo 69, comma 1, secondo periodo del D.Lgs. 231/2007).

Occorre segnalare, infine, che:

  • i prelievi e/o i versamenti di contante sopra soglia “..non costituiscono automaticamente violazione dell’articolo 49” (circolare MEF del 4/11/2011);
  • il ricorso “frequente o ingiustificato” ad operazioni in contante, anche se non eccedenti la relativa soglia e, in particolare, il prelievo o il versamento in contante di importi non coerenti con il profilo di rischio del cliente, costituisce elemento di sospetto (articolo 37, comma 1 del D.Lgs. 231/2007);
  • l’obbligo di segnalazione non si applica ai professionisti per le informazioni che ricevono dal cliente o ottengono riguardo allo stesso nel corso dell’esame della posizione giuridica o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del medesimo in un procedimento innanzi a un’autorità giudiziaria, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso (articolo 37, comma 5 del D.Lgs. 231/2007).
L’antiriciclaggio e le novità del D.Lgs. 90/2017